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Giallo di Toano: in carcere moglie, figlia e genero. Preoccupazione per il nipote ora affidato ai Servizi sociali

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Prima si sono dimostrati estranei ai fatti, poi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere ed infine hanno tentato di difendersi dicendo che mai avrebbero commesso un atto simile. E' quello che è accaduto ieri mattina durante il lungo interrogatorio dei tre indagati per la morte del 77enne Giuseppe Pedrazzini, ritrovato cadavere nel pozzo vicino alla sua casa di Cerrè Marabino, a Toano, martedì - grazie al lavoro dell'unità cinofila dei carabinieri di Bologna e del cane Bayla.

In caserma la moglie Marta Ghilardini, 63 anni, la figlia Silvia, 37, ed il genero Riccardo Guida sono stati inquisiti dal pm Piera Cristina Giannusa con l'accusa di omicidio e soppressione di cadavere. Ad un certo punto, però, la consorte di Pedrazzini, assistita dall'avvocato Rita Gilioli, ha accusato un malore ed è stato necessario l'intervento dei sanitari. La donna si è rapidamente ripresa e l'interrogatorio è proseguito senza altre interruzioni. Dopo ore i tre sono stati condotti alla Casa Circondariale in via Settembrini per "gravi indizi di colpevolezza" - come ha scritto il Carlino Reggio - dove attenderanno l'udienza di convalida prevista per lunedì mattina davanti al Giudice Dario De Luca presso il Tribunale di Reggio.

Il motivo che avrebbe potuto spingere i famigliari di Pedrazzini a compiere un gesto simile è ancora un mistero. Si ipotizzano cause economiche e dissapori riguardanti la gestione dei terreni circostanti l'abitazione, nonostante la proprietaria sia la moglie del 77enne, sposata in età avanzata. Apparentemente non avrebbe avuto ragioni nemmeno la figlia Silvia, nata dall'unione dei due, ex studentessa universitaria che, dopo aver conosciuto il marito Riccardo ed essersi trasferita al sud , è ritornata a Toano quando il figlio aveva 5/6 anni; figlio che oggi ha 11 anni e che ieri mattina invece di andare in gita con la sua classe ha subito un duro shock sapendo che entrambi i genitori - difesi dall'avvocato Ernesto D'Andrea - sarebbero andati in carcere. Ora l'intera comunità è preoccupata per il futuro del giovane, momentaneamente affidato ai Servizi sociali.

I conviventi alle domande sulla salute dell'uomo poste da altri famigliari e amici avevano sempre risposto che stava bene e di non chiamare più come hanno raccontato ai giornalisti la cognata Paola e il fratello Claudio e il nipote Flavio. Gli inquirenti sottoporranno il corpo ad autopsia per scoprire movente e dinamica.

 

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