Oggi si è celebrata in Prefettura a Reggio Emilia la cerimonia di consegna delle Medaglie d'Onore destinate ai deportati nei campi di concentramento durante la Seconda guerra mondiale. In questa occasione sono state ripercorse e raccontate le storie di alcuni reggiani. Tra i montanari abbiamo già ricordato il padre del nostro direttore Settimo Baisi, Pellegrino, internato a Stettino, sul Mar Baltico, dove rimase per un anno. Altri due originari di Viano hanno subito la tragica deportazione in Germania. Stiamo parlando dei fratelli Grassi, Dogimo Bruno e Romeo, contadini, deportati Bruno a Stalag, mentre di Romeo non si sa quasi nulla.
Sono passati dal campo di transito di Fossoli e vi hanno sostato per due mesi. Bruno e Romeo abitavano insieme nel podere di famiglia; una volta sposati hanno separato la casa paterna, ricavandone due abitazioni, e la terra: ognuno la sua parte. Dogimo Bruno viveva con la moglie Emma e la figlia Adele. Romeo con la moglie Severina e tre figli: Silvio, Fede, Arnaldo, tutti nati prima della prima della Seconda guerra mondiale.
Li hanno catturati lo stesso giorno di primavera. Reduci dal fronte della Prima guerra mondiale, quando erano ancora ragazzi, uno 16 e l'altro 14 anni, vengono catturati dai tedeschi circa trent'anni dopo. Bruno e Romeo non si erano nascosti come altri nel paese. Pensavano di essere già troppo vecchi per poter essere internati a lavorare nei campi di concentramento.
Li hanno trasportati in Germania entrambi il 5 agosto del 1944. I tedeschi sono arrivati di sorpresa nel cortile, mentre i due fratelli stavano preparandosi per accudire le vacche nella stalla. A quel tempo, quasi a guerra finita, i tedeschi si sentivano braccati, sospettavano di tutti, essendoci squadroni di partigiani che abitavano la montagna reggiana. Li hanno presi per le braccia e portati via, sua una camionetta, insieme al loro vicino di casa Dante Bassi.
Hanno trascorso due mesi a Fossoli. Poi del fratello Romeo si sono perse le tracce, mentre Bruno è stato deportato a Innsbruk e poi a Sagan, ai confini tra Polonia e Germania. Che in un primo tempo Romeo fosse nello stesso campo del fratello lo si deduce dalla lettera che, malgrado le condizioni di vita brutali, Bruno scrive alla moglie.
"Carissima moglie, qui mi trovo in una città della Germania, in cui siamo riuniti in molti, militari e civili deportati come me. Posso farti sapere mie notizie per mezzo di un mio amico di Reggio che è militare. Ti assicuro che sto bene. E spero anche tutta la famiglia e mia figlia Adele! Non pensare a me che presto sarò tra le tue braccia e della mia bambina. Ci hanno divisi l’11 marzo. Hanno mandato Romeo, Dante, come me, a lavorare dai contadini. Eravamo poco distanti".
A casa arriva anche una lettera di Romeo
"Carissima figlia dico che sto molto bene. E non pensare al babbo, fai a modo e guarda di aiutare la tua cara mammina. Come ti dico il posto è molto bello. Speriamo di rivederci presto e di riabbracciarci. Noi siamo al lavoro. Saluti, baci. Baci".
La vita nel lager è terribile: niente cibo, qualche patata e un po’ di pane, forse donati dai contadini e tantissimo freddo nelle baracche dove tornavano la sera, dopo una giornata di duro lavoro. Fortunatamente, pare che Romeo e Bruno non si siano mai ammalati.
I due fratelli vengono divisi e di quel periodo della loro vita restano solo le lettere censurate dai militari tedeschi, che pur rassicurando i familiari non si avvicinano minimamente all'orrore dei lager nazisti, ma sembrano narrare di un periodo felice, quasi di vacanza. Quando finalmente tornano a casa sono irriconoscibili e magrissimi. Romeo è stato riportato a casa dagli americani su un camioncino nell’agosto del 1945. Romeo è tornato a piedi, arrivando a fine ottobre.
Romeo e Bruno Grassi hanno ricevuto l’onorificenza e la medaglia come cavalieri di Vittorio Veneto.
a Gottano furono catturati dei giovani mai ritornati, uno si chiamava Francesco Cabrioni, l’altro Bimbi, ma non so il nome. Qualche lettore originario di Gottano saprà meglio di me. Non sono mai ritornati. Avevano avuto l’occasione di scappare una volta giunti all’Enza, ma decisero di non farlo per paura di ritorsioni verso gli abitanti del borgo, in cui vivevano le figliolette di pochi anni, Beatrice e Milene
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