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I fratelli Cilloni di Carpineti conquistano il Monte Rosa

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Già il numero di ore fa di questa una gara speciale e ci si può subito fare l’idea di come non si tratti di una competizione per tutti, motivo per il quale per partecipare è necessario dimostrare una buona esperienza di corsa. I rapidi cambiamenti climatici tipici delle Alpi e la natura morfologica del terreno, infatti, fanno sì che i punti di controllo possano distare molte ore l’uno dall’altro.

Gli organizzatori, quindi, avvertono: “Questa è una gara che scoprirà rapidamente i tuoi punti deboli e la scarsa scelta dell'equipaggiamento. Quello che ti chiediamo di prendere è il minimo. Per favore, sii ragionevole”. Se questo monito, unito alla oggettiva complessità di una gara come questa potrebbero dissuadere molti appassionati e capaci atleti, questo non è accaduto ai fratelli Cilloni Giovanni e Luigi, che il 2 settembre hanno percorso, in 45 ore, l’intero percorso di gara.

Nei mesi precedenti la sfida non era certo difficile incontrare i fratelli Cilloni, residenti a Carpineti, per gli innumerevoli sentieri che collegano il nostro Appennino, da soli o insieme, ma con l’obiettivo comune di portare a casa la gara.

La gara aveva il tempo limite di 60 ore. Direi che avete raggiunto l’obiettivo!

Giovanni: 60 ore era il tempo limite, ma in realtà ci eravamo prefissati di terminarla in 50 ore. È andata sicuramente meglio del previsto in quanto non abbiamo avuto inconvenienti. Fisicamente siamo sempre stati bene. Siamo riusciti a limitare al minino le ore di sonno (abbiamo dormito un’ora e 15 minuti sulle 45 totali), non abbiamo perso tempo ai check point che possono rivelarsi “buchi neri”, dove è facile perdere tempo prezioso. La prima parte del tracciato è risultata, in particolare, molto corribile per cui abbiamo risparmiato ulteriore tempo, che abbiamo speso nella seconda parte, molto più tecnica e quindi più lenta. Anche il tempo ci ha agevolato: le previsioni mettevano acqua a partire dalla prima notte e questo avrebbe sicuramente complicato le cose, ma di fatto il tempo è stato bello per tutta la durata della gara.

Luigi: Sicuramente alla base è necessaria una buona preparazione fisica e fondamentale è la testa, che porta dritti verso l’obiettivo che era ben a fuoco fin dall’inizio: l’arrivo.

Avete mai avuto il pensiero che non sareste riusciti a completare la gara?

Giovanni: No, mai, anche se in gare così lunghe non si può mai sapere, perché gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo. Queste sono distanze che non si riescono a provare in allenamento, per cui dal cinquantesimo chilometro in avanti tutto può accadere. Mentalmente però siamo sempre stati convinti di finirla. Quando superi la metà, inoltre, ti carichi sempre di più e quindi la “testa” ti permette di sopportare anche qualche fatica in più o qualche imprevisto che arriva.

Luigi: No, mai, anche se in realtà, un paio di settimane prima della corsa ho avuto un problema fisico che ha rischiato di compromettere la gara. Sono comunque riuscito a partire, consapevole del fatto che se si fosse ripresentato mi sarei dovuto rassegnare all’idea del ritiro. Tutto è invece andato bene e al ritiro non ci ho pensato nemmeno un momento.

La testa, appunto, in gare di questo tipo si porta a casa la corsa fisicamente o è soprattutto una questione, come dite voi, di testa?

Giovanni: Fisicamente devi essere pronto, ma la testa è fondamentale perché è quella che ti permette di gestire gli imprevisti, i momenti di crisi che sicuramente si verificano, ti permette di valutare le situazioni. Bisogna riuscire a rimanere sempre lucidi, altrimenti si rischia di compromettere la prestazione, anche se fisicamente si è pronti. Queste gare sono fatte anche di strategia e quindi bisogna avere la testa per rispettare i piani fatti a tavolino, oppure per ricalcolare il percorso, così come fa un navigatore satellitare quando si sbaglia strada. Se non sei mentalmente lucido tutto questo non riesci a farlo.

Luigi: La testa è quella che permette di rimanere lucidi in ogni momento, che permette di valutare ogni piccolo segnale e capire se questo si può trasformare in un problema o in un pericolo, sia che esso arrivi dal fisico o da situazioni esterne. Da qui il “ricalcolo” e via avanti ancora.

Cosa ha significato gareggiare insieme a tuo fratello?

Giovanni: Questa è la terza volta che facciamo cose del genere insieme, per cui ormai siamo rodati. Ci conosciamo a vicenda, sappiamo i punti di forza ed i punti di debolezza l’uno dell’altro, per cui siamo ottimi compagni di viaggio. È una passione che ci accomuna da tempo ed è un’occasione per prenderci un po’ di tempo per noi, quando normalmente facciamo fatica per via dei mille impegni che ognuno ha.

Luigi: Come sempre una bella esperienza e un’occasione per passare un po’ di tempo insieme. Abbiamo già avuto modo di fare gare di questo tipo; quindi, ci conosciamo abbastanza bene da poterci gestire al meglio e “lavorare” nel modo giusto per raggiungere insieme l’obiettivo.

Chi hai portato con il pensiero, insieme te, all’arrivo?

Giovanni: Il pensiero va sempre alla famiglia che, direttamente o indirettamente, ha permesso tutto questo. Mia moglie (tra l’altro era il nostro quindicesimo anniversario di matrimonio e io ero a correre per i boschi), i miei bimbi e anche mamma e papà.

Lugi: in primis mia moglie e mio figlio che, se possono, sono sempre pronti a seguirmi sui campi di gara e con cui condividono la dura parte dei preparativi, la mamma, il papà, ma anche Mauro ed Elisa, una coppia di amici che, come sempre, anche stavolta mi hanno dato un grande supporto e che ringrazio.

 

 

 

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