Le squadre del Soccorso Alpino sono giunte in vetta al Monte Cusna in aiuto di sei persone bloccate sulla sommità della montagna. Una di loro è stata trasportata in barella, poiché non riusciva più a proseguire in autonomia. Fatto decollare anche un elicottero dell'Aeronautica Militare, il quale non ha potuto effettuare il recupero per cause dovute al meteo.
Brutta avventura per una intera famiglia, che nel pomeriggio di ieri 31 ottobre è andata a fare una passeggiata nella zona del Cusna. Si tratta di un bambino di 5 anni, di una bambina di 6 anni, padre di 34 anni, madre di 30 anni, nonno di 72 anni e nonna di 52 anni tutti residenti a Parma.
Partiti da Pian Vallese, nel comune di Villa Minozzo, hanno iniziato a salire verso monte transitando dal Passone per poi arrivare al rifugio Battisti a quota 1270 m. Dopo una breve sosta al rifugio hanno ripreso la via per rientrare a Pian Vallese, dove avevano la loro auto, ma sbagliando strada imboccano il sentiero CAI 627 che porta in cima al Cusna.
Arrivati a quota 2080 m, ormai prossimi alla croce posta sulla cima del monte, la nonna inizia a sentirsi male, non riuscendo più a camminare, ma anche i bambini cominciano ad accusare la stanchezza.
Sono circa le 18.10 quando il padre dei bambini chiama il 118.
In quota c’era vento e la temperatura era di 4 gradi. Viene attivata la squadra del Soccorso Alpino e Speleologico stazione M.te Cusna, i Vigili del Fuoco e l’ambulanza.
Dopo una lunga marcia di avvicinamento la prima squadra riesce a raggiungere il gruppo che si trovava a pochi metri dalla croce. la nonna infatti che non riesce a camminare deve essere trasportata in barella. Mentre viene richiesto l’intervento di un elicottero dell’Aeronautica Militare, che non riuscirà ad arrivare causa una avaria dopo il decollo da Cervia, i due bambini il padre la madre e il nonno vengono accompagnati a valle e fatti sostare al Rifugio M.te Orsaro per essere rifocillati e riscaldati.
L’evacuazione degli escursionisti si è conclusa intono alle 00.15 del 1° novembre.
Giornata ideale per una passeggiata in montagna. Meno male che è andato tutto bene e non hanno portato il bisnonno.
(Brontolo)
Queste persone devono trascorrere i giorni festivi nei centri commerciali: non è possibile che decine di volontari, vigili e forze dell’ordine sprechino tempo e denaro per degli sprovveduti. Chi paga il conto per il danno causato?
(Sei della Montagna se…)
Il conto sarà addebitato agli stessi che pagano le cure mediche di quelli che fumano o che fanno abuso di alcool (vizi peraltro piuttosto diffusi sul nostro territorio). Non voglio giustificare chi si avventura in montagna senza l’adeguata preparazione, ma non voglio nemmeno giustificare le affermazioni (perlomeno a mio modesto parere) eccessivamente qualunquiste. Forse sarebbe più opportuna un’adeguata educazione alla montagna, senza precludere a nessuno la possibilità di visitarla.
(Andrea)
Concordo è meglio rimangano tutto il giorno a Grand’Emilia li se si perdono si ritrovano alla svelta
(CG)
Il ragionamento di Andrea ha la sua logica, ma mi sembra comunque ravvisabile una certa qual differenza – vale anche per me il “perlomeno a mio modesto parere” – posto che le due categorie da lui citate non richiedono interventi del tipo di quelli volti al soccorso e recupero in montagna (senza entrare nel merito del caso in questione, perché ogni circostanza di questo genere ha storia a sé).
P.B. 02.11.2021
(P.B.)
Egregio P.B.
la mia “provocazione” sottendeva, in realtà, un ragionamento più ampio.
Cito un commento pubblicato qualche giorno fa dal lettore AG, e che mi è piaciuto moltissimo: “…tutela del territorio naturale…per attirare turisti e tanta ma tanta formazione per far uscire i montanari dall’isolamento culturale che tanti turisti allontana, molti più di quelli che (si) pensa siano allontanati da una buca sulla strada”.
Ecco, io credo che infierire su una famiglia di turisti che, pur se a causa di un grave errore di valutazione, ha appena vissuto un’esperienza molto traumatica, anche e soprattutto dal punto di vista psicologico, invitandoli a starsene a casa, sia un esempio paradigmatico di quello che AG intendeva.
Non è mia intenzione offendere nessuno, e questa è una mia semplice riflessione, per quel poco che può contare.
Un grande ringraziamento, infine, a tutte e tutti i soccorritori.
Cordiali saluti
(Andrea)
Buon pomeriggio,
condivido appieno l’intervento del sig. Andrea.
A mio avviso l”unica conseguenza positiva della pandemia è stata il riportarte tante persone verso il nostro meraviglioso Appennino, da 30 anni non si vedeva tanto turismo in montagna. Seconde case aperte ovunque, paesi di montagna finalmente vivi, attività turistiche e commerciali a pieno ritmo.
Una mentalità e comportamenti di chiusura temo possano solo aiutare convincere i numerosi turisti a tornarsene in Trentino, o altrove.
Sarebbe un bene analizzare e fare di tutto per non ripetere gli errori del passato.
(Andrea)
Egregio Andrea,
restando sempre fuori dalla circostanza in questione, e da altre similari, e mantenendomi dunque sulle generali, non riesco a condividere fino in fondo il pensiero secondo cui occorre “far uscire i montanari dall’isolamento culturale che tanti turisti allontana ….”, perché nel corso degli anni mi è capitato più di una volta di assistere a casi in cui persone “venute da fuori” cercavano di far cambiare le abitudini locali, per adeguarle alle proprie.
Io riterrei invece che vadano innanzitutto rispettate le tradizioni, i modi di pensare, e anche le “diffidenze”, di ciascun territorio, frutto della rispettiva storia, che mi sembrano un patrimonio preferibile alla omologazione – un po’ come la “biodiversità” in natura – patrimonio che nel tempo può ovviamente trasformarsi, o “evolversi” come dice qualcuno, il che dovrebbe però avvenire senza forzose accelerazioni (perlomeno a mio vedere).
P.B. 03.11.2021
(P.B.)
Egregio P.B.
anche io sono un grande amante delle tradizioni e della non-omologazione del territotio, ma non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Se si sceglie di rimanere chiusi ed isolati per mantenere intonse le proprie tradizioni e la propria mentalità, che a volte purtroppo confligge con un sano spirito di accoglienza per il diverso (come nel caso in cui si insiste nel considerare turisti, cittadini e pianzani come degli emeriti imbecilli), non ci si può poi lamentare se le persone decidono di andare in vacanza da un’altra parte.
Nondimeno, non mancano gli esempi in cui, come in Trentino Alto Adige, i valligiani hanno saputo superare il loro isolamento culturale e diventare molto accoglienti con tutti, senza rinunciare a tradizioni e consuetudini.
(Andrea)
A furia di soccorrere degli sprovveduti i volontari decideranno di starsene a casa, dopodichè chi si avventura in montagna come se andasse all’Ikea, in caso di bisogno farà meglio ad invocare padre Pio.
(Sei della Montagna se…)
Andrea cita territori da cui poter prendere esempio, il che non manca di senso, ma a me verrebbe nondimeno da dirgli che ogni parte del Belpaese possiede caratteristiche, peculiarità, eccellenze, “virtuosità”, che sono difficilmente imitabili – per clima, orografia, consuetudini, ecc …. – e il volerle ricalcare o riprodurre può indurre a prendere iniziative o realizzare opere che poi non portano ai risultati previsti, o sperati (generando così delusione).
P.B. 03.11.2021
(P.B.)
Visto che sono stato chiamato in causa da Andrea, che ringrazio per l’apprezzamento espresso ad un mio commento, vorrei precisare il senso del mio discorso.
E’ senz’altro vero che le persone disperse sul Cusna hanno commesso una grave imprudenza e una enorme leggerezza di valutazione, salire per tre ore invece di scendere per 1 ora è incredibile.
E penso anche che oltre al prezzo che hanno già pagato dovrebbero “partecipare” alle spese del soccorso. Ma non essere messi alla gogna.
Poi per quanto riguarda la chiusura dei nostri amici montanari, nessuno pensa di cambiare le tradizioni e le usanze, ma se si vuole richiamare il turismo non si puo poi accoglierlo con fastidio. Gli esempi positivi ci sono, i Briganti di Cerreto, la Valle dei Cavalieri e altre realtà sanno accogliere il turista, in alcuni casi facendolo sentire parte di una comunità anche se viene da fuori, ma sono esempi rari.
Pensiamo alla gestione dei Rifugi in quota. Segheria, Battisti, Bargetana, Monte Orsaro. Le gestioni che più hanno avuto e hanno successo sono quasi tutte fatte da non montanari.
Forse chi vive in montagna non ha mai provato ad pernottare in un albergo del crinale, ma le realtà degne di essere considerati alberghi nel 2021 si contano su una mano. In val d’asta chi mi sa indicare un albergo pulito e con i servizi che un turista si aspetta? O un Beb con il bagno in camera?
E parliamo di uno dei luoghi più belli e frequentati del nostro appennino.
Ecco allora che invece di parlare solo di investire in dighe e viabilità (quest’ultima senz’altro da migliorare per la qualità della vita di chi in montagna ci abita) occorrerrebbe fare quello sforzo in più per aprirsi al turismo, senza snaturarsi. Se poi invece si vuole solo essere liberi padroni nel proprio piccolo regno non ci si lamenti che i turisti vanno altrove.
Scusate se forse l’argomento del serviizo era un altro ma il confronto è scivolato su altri argomenti.
(AG)
Le argomentazioni di AG sono rispettabilissime, ma non riesco a trovarle del tutto convincenti, posto che, a proposito delle “gestioni che più hanno avuto e hanno successo sono quasi tutte fatte da non montanari”, come scrive AG, ricordo anni in cui vi erano località del nostro Appennino molto rinomate e frequentate da villeggianti durante la stagione estiva, e lì ed altrove potevi trovare Alberghi e Pensioni accoglienti ed ospitali, e in ogni caso realtà a conduzione di norma locale, ossia gestite da persone o famiglie del posto, e chi aveva a soggiornarvi più a lungo, per ragioni di lavoro o altro, riceveva non di rado un trattamento quasi “di casa”, quanto a simpatia ed affabilità.
Poi anche la montagna ha visto giungere quei cambiamenti che hanno investito l’intera nostra società, pur riuscendo nondimeno a conservare ancora qualcosa di quei trascorsi e di quella sua “anima”, e se da un lato occorre “aggiornarsi” per non “restare indietro”, non è detto che tutta la nostra montagna debba ora adeguarsi a quanto si aspettano gli altri, e non possa valere anche un po’ l’inverso, specie per chi volesse sentirsi parte di una comunità, ossia questa, e circa il futuro di questi luoghi nessuno ha la “soluzione magica”, ma mi concedo di pensare che ne andrebbero innanzitutto assecondate le vocazioni “storiche”, sembrandomi il modo migliore per non snaturarla.
P.B. 04.11.2021
(P.B.)