La prima lettura e il Vangelo di questa domenica sono intimamente legati e cercano di farci capire che lo Spirito Santo non è proprietà esclusiva di una tribù, un club o un gruppo; esso è senza confini.
La prima lettura in particolare narra di un rito presieduto da Mosè con cui settanta anziani d’Israele ricevettero il dono della profezia. Due di loro erano rimasti nell’accampamento e furono perciò esclusi dal rito, eppure lo Spirito discese anche su di essi. Giosuè, zelante servitore di Mose, voleva che gli venisse impedito di profetizzare, ma Mosè lo ammonì a non lasciarsi dominare dalla gelosia: Dio può fare quello che vuole e non si può costringere lo Spirito a non scegliere persone fuori dal gruppo prescelto.
Nella seconda lettura Giacomo ci avverte di stare attenti alla ricchezza del mondo. Sprechiamo infatti la nostra vita quando viviamo per accumulare beni e attraverso di essi maltrattiamo i più deboli. Ma le angherie verso i fragili non resteranno impunite, perché Dio in persona li difenderà dall’ingiustizia. Beninteso, la ricchezza non è da condannarsi in quanto tale; ma essa deve essere uno strumento per fare il bene, non per imporre il nostro orgoglio sul prossimo.
L’inizio del brano del Vangelo richiama un episodio simile a quello della prima lettura, dove Giosuè è sostituito da Giovanni e Mosè da Gesù. È in particolare il discepolo a rivolgersi al Signore per fargli una segnalazione: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva". Dobbiamo ricordare che il potere di scacciare demoni non deve essere considerato come la semplice facoltà di fare esorcismi, ma più in generale come il potere di scacciare il male dalla vita delle persone; in altre parole, non è un “superpotere” riservato a pochi eletti, ma un atteggiamento che tutti possono (e devono) mettere in pratica. Per questo Gesù rimprovera il comportamento di Giovanni: "Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi". Questo discorso ha la sua piena validità anche oggi, in un mondo in cui è facile tendere a rinchiudersi in gruppo per proteggere la propria identità; eppure il Concilio Vaticano II ha chiarito bene che la grazia di Dio è universale e uomini e donne possono far parte della Chiesa anche se non sono in essa.
Per spiegare bene il senso dell’evangelizzazione, Gesù presenta ai discepoli un’immagine semplice e profonda al tempo stesso: "Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa". Nel linguaggio biblico “dare un bicchiere d’acqua” è un segno di accoglienza non solo verso il messaggero di Dio, ma anche verso il suo messaggio; per questo motivo chi compie questo gesto, anche se non appartiene ufficialmente al gruppo dei discepoli, riceverà la grazia di Dio.
Chi allora deve essere oggetto del rimprovero dei discepoli? Chi non aiuta le persone a conoscere il vero volto di Dio: "Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare". Questo tipo di morte è altamente simbolico: per la cultura ebraica il mare è il luogo della negatività e un corpo caduto in esso, e perciò impossibile da seppellire, perde la possibilità di risorgere alla vita. Per questo motivo alla fine del brano Gesù richiama alla purificazione costante della nostra vita, nelle azioni (la mano), negli obiettivi (i piedi) e le nostre passioni (gli occhi), per non sprecare la nostra esistenza lontani dalla presenza di Dio e non trascorrere l’eternità senza il suo amore (ovvero all’inferno).
Buona domenica
(Don Paul Poku)