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Vianese calcio: Dallaglio si racconta

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E’ partito dalla Falk e già da quando aveva cinque anni si capiva che la qualità non gli sarebbe mancata. Stiamo parlando di 
Nicolò Dallaglio, classe ’93, fantasista della Vianese che ha avuto modo di assaporare il professionismo, prima nel Modena, poi nel Parma, per poi capire che quello non era il suo mondo, tanto da decidere di ripartire dai dilettanti, giocando in D prima a Fidenza poi a Formigine, per poi vivere altre esperienze, sempre fra eccellenza e promozione a Brescello, Carpineti, Traversetolo, Bibbiano e ora alla Vianese.
Nicolò era ed è un giocatore in grado di fare la differenza, forte di una classe cristallina, di una splendida visione di gioco, impreziosita da un ottimo senso del gol e alla Vianese, dove in questa stagione ha già segnato 7 reti, sembra abbia trovato il proprio ambiente ideale. “E’ vero - dice il fantasista - a Viano sto bene e ora abbiamo trovato il giusto equilibrio come squadra, tant’è che i risultati stanno arrivando”.

 
Nicolò, partiamo dagli albori e arriviamo fino ad oggi, alla Vianese. Quand’eri piccolo hai mosso i primi passi sui campi della FalkGalileo, vero?
Sì, ho cominciato a giocare proprio nella Falk: avevo 5 anni e una grade passione, poi sono passato al Modena a soli nove anni e a 14 mi acquistò il Parma, dove rimasi fino a 19, quando i crociati mi fecero firmare un contratto da professionista. Era il sogno di un bambino che diventava realtà: avevo finalmente l’opportunità di fare il calciatore professionista; poi, però...
 
In effetti già ai tempi della Falk eri considerato un giovane talento pronto ad esplodere, poi hai sfiorato il professionismo, ma alla fine non ce l’hai fatta. Perché? Qual è realmente la tua categoria?
Mi sono accorto ben presto che quello non era il mio mondo. In tutta franchezza credo che il mio massimo livello io non lo abbia mai ancora raggiunto. Ad essere sincero, quand’era ora, quindi sui 18-20 anni, non ho avuto la maturità calcistica e un’abnegazione tale da mollare magari le mie passioni, gli affetti, i parenti, le amicizie, per andare a giocare lontano. Quando venni messo sotto contratto il Parma mi mandò in prestito in Serie C al Pontedera, ma dopo due mesi scappai via, perché non di divertivo, non ritenevo mio quel tipo di vita. Malgrado questo il Parma ha continuato a credere in me e mi mandò a Lucca, ma anche in quella circostanza decisi di lasciare dopo due mesi, quindi non penso di aver mai raggiunto la mia categoria. Ci sono giocatori di categoria e giocatori che non hanno categoria: i primi sono coloro che utilizzano il fisico come strumento per salire di livello, ma più salgono e più devono emergere anche le doti tecniche e tattiche, oltre all’intensità, e in tanti vanno a sparire. I giocatori “senza categoria”, un po’ come me, che sono più tecnici, più vicini al “calcio totale”, riescono a fare bene in tutte le categorie, ma non appartengono a nessuna di esse nello specifico. E’ altrettanto vero che più giocavo in alto in categoria e meno fatica facevo perché c'erano più tecnica, meno fisico e i campi erano perfetti; insomma, c’era… il calcio. Più scendo di categoria, più faccio fatica a giocare. Insomma, per fare il grande salto mi mancava qualcosa in termini di determinazione… Oggi come oggi sono contento, quindi la scelta che ho fatto è stata corretta.
 
Hai accarezzato il professionismo e giocato in D, oltre che in eccellenza e in promozione, in squadre ambizione. Qual è stata la tua stagione migliore?
Di certo è stata in serie D, appena maggiorenne, quando a Fidenza realizzai 7 reti da centrocampista e a volte trequartista: fu una stagione decisamente da incorniciare. Avevo un sacco di responsabilità, perché giocavo in un ruolo importante. Inoltre, giocare in una categoria del genere mi permetteva di mettere in mostra le mie caratteristiche tecniche e quell’anno ho davvero fatto molto bene.
 
Siete partiti con qualche difficoltà con l’uscita di scena di mister Cifarelli prima dell’inizio della stagione; poi, circa un mese dopo, è arrivato Paolo Vinceti. Che differenze c’è fra la prima Vianese e quella di oggi?
Oggi ci sentiamo una squadra matura, mentre prima non lo eravamo. Siamo partiti con  delle difficoltà, senza una guida reale della squadra, visto che dopo le dimissioni di Cifarelli non c’è stato un altro primo allenatore per un mese, poi è arrivato mister Vinceti che ci ha dato un po’ di equilibrio.
 
Qual è stato, a tuo avviso, il più importante risultato ottenuto da mister Paolo Vinceti con questo gruppo?
Il nostro attuale allenatore è riuscito a darci un’identità ben precisa, mettendo in campo ogni giocatore nel proprio ruolo, in modo che ognuno di noi possa esprimersi al meglio. Da quando è arrivato abbiamo fatto un balzo incredibile, facendo punti praticamente ovunque, a parte l’ultima gara persa a tre minuti dalla fine. La sua mano si è fatta sentire. Se non avessimo perso tempo all’inizio la nostra classifica, oggi, sarebbe diversa.
 
In attacco tu e Italo Borges state formando una coppia davvero interessante, perché vi integrate perfettamente a livello di caratteristiche. Come ti trovi con lui?
Decisamente bene, con Italo c’è un’ottima intesa, ma ritengo sia riduttivo parlare solo di lui, visto che mi trovo molto bene con tutti. Siamo un bel gruppo, c’è armonia fra noi. All’inizio è stato difficile: siamo tanti giocatori e tutti bravi, quindi non è semplice trovare equilibrio e armonia tra atleti che sono praticamente allo stesso livello, mentre ora ci siamo riusciti e siamo contenti.
 
Qual è il ruolo nel quale ti senti di poter esprimere il massimo del tuo potenziale? Tra l'altro, quest'anno, quand'è stato necessario, sei anche arretrato a centrocampo per dare una mano sotto il profilo del gioco, visto che a livello tecnico hai senz'altro una marcia in più...
Non ci sono dubbi: mi sento un centrocampista, anzi, un “tuttocampista”, già significa che credo di essere in grado di ricoprire tutti i ruoli del centrocampo, dal mediano metodista, al trequartista, alla mezzala, destra o sinistra che sia. Negli ultimi anni sono stato ridisegnato mezzapunta, perché la buttavo dentro, negli ultimi anni ho fatto tanti gol e spero di continuare, ma il mio ruolo naturale è senz’altro il “tuttocampista”, che sia mediano, mezzala o trequartista, un ruolo nel quale so di poter dare il meglio di me stesso.
 
Ad inizio stagione si diceva che, pur essendo una neo promossa, la Vianese potesse puntare al salto in eccellenza. Cosa credi manchi alla tua squadra perché possa diventare reale?
In tutta sincerità credo che manchi davvero poco. Il nostro handicap, quest’anno, è stato quello di essere partiti in questo marasma generale e questo ci ha portato a perdere molti punti. Non siamo qui per vincere il campionato ad ogni costo, almeno quest’anno. Infatti stiamo vivendo una stagione di transizione e credo che stiamo imparando dagli errori che abbiamo commesso in quest’annata, nella forte probabilità di non rivivere tali situazioni la prossima stagione, nella quale dovremo quindi ripartire da tutto ciò che di positivo abbiamo saputo costruire, tutti assieme.
 
Qual è il tuo sogno nel cassetto? Ce n’è uno che non hai ancora realizzato e che vorresti trasformare in realtà?
Assolutamente sì. Il mio desiderio, ora, è quello di completare gli studi di osteopatia per lavorare in questo settore. Poi, se fosse possibile, vorrei girare il mondo per conoscere altre realtà e fare del bene alle gente attraverso il mio lavoro.