E’ un appello accorato quello che la Federazione Diocesana Servizi agli Anziani (Fedisa) lancia alle istituzioni affinché siano definiti nuovi modelli di prevenzione della pandemia che tengano conto – per le residenze assistite - non solo degli aspetti sanitari, ma anche delle situazioni di grave disagio e sofferenza che stanno vivendo gli ospiti, le loro famiglie e gli operatori.
Al centro dell’attenzione della Federazione c’è, soprattutto, il carico di sofferenza che si è determinato nelle persone anziane, sostanzialmente private di relazioni fisiche e affettive con i familiari a causa dell’inasprimento delle norme di prevenzione del Covid-19.
“Nonostante la dedizione professionale, la vicinanza affettiva e lo sforzo organizzativo profuso da amministratori e operatori per mantenere i contatti tra ospiti e famigliari (visite protette, stanze degli abbracci, contatti online, ecc.), il perdurare della situazione di sostanziale isolamento presente nelle strutture – spiega Fedisa in un documento sottoscritto in pochi giorni da oltre 400 persone, con il 78% rappresentato da familiari - sta fortemente minando la qualità della vita degli ospiti e privando di momenti preziosi le famiglie, frequentemente impossibilitate a mantenere un filo affettivo con i loro cari che non sia filtrato da strumenti inidonei a questa relazione e non sempre accessibili agli ospiti anche per banali difficoltà d’uso”.
“E’ del tutto evidente che i benefici generati dalla vicinanza fisica dei propri cari e dalla possibilità di stare insieme non possono essere sostituiti da incontri dietro la finestra, nella stanza degli abbracci e video chiamate, seppure accompagnati da personale competente e amorevole”.
La situazione si era temporaneamente alleggerita nel corso dell’estate – spiega il presidente Giorgio Faietti -, con esiti importanti e concreti per gli ospiti, la cui graduale ripresa di motivazione alla vita si è misurata in maggiore appetenza, sonno notturno continuo, partecipazione alle attività quotidiane, collaborazione con il personale, condivisioni di gioia e trepidazione per l’attesa del momento di incontro con i familiari. La ripresa dei contagi nell’autunno scorso e nei primi mesi invernali - prosegue Faietti - ha determinato un nuovo inasprimento delle misure di sicurezza, nonostante sia evidente che le residenze per anziani (con vaccinazioni oltre il 95% sia per gli ospiti che per gli operatori) sono state toccate marginalmente dalla nuova ondata pandemica, con pochi casi di contagio ancora presenti, che perlopiù non comportano gravi conseguenze sugli anziani, responsabilmente gestibili dagli operatori”.
Le buone prospettive aperte nei mesi precedenti, dunque, si sono di nuovo allontanate, e “molti anziani si sentono inutili e privi di ragion d’essere, limitati nell’uso del corpo, impediti nelle relazioni più significative, sconfortati e demotivati nello spirito. Una situazione di sofferenza gravissima – osserva Faietti - che induce nuove fragilità fisiche e psicologiche. Gli stessi familiari, se pur guidati a questo nuovo sistema di regole apri-chiudi-apri-si-no-solo poco tempo- tieni la mascherina- non toccare-non dare, manifestano malcontento e impotenza e chiedono alle strutture spiegazioni del perché di comportamenti e misure che stanno in protocolli che vanno oltre la stessa competenza dei gestori, che pure ne sentono a pieno tutti gli effetti. Gli stessi operatori, costantemente seguiti e formati ad una dimensione di cura integrale della persona, professionalmente corrispondenti ai migliori profili richiesti e animati da profondi sentimenti di solidarietà e prossimità sono messi a dura prova dalla situazione determinatasi con la pandemia, che ha determinato un rilevante aggravio di stress, fatica e senso di impotenza di fronte a richieste umane, emotive ed affettive che evidenziano il disagio e la sofferenza delle persone ospitate”.
Da qui, dunque, l’appello alle autorità da parte di Fedisa, degli ospiti, dei familiari e degli operatori della residenze per anziani per la determinazione di nuovi modelli di prevenzione della pandemia; una richiesta associata alla “piena disponibilità costruire insieme i percorsi necessari e utili a garantire ripristino e continuità a percorsi di cura che non si limitino alle pur rilevanti questioni sanitarie, che da sole non garantiscono quella pienezza di vita che sta in capo ad ogni persona”.