Riceviamo e pubblichiamo da Fabrizio Fontana
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Ecco sono le quattro e mezza di pomeriggio di questa domenica e le strade d'Appennino che vanno verso il piano si riempiono di auto, Moto e pullman che viaggiano carichi di persone per il ritorno di fine week end alle loro dimore.
Ecco, chi osserva questo lento passaggio di mezzi alza la mano salutando con un mesto sorriso di malinconia, e un cenno d'intesa che significa: ci vedremo presto!!!?? Fra poche ore calerà il buio sul paese, e conteremo ancora meno case con luci accese, pochi camini che sfumacchiano nella semioscurità e i lampioni stradali illumineranno solo portoni, scuretti chiusi e freddi davanzali marmorei senza vasi di gerani, finestre buie, ci assale la nostalgia guardandoci negli occhi noi qui rimasti a resistere al tempo in senso lato e al tempo meteorologico, con un inverno che non è tale, sappiamo e non ce lo diciamo scaramanticamente che la situazione dello spopolamento di questi villaggi non accennerà a migliorare.
E questo aspetto tocca tutte le comunità appenniniche dalle Sile calabre fino ai Monti appenninici liguri piemontesi.
E una domenica fredda, piovosa mista a neve che non è neve, una giornata uggiosa di nebbia che non è nebbia, una giornata che non aiuta l'ottimismo che spesso taluni di noi esternano verso la speranza di rivedere più orti e campi coltivati, sentieri e carraie puliti e sicuri, paesani che vanno a "vegghio" (a fare visita ai parenti o ai vicini), insomma a fare due chiacchere, sentire cani abbaiare in concerto alla luna, fienili pieni di foraggio per gli animali chiusi nelle stalle, e la massa o il bottino vicino all'edificio che fuma per la naturale fermentazione interna!
Sarebbe bello che dalla porta di casa, mai chiusa a chiave come era un tempo, apparisse la vicina di casa, ( o altro suo familiare) che chiede candidamente: " Avete un limone o del Sassolino, del sale o Alchermes?" oppure: " Mi serve un po' di farina, per caso ne avete? domani la prendo in bottega." e il più delle volte aveva in mano pronte due o tre uova o un pane appena sfornato, dei gustosi biscotti come merce di scambio o gesto di riconoscimento per il piccolo favore appena elargito.
Già, sarebbe bello vedere tanti paesani che fanno il percorso inverso, cioè passare il week-end in città e poi la domenica sera tornare alle loro abitazioni nei paesi e "illuminare" le finestre aperte tanto da rendere inutile la luce dei lampioni pubblici.
Accendere stufe e camini e vedere i fumi che calano verso valle dove l'aria è più mite.
Già, ingrata utopia, sarebbe bello ma laggiù al piano in città c'è il lavoro, ci sono opportunità, possibilità per il futuro dei figli, piange il cuore dirlo e sentirlo dire da chi qui è nato e ha passato la maggior parte degli anni migliori dell'infanzia o della giovinezza.
Una strana amarezza, il saluto la portiera si chiude il motore si accende e l'auto rombante punta verso la città, forse fra due settimane al venerdì ci rivedremo, berremo un bicchiere ci racconteremo le "ultime", sorrideremo, diremo cose di politica e di calcio che non sappiamo neppure perché le diciamo, un partitina a briscola e qualche solita bestemmia, racconteremo dell'ultima avventura dello "stolto" di paese, ridendo con simpatia anche se è poco garbato dirlo e farlo, (inteso che potrei essere io lo stolto oggetto di scherno).
E per qualche ora la "luce" della vita di paese si riaccenderà, per ora, dico adesso....solo per ora questo mi basta, questo è già tanto e ci basta.
Mettiamola così!
Un saluto a tutti voi che vi lasciate alle spalle la collina e più su l'Alpe, baderemo noi alle vostre cose, ma tornate ehhhh.....quanto prima, tornate a casa vostra perché qui è casa vostra, a costo di morirci di fame e stenti!
Amarcmànd, ohhh a lò t'gnùda lùnga anch stàvolta, scùsadmé!
Fabrizio
Gent.Sig.Fabrizio; mi viene spontanea una domanda.ma dove lo ha visto Lei il film della mia vita?
Quello che lei scrive ne è il copione che ho letto non senza una punta di commozione da vecchietto ultrasettantenne che la vita ha strappato,in giovane eta’,dalla montagna per portarmi in citta’.Ricordo anch’io di non aver mai avuto in tasca le chiavi di casa perche’ sempre aperta anche ad ogni ora della notte e il “veggio” che si praticava quasi ovunque e che spesso era per noi ragazzi una scuola di vita perche’parlavano gli anziani.Pure in città vorrei,specie in inverno il “veggio” in casa mia ma non usa. Anche in montagna,dove torno ogni fine settimana invece del bar vorrei il”veggio” ma il piu’ anziano sarei io e senza niente da insegnare.Con simpatia
Armando
Bel racconto di com’era e di come è adesso, purtroppo indietro non si torna, ma fa molto bene ricordarlo, non si preoccupi di dilungarsi a noi anziani il tempo non ci manca per leggere
EldaZannini