In Italia è iniziato il passaggio al nuovo digitale terrestre (DVB T2) che dovrebbe avvenire entro fine 2022: a marzo dovranno essere riassegnate le nuove frequenze e c'è il rischio che i comuni della montagna non riusciranno a vedere i programmi in alta definizione perché in alcune zone del Paese la nuova tecnologia non arriverà ancora.
Una problematica che interessa anche i comuni dell'Appennino reggiano, dove resta l'incognita per le le due storiche emittenti locali: Teletricolore e Telereggio.
Il rischio che non siano più visibili è concreto se non si corre ai ripari perché il gestore di rete – EI Towers di mediaset - ha previsto un solo impianto a Reggio Emilia, (ne prevede “molti” nelle altre città della regione, come annunciato in un servizio di Teletricolore, ndr) che significa che il segnale non sarà più visibile per oltre il 40% della popolazione. E i comuni della montagna che da febbraio rischiano di non ricevere le frequenze locali sono, tra gli altri: Canossa, Casina, Baiso, Castelnovo Monti e Vetto.
Anche l’Unione nazionale comuni e comunità enti montani (Uncem), nei giorni scorsi si è mobilitata per il segnale tv e l’adeguamento dei ripetitori di proprietà degli Enti Locali lanciando l’allarme: "i residenti dei comuni di montagna, dove i ripetitori non sono di proprietà delle reti televisive, rischiano di non ricevere più alcun canale".
C’è ancora confusione e si resta in attesa di conferme e comunicazioni da parte del Ministero.
L’Uncem spiega che il problema potrebbe verificarsi in quelle zone delle valli alpine e appenniniche coperte da ripetitori di proprietà degli enti locali, che non hanno fondi per adeguare gli impianti e chiede un intervento politico del Governo, Mise e Ministero della Digitalizzazione, per non lasciare senza tv chi vive in questi territori.
“In diverse aree del Paese il rischio concreto è che le Unioni e i Comuni, o le Comunità montane, debbano far fronte a spese insostenibili per interventi di adattamento dei ripetitori al nuovo sistema”, spiegano Marco Bussone, presidente Uncem nazionale e Roberto Colombero, presidente Uncem Piemonte, sulle pagine del corrierecomunicazioni.it.
E’ evidente che c’è il rischio concreto che gli enti locali debbano sostenere costi elevati: per adeguare un impianto servono almeno 15 mila euro e vi sono enti che ne hanno più di dieci di proprietà, come ribadisce l’Uncem.
Intanto, gli enti locali montani hanno manifestato al Mise l’interesse alla prosecuzione del servizio con i medesimi impianti ma anche di garantire, in attesa del rilascio della nuova autorizzazione, la copertura senza interruzioni temporali.