Questo nuovo impegno, che ancora non ha un nome definitivo, ha invece una connotazione ben precisa, un lungo viaggio raccontato attraverso otto nuove canzoni.
Perché avete scelto questa antica casa, invece di uno studio, per registrare il vostro album?
Si tratta di un album lavorato appunto in live. Lo studio, che è molto comodo, è però anche piuttosto asettico. Volevamo ritrovare, lavorando insieme, parte delle emozioni che viviamo ogni volta che suoniamo i nostri pezzi, volevamo ritrovare il nostro istinto.
Anche il nuovo album privilegerà il dialetto?
Certamente, il dialetto è parte del nostro DNA. La gente d'appennino possiede questa preziosa cultura orizzontale, intesa nel senso che chi abita la montagna da sempre sa di sostenere lo sguardo da una posizione privilegiata, tra la pianura ed il mare. Siamo un popolo con una fortissima identità, che emerge anche nella scelta di utilizzare il dialetto. In questo nuovo album abbiamo inserito una miscela di italiano e dialetto, proprio come è d’uso nella lingua comunemente parlata, ricca di parole dialettali italianizzate, in una continua e naturale fusione.
Quindi dialetto come forma di cultura
Si, il dialetto è cultura. Il dialetto del crinale contiene parole antichissime, che traggono origine dai celti fino ad amalgamare diverse altre forme linguistiche. Le diverse influenze storiche ed i tanti popoli che di qui sono passati hanno lasciato molteplici tracce in questa lingua, nata per essere esclusivamente parlata.
Una cultura, quindi, che diventa anche una specie di filosofia di vita.
A noi piace parlare della filosofia agricola della gente d'appennino, che vive la propria vita sapendo di avere un preciso impegno: quello di raccontarla alle generazioni future, unitamente ai valori via via acquisiti e all'esperienza.
Siete quindi soddisfatti del lavoro che avete portato a termine?
Sì, siamo molto soddisfatti del lavoro svolto in questi giorni, come di tutto quello che è stato fatto fino ad ora, che ci ha regalato molte soddisfazioni.
Qual è la figura che ha ispirato questo nuovo album?
Le opere di Jack London e la sua ricerca di una vita a contatto con la natura.
Quale concetto volete quindi ribadire in questo album?
Per vivere con pienezza la propria vita occorre possedere il coraggio di osare, la capacità di affrontare la sofferenza, l’esaltazione della morte, vista come un passaggio verso un altro mondo. Vogliamo riaffermare che il vivere in montagna non è per tutti e che costituisce una scelta da fare quotidianamente, con la consapevolezza però che non potremmo vivere in nessun altro posto al mondo.
E l’amore, che posta trova?
"Annie", che diventerà il terzo brano, è la storia di un amore che si credeva felice e gioioso, ma che si ritrova in preda ai demoni peggiori. Rappresenta la donna vista come punto di riferimento, senza la quale l’uomo è completamente perduto.
Quali saranno le suggestioni di questo nuovo vostro lavoro?
Si tratta in realtà di un viaggio, che è il filo conduttore che lega tutti gli otto brani. Il protagonista è un animale, a volte cane, a volte lupo, altre persona umana, una figura allegorica che deve slegarsi dai vincoli che lo imprigionano, dalla follia e dalle radici, che gli ricordano di essere figlio di questa terra, per ritornare ad essere libero. E’ un album ricco di spiritualità, di natura, di vita e di morte.
E questo viaggio come si conclude?
La conclusione è il ritorno a casa del protagonista, che è diventato un signore con vestiti eleganti ed una bella casa, che ritorna senza aver acquisito certezze, ritrovando la fame e la miseria, l’avidità e la superbia degli uomini. Per diventare uomini occorre passare il limite, perché l’evoluzione è un impegno che non è mai scontato.
Parlando invece di musicalità, cosa potremo ritrovare?
Una musica ricca di diverse contaminazioni: jazz, blues, musica americana, celtica e tante altre ancora.