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“Apocalisse intesa come il fine della storia umana” rappresenta il fulcro della meditazione domenicale di don Paul Poku

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don Paul Poku

Le letture di questa domenica c’introducono al grande tema dell’apocalisse, che viene comunemente intesa, non senza un certo timore, la fine del mondo. Ma una lettura non superficiale della Scrittura rivela che essa non è da ritenersi come la fine, ma il fine della storia umana. Il linguaggio apocalittico ci serve infatti per svelarci il nostro destino ultimo.
Già nell’Antico Testamento ci s’interrogava sul senso delle vicende umane, in particolare nel periodo in cui è stato scritto il libro di Daniele, durante il quale Israele era schiavo in Babilonia. Nel brano scelto come Prima lettura sono presenti alcuni degli elementi tipici del linguaggio apocalittico: gli sconvolgimenti degli ultimi giorni, il radunamento di tutti gli uomini (vivi e morti; Daniele è forse il profeta più esplicito nell’affermare la resurrezione nell’Antico Testamento) e il giudizio finale a cui tutti saranno sottoposti (chi per ricevere vergogna e infamia eterna e chi, come i saggi, per la vita eterna).
Sulla stessa falsariga si in inserisce la profezia di Gesù, oggetto del Vangelo. In essa è descritta la situazione seguente a una grande «tribolazione»; in effetti nella visione dell’epoca la fine del mondo sarebbe stata preannunciata dalla distruzione del tempio di Gerusalemme, che sta a indicare in senso metaforico un periodo di forte crisi per la comunità dei credenti. Dopo questo periodo Gesù annuncia la caduta degli astri celesti (rispettivamente il sole, la luna e le stelle): cosa significa questa forte immagine? Sole e luna erano associati alle divinità pagane della vitalità e della fertilità, che scandivano i ritmi della natura, mentre le stelle indicavano i governanti dei regni della terra; il loro crollo significa la perdita di ogni punto di riferimento per giudicare l’epoca in cui gli uomini si troveranno. Inoltre, secondo la Genesi, Dio creò sole e luna per scandire lo scorrere del tempo (cfr. Gn 1, 14-18); La caduta degli astri indica così la futura perdita d’importanza del senso cronologico del tempo, in favore del senso di tempo propizio per gli uomini. Infatti proprio in questo clima di smarrimento, dove i falsi dèi saranno dispersi, ecco che si manifesterà la gloria del Figlio dell’uomo, che radunerà da ogni popolo e da ogni parte della terra i santi di Dio per riunirli nella sua comunione.
Queste profezie dal tono così duro non devono spaventarci. Al contrario: pensare al futuro ci può aiutare a gustare il presente. Sapere che l’inverno sta arrivando ci aiuta a gustare appieno i benefici della stagione estiva; allo stesso modo l’immagine della tribolazione futura, benché imprecisa, può esserci utile a prepararci già ora ad abbandonare tutto ciò che è superfluo per concentrarci solo su ciò che rimane per sempre. «I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno», promette il Signore: la Parola di Dio è eterna e chi confida in essa, rendendola viva con le proprie azioni, può gioire nella speranza della vita eterna. La nostra salvezza futura dipenderà da come abbiamo vissuto la Parola di Dio nella nostra vita: rivolgiamo dunque i nostri cuori all’ascolto e alla pratica del Vangelo!
Buona domenica.