Il 22 aprile, a Roma alla presenza del presidente Mattarella, si celebra il centenario dei primi due parchi nazionali italiani: Il Parco nazionale d’Abruzzo, tra Lazio e Molise e il Parco nazionale del Gran Paradiso, in Valle d’Aosta.
“Questi anniversari rappresentano storia e cultura del Bel Paese – commenta Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale dell’Appennino che, nella capitale, parteciperà con una sua delegazione -. Oggi l’Italia può contare su 25 Parchi nazionali – tra i quali il nostro tra Emilia e Toscana -, 27 Aree marine protette, 140 Parchi Regionali, 147 Riserve naturali Statali, 365 Riserve naturali Regionali, 171 altre aree naturali di interesse regionale”.
“Abbiamo assistito – prosegue Giovanelli - a 100 anni di successo e alla creazione di un modello originale e adeguato a un Paese dove non ci sono terre di nessuno e terre selvagge come in altri Paesi, ma solo territori abitati e vissuti nei secoli. Territori, va detto, dove la geologia, la biologia e l’antropologia hanno dato vita a un intreccio inscindibile. I Parchi nazionali, allora, in Italia sono andati oltre l’essere riserve naturalistiche. Questo sistema lo si è costruito in un secolo con un ruolo del Parlamento importante, con un merito speciale delle associazioni ambientaliste, ma anche attraverso la partecipazione e la contaminazione positiva, conflittuale a volte ma molto feconda con territori popolazioni e comunità territori. La storia è questa, ma è il presente che chiama. Riconoscere questo successo vuol dire fare i Parchi nazionali a pieno titolo partecipi delle strategie di transizione ecologica. I Parchi nazionali oggi sono dei fattori di unione tra le diverse dimensioni: ambientale, di stili di vita, iniziative economiche e sono parte dell’idea di transizione ecologica”.
Quindi una osservazione puntuale: “Per questo riteniamo che nelle politiche territoriali, come la nuova politica di bilancio del Governo, ma anche nei bandi del Pnrr si debba consentire ai Parchi di attrezzarsi e tornare a dotarsi di personale, come fattore chiave di ulteriore innovazione e sostenibilità dei territori. Dopo anni di blocco delle assunzioni, questo è stato concesso a diversi livelli pubblica amministrazione, ma non ai Parchi. Emblematico il caso del nostro Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano che a fronte di un bilancio che è arrivato a 12 milioni di euro ha solamente 7 dipendenti. Un blocco che limita la possibilità di continuare a crescere in quella straordinaria opera di progetti per il territorio, come il recente Bando Borghi ha dimostrato. Non solo, dinnanzi al Pnrr e in particolare all’obiettivo della transizione ecologica, ai Parchi nazionali non è neppure consentito in moltissimi casi di partecipare ai bandi: eppure i Parchi hanno dimostrato di generare e svolgere progetti ben oltre le proprie risorse. È uno spreco! È una scelta da riconsiderare!”.
“Per i Parchi italiani quello del 22 aprile 2022 – conclude Giovanelli - è celebrazione di un centenario di cammini sfide confronti e successi; e anche di raggiunta maturità. Il sistema è normalmente imperfetto, ma sicuramente adulto e pronto per essere coinvolto appieno nelle strategie nazionali di transizione ecologica. Oggi più che mai.”
Che io rammenti, anche se posso sbagliarmi, un Parco Nazionale era tradizionalmente concepito, nel sentire comune, quale “inflessibile” strumento volto alla tutela e conservazione naturalistica di un determinato territorio, onde evitare che ne venisse compromessa l’integrità ambientale conservata fino a quel momento, il che ha portato talora a chiedermi se, una volta preservate le cosiddette aree critiche o “sensibili”, non ci siamo mentalmente trovati a “dimenticare” il restante territorio, nel senso di non riservagli quelle attenzioni che viceversa meritava. Una interpretazione, questa, che è ovviamente del tutto opinabile, e fors’anche fantasiosa, ma del resto non saprei come spiegarmi diversamente fenomeni lamentati adesso da più d’uno, vedi ad es. l’eccessivo consumo di suolo (talvolta avvenuto semmai anche in maniera un po’ disordinata, ad ulteriore complicazione delle cose, aspetto di cui oggigiorno ci stiamo via via accorgendo, col senno del poi).
Qui mi sembra invece rappresentata una visione abbastanza diversa – o quantomeno da me non ricordata – ossia quella di Parchi con un ruolo per così dire attivo, che va “oltre l’essere riserve naturalistiche”, per configurarsi o proporsi come “fattori di unione tra le diverse dimensioni: ambientale, di stili di vita, iniziative economiche …”, il che può avere aspetti positivi dal momento che l’Ente in questione viene a calarsi nella realtà dei singoli ambiti territoriali, investendosi delle rispettive problematiche, ma quando sento parlare di “politiche territoriali” mi viene da pensare che tale materia afferiva solitamente, e per quanto posso saperne, agli organismi elettivi, comunali o sovra comunali, espressione della “volontà popolare”, e mi domando pertanto come possa armonizzarsi l’azione svolta in questo campo da soggetti istituzionali di differente connotazione, senza il rischio che detta “pluralità” possa tradursi in sovrapposizioni ed interferenze (che non giovano ai percorsi decisionali).
P.B. 24.04.2022
P.B.