Una ricorrenza cara al mondo agricolo, ma non solo. La festa di Sant’Antonio Abate, che si celebra oggi 17 gennaio, è entrata da tempo nel cuore degli agricoltori, ma l’emergenza Covid ha ridimensionato gli eventi dedicati al santo protettore degli animali.
«Il nostro consigliere don Angelo Guidetti – commenta il direttore di Coldiretti Reggio Emilia Albertino Zinanni – ha voluto mandare una benedizione ed un pensiero a tutti gli agricoltori nonostante l’emergenza imponga attenzione alle iniziative, ricordando l’importanza degli animali per l’agricoltura reggiana e di quanto, l’accresciuta sensibilità al benessere abbia migliorato gli allevamenti».
«Ogni animale è davvero un regalo che si fa vita e noi oggi rischiamo di non riconoscerne più la loro preziosità», si esprime così don Angelo nel suo messaggio. «La diversità è invece la vera ricchezza della vita a tutti i livelli! Tocca a noi prenderci cura del greto di un torrente, del sentiero di un bosco, di un fiore, di una famiglia di animali perché insieme sono il filo di una trama di vita che si riflette su tutto il creato per il benessere integrale dell’uomo».
E così sembra essere in base quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Eurispes, secondo cui quattro italiani su dieci accolgono gli animali nella propria casa, dove molti sono costretti a stare a causa della forte ripresa dei contagi. "Con l’avanzare della pandemia Covid – sottolinea la Coldiretti - aumentano gli italiani che vivono in compagnia di almeno un animale con la percentuale che è salita dal 33,6% del 2019 al 39,5% nel 2020 fino al 40,2% del 2021. Si tratta soprattutto – precisa la Coldiretti - di cani (43,6%) e gatti (35,1%) che aiutano molti italiani a sopportare meglio i momenti difficili dell’isolamento e della quarantena."
La presenza degli animali nelle aziende agricole risentono delle difficoltà economiche determinate dalla pandemia tra aumenti dei costi di produzione, malattie (dalla aviaria alla peste suina africana) e prezzi, a partire dal latte, che non remunerano il lavoro degli agricoltori.
«Una difficoltà che – continua Zinanni – ha riguardato la pianura e soprattutto montagna e aree interne, dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori, che svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio contro il dissesto idrogeologico, l’abbandono e lo spopolamento».
Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado. «A custodire gli animali nelle nostre aziende agricole sono oggi molti amici provenienti dall’India e da altri paesi – aggiunge inoltre don Angelo -. Il loro lavoro di fatica deve essere onorato e preservato dalla minaccia del caporalato che umilia coloro che lo subiscono ma anche quanti lo praticano».