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“In Appennino un’agricoltura che tutela l’ambiente”, parola di aziende che sperimentano Life Agricolture

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Alla fine gli agricoltori hanno accolto la sfida e ora invitano altri colleghi a seguirli. È quanto emerso dalla tavola della Mab Unesco dell’Appennino tosco-emiliano dedicata al progetto Life Agricolture e partecipata da un centinaio di portatori di interesse tra Reggio Emilia, Parma e Modena.

“Da un lato terreni che si sono costruiti in milioni di anni, dall’altro dissesto idrogeologico o arature profonde che li minacciavano. Con questo progetto, che nelle aziende unisce difesa del suolo e agroecologia, si propone un nuovo modo di dare risposte alle esigenze degli agricoltori e al contrasto al cambiamento climatico, discutendone anche nelle scuole. Si costruisce così una green communities”, osserva Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano.

Tra i casi discussi, quello di un’azienda agricola dove la sostanza organica era scesa all’1,5% del terreno, meno della metà. Ora, col progetto finanziato dall’Unione Europea, Life Agricolture sono ben 15 le aziende che, dopo alcuni confronti serrati tra nuove generazioni e padri, sta sperimentando e studiando un nuovo e antico modo di coltivare: in soli due anni la superficie dedicata alla sperimentazione è raddoppiata. Sul campo sono diversi i tecnici che seguono l’evoluzione del progetto per conto dei promotori Consorzi di Bonifica Emilia Centrale, Burana, Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano e Crpa.

Nelle aziende agricole sono in corso di sperimentazione buone pratiche agronomiche selezionate tra diversi progetti europei. Esse consentono di produrre ma anche di preservare il carbonio organico nel terreno, di preservare le rese e, anche, di contenere i costi. Alcuni esempi di lavorazione: rotazioni ampie, semine dirette su terreno sodo, arature meno profonde, tagli precoci per il controllo delle infestanti, minore impiego di chimica, concimazioni invernali su prati, sistemazioni idrauliche adeguate per evitare arature frequenti, consociazioni tra leguminose e cereali con varietà adeguati per nutrire il terreno, ...

“Utilizzarle è questione di apprendimento ed esperienza e grazie ad esse è possibile guadagnarci”, ha affermato Tobia Zagnoli, allevatore di 250 pecore nel crinale a Villa Minozzo.

“Questo progetto è destinato ad avere futuro considerati i risultati che sta offrendo” ha detto Dario Torri, presidente della Cooperativa Valle dei Cavalieri forte di 170 pecore in lattazione a 1000 metri a Succiso.

“Finalmente si pone attenzione sul suolo – ha dichiarato Enea Giavelli, allevatore di Viano – e auspico che le nuove generazioni possano farsi portatrici di questo nuovo percorso”.

“Dinnanzi ai cambiamenti del mondo anche l’agricoltura è chiamata a rinnovarsi” ha sostenuto Martino Dolci, allevatore di Ventasso.

Nel corso della giornata è stato anche annunciato un “Patto per il suolo”, cui si lavorerà nei prossimi mesi, “finalizzato – osservano Luca Filippi, project manager del progetto e Francesca Moretti, del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano - a sottoscrivere un accordo promosso tra i portatori di interesse coinvolti
nel mondo agricolo affinché sia riconosciuto in termini economici o premiali il valore di quelle aziende che attuano queste buone pratiche e, quindi, sono fornitrici di servizi ecosistemici, come la tutela del carbonio del suolo. Questo agevolerà chi farà queste scelte, anche con accordo sul Psr”.