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A Romagnano di Carpineti Lassociazione attende il 6 maggio per il lancio del nuovo cd

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Un anonimo e sconosciuto borgo composto da fabbricati risalenti al XV secolo posti in modo scalare all’interno di una valle in territorio carpinetano: questo è Romagnano. Si tratta del luogo scelto da alcuni membri de Lassociazione per completare con semplici ma non banali azioni di manualità  l’operazione di crowfunding lanciata mesi fa. In mezzo a portali, finestre e architravi  del quattrocento finemente lavorati con motivi decorativi Gigi Cavalli Cocchi, che qui ha un’abitazione, assieme ai compagni della band Marco Mattia Cilloni e Giorgio Riccardo Galassi stanno imbustando cd, magliette e cartoline da inviare ai numerosi sostenitori del loro progetto musicale. Sbirciando tra le buste si scorgono indirizzi che vanno ben oltre la provincia di Reggio Emilia a testimonianza, se mai ce ne fosse la necessità, che la musica di questo sodalizio col tempo si è fatta ambasciatrice dei luoghi dove è nata e che sono stati sapientemente enunciati nei vari dischi che via via si sono succeduti nel corso del tempo. Mancano davvero pochi giorni dalla presentazione del loro ultimo lavoro “Di cani, di lupi e di umani” che si terrà al Teatro Bismantova il prossimo 6 maggio e gli “artisti multitasking” si ritrovano nella quiete che solo antiche pietre immerse in verdi prati punteggiati di fiorellini primaverili possono rilasciare per controllare, spuntare e regolarizzare ogni singolo sostegno ricevuto.

Vedendoli qualche domanda sorge spontanea…

Gigi come è andata la campagna di crowfunding?

“Il numero di sostenitori e la cifra raccolta ci gratifica oltremodo essendo andata ben al di là delle nostre aspettative.

L’obiettivo è praticamente raggiunto: manca pochissimo. Siamo molto contenti del risultato ottenuto e per questo ringraziano tutti quelli che ci hanno sostenuti. Ci inorgoglisce poter scrivere sulle buste oltre che Reggio Emilia anche Modena, Milano, Brescia, Verona, ecc… Questo dice che la nostra musica continua ad essere un manifesto, una cartolina sonora di quello che noi siamo, delle nostre radici, del nostro Appennino”.

Ma come mai siete proprio voi artisti a svolgere questi compiti che potreste anche delegare ad altri?

“I nostri fans lo meritano e noi facendo queste semplici operazioni ci rendiamo proprio conto appieno di ciò che sta dietro, di cosa sia ciò che ci da la possibilità di salire poi sul palco. Le attività legate all’organizzazione sono complesse… il suonare alla fine diventa la cosa più semplice. Inoltre per noi questo è anche un modo per ringraziare e omaggiare ogni singolo individuo che ha consentito la realizzazione del progetto”.

Pronti ad andare in scena?

“Abbiamo avuto due anni di tempo per far rodare i brani che sono stati registrati in buona sostanza dal vivo. Gran parte del lavoro è stato fatto in modalità live al bed & breakfast Il Castello di Marola ospiti di Silvana Carubbi che non ci stanchiamo mai di ringraziare. Dopo questa full immersion del gruppo al completo siamo arrivati davvero molto pronti al lavoro fatto in studio. Adesso stiamo curando alcuni dettagli  e per questo ci serviranno alcune prove che faremo in studio a Reggio  Emilia. Siamo entusiasti, carichi e non vediamo l’ora di proporre questo nuovo disco. Per noi in un certo senso è un ritorno alla nostra discografia delle origini, quella del 2009. Il nuovo lavoro è per molta parte nel dialetto delle nostre montagne: un biglietto da visita importante per la nostra terra”.

Si avvicenda al microfono Giorgio Riccardo Galassi che così inizia:

“Aspettiamo il nostro amato pubblico il 6 Maggio. Ci sono ancora – in realtà pochi – posti disponibili. Ci piacerebbe anche stavolta vedere il teatro sold out come è accaduto anche nei precedenti live dove abbiamo presentato i nuovi dischi.”

Cosa ci racconti di questa vostra ultima produzione?

“E’ un disco a volte un po’ scuro, particolare, che trae ispirazione da un periodo storico e letterario molto definito. C’è sempre sullo sfondo l’apprezzamento per la narrativa americana di fine ‘800 primi del ‘900. Da qua parte questo nuovo discorso musicale legato all’anima, allo spirto. E’ un disco interiore, a volte violento nei testi, a volte alla fine dolce, addirittura romantico”.

Ascoltando questi brani si incontra l’amore dunque?

“Non in senso stretto. Lo troviamo in qualche pezzo. Ma si tratta di un sentimento particolare, non il classico affetto, non la storia d’amore letteraria e cantautorale. C’è l’amore ma in declinazioni non consuete. Fa capolino in piccoli episodi come ad esempio in Annie”.

Perché questo strano titolo “Di cani, di lupi, di umani”?

“Perché sono storie ambientate soprattutto in orizzonti immensi, sperduti, in terre desolate che non sono le nostre. Quando parliamo di Jack London, parliamo di Alaska e di tutti quei territori infiniti dove il cane è essenziale. Ma lo è anche il lupo, allegoria per noi della paura. Ascoltando i diversi brani si percepisce come la vita e la morte sono a stretto contatto e possono intrecciarsi in un attimo. Il tempo, il vento, la neve e tutto ciò che ti succede intorno può cambiare in un lasso di tempo brevissimo. E’ poi un po’ la metafora della vita che viviamo proprio anche in questi giorni martoriati dalla guerra”.

Guardando la copertina del cd ci si fa un’idea del contenuto…

“Quando scrivo penso a tutto ciò che posso avere davanti. Dietro alla fine mi guardo poco però incondizionatamente al passato si è legati. I tuoi studi, la tua formazione, le tue ricerche determinano quello che sei oggi e ciò che sarai anche in futuro.  Gli alberi, gli uccelli che volano nello spazio, tra le nuvole -come diceva Battiato- evocano per certi versi anche un aspetto nostalgico”.

Ora è il turno di Marco Mattia Cilloni che ricevendo il testimone esordisce dicendo:

“Siamo pronti, contenti, non vediamo l’ora di presentare questo disco a cui io tengo molto. E’ un alternarsi di diverse scene: un brano scuro, cupo,  è seguito magari da uno romantico, sognante. Ci sono varie ambientazioni che si aprono. Sotto certi punti di vista è un lavoro diverso dagli altri che abbiamo fatto.

Quanto c’è di territorio? Se ce ne è….

“Ce ne è, ce ne è. Il dialetto inevitabilmente ci porta li, al territorio, alle nostre origini. Le lande desolate, gli spazi immensi, gli ambienti invernali sono anche una metafora della nostra volontà, della nostra battaglia per rimanere vivi e umani….

Si trova la citazione o qualche riferimento a personaggi particolari dei nostri luoghi o sono tutte canzoni di fantasia?

“I pezzi sono legati uno all’altro. Si vuole e si cerca di raccontare una storia narrativa come se fosse un libro. E’ il percorso di un uomo che a volte diventa anche altro, anche lupo. La sua forza e volontà di vivere, di cercare di rimanere in piedi lo portano anche a essere violento. Gli accadimenti della vita trasformano il personaggio in ciò che in quel preciso momento gli serve per poter proseguire il percorso. La stessa figura del cane può essere interpretata  ad esempio come parte di una muta che tira una slitta. Il protagonista, come tanti altri suoi simili e anche noi stessi, cerca di portare alla fine il tuo destino. Questo cane ad un certo punto si stacca e diventa indipendente e si trasforma in lupo e poi in uomo. In breve, in estrema sintesi, il cd parla di ciascuno di noi,  della vita di ciascuno di noi, di quella vissuta da ciascuno di noi”.