Giornalista culturale, insegnante di italiano, interprete e redattrice per il cinema e la tv e anche scrittrice. Simona Morani, classe 1982, è originaria di Canossa ma vive a Monaco di Baviera, dove si è trasferita dodici anni fa. Dopo due libri per ragazzi, già divenuti un successo, presenta ora il suo ultimo romanzo "Il bosco di Bruno", in uscita il 22 settembre.
Hai esordito quasi per caso e ora scrivi per una casa editoriale nazionale: come ci sei riuscita?
Fin da piccola ho coltivato il desiderio di diventare scrittrice. Dopo avere scritto “Quasi arzilli” non avevo idea di come contattare un editore in modo efficace. Volevo confrontarmi con altri autori e autrici che condividessero la mia passione e così mi sono iscritta a un workshop letterario. Mi sono divertita tantissimo, ho imparato molte cose nuove e ho avuto la fortuna di incontrare la mia editor di Giunti che ha deciso di puntare su “Quasi arzilli”. Per questo consiglio a tutti gli aspiranti scrittori che non sanno come muoversi nel mondo editoriale di partecipare a workshop letterari o a scuole di scrittura creativa. Non è sempre detto che si trovi una casa editrice, ma senz’altro si torna a casa con nuovi spunti, idee più chiare e belle amicizie.
Perché hai deciso di scrivere per i ragazzi?
In realtà non ho deciso di scrivere per i ragazzi. Avevo una storia che mi si è accesa in testa e soprattutto nel cuore. Ho iniziato a scriverla pensando a un pubblico adulto, ma il punto di vista era quello di una ragazzina di dieci anni. E le cose che le accadevano erano tipiche della sua età, così come i suoi turbamenti e il suo percorso di crescita. È stato l’editore a farmi notare che poteva diventare una bellissima storia per ragazzi. È stata una sorpresa anche per me: mi sembrava un mondo completamente sconosciuto. Poi ho pensato che fosse una nuova avventura da prendere con curiosità ed entusiasmo. Infatti, mi sta regalando tantissime soddisfazioni, tanto che... ho subito scritto un secondo libro per ragazzi che si chiama “Il bosco di Bruno” e uscirà il 22 settembre!
“Cercando Ted” è una storia che attinge al tuo vissuto, quale valore ha per te averla scritta? Ted, metaforicamente, chi potrebbe essere?
L’inizio della storia, in effetti, è vero. Anzi, è stata proprio questa vicenda a inaugurare i miei primi scritti creativi alle scuole elementari. Prende ispirazione da un cane da caccia che avevamo in famiglia, un meraviglioso pointer inglese dall’aspetto statuario ma pessime inclinazioni venatorie. Era il mio cane preferito, all’epoca ero piccola e lui mi sembrava un gigante. Poi un giorno all’improvviso è scomparso, lasciandomi con mille interrogativi e un grande vuoto.
Quale messaggio consegni ai più piccoli?
La protagonista del libro, Laura, deve affrontare tanti ostacoli: la ricerca del suo amato Ted, il misterioso trasferimento del padre in un monolocale in città, nuovi compagni di scuola per nulla simpatici ma con cui deve fare per forza i conti. Un insegnamento importante che Laura si porta a casa è: anche se le cose non vanno come si vorrebbe e la vita a volte regala sorprese poco gradite, bisogna avere fiducia nelle proprie capacità e nell’aiuto delle persone che ci vogliono bene.
Hai presentato il libro in alcune scuole, tra cui quelle nel casinese, cosa ti hanno lasciato questi incontri?
È stato un incontro virtuale a causa del Covid. È stato commovente vedere tutti i bambini con le mascherine che mi rispondevano alzando i pollici. Erano molto attenti e partecipativi. Ognuno aveva storie di cani e gatti da condividere con la classe. Un’esperienza davvero bella. Un animale domestico è sempre un amico speciale, ma nell’infanzia ancora di più. Tra l’altro, è un tema che fa riaffiorare bei ricordi anche negli anziani. Per esempio, il mio studente tedesco Hugo, che ha 92 anni, dopo avere letto “Cercando Ted”, mi ha raccontato che anche lui, da bambino, aveva un cane da caccia a cui era molto affezionato: si chiamava Waldmann e andavano insieme tutte le mattine a scuola.
Cosa ti ha regalato lo scoprirti stimata a affermata scrittrice?
La strada è ancora lunga e in continua evoluzione. Ogni romanzo è un’esperienza unica che insegna moltissimo e in un qualche modo ti segna. È come quel famoso detto sui viaggi: Chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è partita. Anche con i libri è così: alla fine della stesura definitiva anche l’autore ha fatto un percorso evolutivo personale.
Che lavoro fai in Germania e dove vivi esattamente?
Abito a Monaco di Baviera da oltre dodici anni. Insegno italiano agli adulti stranieri e sono autrice, redattrice e interprete libera professionista.
Vivi e lavori in Germania, cosa è per te Canossa e, in generale, l’Appennino? Hai fatto la scelta di vivere all’estero: perché?
Canossa è un luogo che ho imparato ad apprezzare nel tempo. Dal punto di vista paesaggistico, ho sempre amato le colline e i panorami variegati dell’Appennino. Dal punto di vista culturale, mi sono sempre sentita stretta e il desiderio di libertà durante l’adolescenza e gli anni dell’università è stato molto forte. Poi ho iniziato a viaggiare, ho fatto esperienze di studio e lavoro in Gran Bretagna, Germania, Spagna, Stati Uniti e di nuovo in Germania. Adesso che sono più adulta, la vita di provincia continua a starmi stretta ma sono più consapevole di ciò che offre e, soprattutto, so che non devo per forza scegliere un unico luogo in cui vivere: oggi si può viaggiare, si può stare in contatto con persone da ogni parte del mondo. Anche in un piccolo paese, se si vuole, è possibile essere cosmopoliti.
C’è spazio, dal tuo punto di vista, per vivere in Appennino?
Lo spero. Ho sentito di diversi giovani che, dopo anni di studio e carriera in grandi città straniere, hanno deciso di tornare qui. Questi ragazzi hanno immagazzinato esperienze e valori internazionali, sono aperti, creativi, intraprendenti e portano a casa idee innovative, in genere improntate su un approccio più ecosostenibile di consumare e produrre. Questo non può che essere un arricchimento per il territorio. Noto in tutti un desiderio comune: rendere l’Appennino ancora più vivibile e accogliente.
Come è l’Appennino visto da là?
L’Appennino visto dalla Germania è un luogo d’immersione nella storia, nella natura, nel relax e nel buon cibo.
La tua prossima opera?
Il 22 settembre uscirà il secondo libro per ragazzi e anche questo, come “Cercando Ted” e il mio primo romanzo, “Quasi arzilli”, è ambientato nelle nostre zone. Questa volta però, la storia si svolge nel 1945, durante gli ultimi mesi della Resistenza e il protagonista è un bambino costretto a condividere il suo nascondiglio con un misterioso visitatore notturno... Per il contesto storico mi sono lasciata ispirare dagli episodi vissuti da mio nonno e dai racconti di altri partigiani che ho avuto il piacere di incontrare.
Il mio prossimo romanzo di narrativa invece è previsto per l’anno prossimo ed è una storia interculturale che dall’Appennino arriva fino in Germania... (ops, sembra autobiografico!) Per ritornare al discorso di prima, spero di parlare alla mia generazione, quella che dopo l’università è andata alla scoperta del mondo e ora s’interroga sulle proprie radici.
Ciao. Grande Simona! Complimenti di cuore. Un grazie anche a mamma.
Un abbraccio forte a tutte e due ❤️.
Caterina.
C G