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Un ricordo di Umberto Casoli, tratto dal suo libro “Nemici miei”

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Riceviamo da Dilva Attolini e pubblichiamo

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Quell’estate del ‘44

Un ricordo di Umberto Casoli, tratto dal suo libro “Nemici miei”

Gli angli-americani bombardano Castelnovo ne' Monti, anche se era convinzione comune che “Castelnovo non valesse una bomba”…

Da alcuni giorni girava la voce che Castelnovo sarebbe stato bombardato dagli aerei per colpire la caserma dei Carabinieri (palazzo Ducale) dove si erano ammassate truppe tedesche da impiegare in un prossimo grande rastrellamento nelle zone di Ligonchio, Villa Minozzo e Val d’Asta. Noi ne eravamo al corrente anche perché avvertiti dal sig. Raffaele del Pozzo (amico di famiglia e padre del partigiano Gianni). Mio padre, che aveva una tipografia, pensò di creare un rifugio in cantina utilizzando colli di carta da stampare che arrivava dai fornitori entro telai di legno ben regettati e certamente molto robusti. I colli avevano la forma di grandi mattoni di dimensioni 70x100x40cm. Messi di costa in numero sufficiente sopportavano pesi enormi e ciò ci convinse che potessero costituire l’ossatura del rifugio che fu coperto con lunghe assi, sulle quali vennero disposti altri strati di carta e cartone.

Intorno alle 6,00/6,30 del mattino si cominciò ad udire un insistente rumore di aerei che presto dimostrarono di non essere di passaggio. Dopo alcuni giri sulla Pietra e sul paese, la prima ondata di aerei, mi pare sei o sette, cominciò a bombardare. Noi, nel rifugio, non sapevamo cosa colpivano, ma ricordo che ad ogni esplosione il piano della cantina sembrava sollevarsi insieme alla polvere. Tutto finì in una mezz’ora che parve eterna. Quando gli scoppi cessarono e sparì il rombo degli aerei, uscimmo e ci rendemmo conto che l’obiettivo del bombardamento era stato Bagnolo. Con la curiosità dei ragazzi io e mia cugina Anna, accompagnati dallo zio Tonino Vinsani, andammo a vedere cosa era successo. Tra polvere, fumo ed odore di esplosivo, giungemmo fino al garage della SARSA…  senza notare alcun danno. All’improvviso udimmo la voce di Elda Zurli che gridava:” Stanno tornando!, stanno tornando!” Ci prese il panico e ci mettemmo a correre. Il mio primo pensiero fu di raggiungere Villa Rosa dove abitava la mia “tata” Beatrice e ripararmi da lei, ma mio zio mi prese e mi riportò a casa. Coprimmo la distanza in un battibaleno: non ricordo di essere mai più andato così forte in vita mia. Entrammo in casa e incontrammo genitori, nonni e zia Anita che stavano precipitandosi lungo le scale per fuggire nel prato dietro casa. Li seguimmo e ci nascondemmo sotto alcuni abeti in fondo al prato. La seconda ondata, altri sei o sette aerei, iniziò il proprio attacco. Ricominciarono gli scoppi delle bombe, il crepitio delle mitragliere ed io cominciai il mio rosario di maledizioni indirizzate a quei bastardi che ci bombardavano. Non riuscivo davvero ad immaginare che quell’azione potesse esserci utile: vedevo case saltare in aria, sentivo le bombe vicine e temevo solo per la vita mia e dei miei. Altri pensieri o riflessioni non mi attraversavano la mente: non avevo ancora 12 anni e sentivo solo voglia di vivere e paura di morire.

Come e quando Dio volle quell’inferno finì e noi risalimmo in casa. In pochi attimi i miei decisero di sfollare a Berzana, dallo zio Gustavo e dalla zia Teresa. Ci avviammo subito col minimo necessario ed attraversammo Bagnolo ancora immerso in una spettrale corte di polvere pregna di un acre odore di esplosivo. Una voragine in mezzo alla strada, un soldato tedesco dilaniato ed incollato ad un pilastro del cancello delle Scuole Medie, la casa di Aniceto Agostini mezza distrutta, Bagnolo di Sotto ridotto ad un cumulo di macerie irriconoscibili, la “Montadella” semidistrutta e buche di bombe un po’ dappertutto. Questa l’immagine che ho di quel momento e di quei posti dove la domenica prima ero passato con i miei genitori per andare a spasso, spensierato e felice per le caramelle “Topolino” che mio padre mi aveva comprato al caffè “Dalloli”.

In seguito, cioè nei giorni seguenti, ci rendemmo conto del disastro al quale eravamo scampati: Villa Rosa era stata colpita gravemente, l’ospedale pure, delle case Bagnoli e Rabotti e della trattoria Farinelli non c’era più traccia ma, soprattutto, il bombardamento aveva ucciso quattordici civili e ne aveva ferito una quarantina, lasciando intatto l’obiettivo principale: quel Palazzo Ducale che il giorno prima del bombardamento venne abbandonato dalle truppe tedesche. Forse anche loro, come noi, sapevano ed avevano cercato scampo altrove.

Noi, invece, per non insospettire i tedeschi, eravamo rimasti confidando in un rifugio di carta e… un po’ di fortuna.

                                                                                                                    Dott. Umberto Casoli

 

Il brano di Umberto Casoli è tratto da “Nemici miei”, una sua pubblicazione che racconta l’esperienza di consigliere comunale negli anni 2004/2009.  Nell’ultima parte del libro, nel capitolo –Storie varie-  l’autore aggiunge alcuni ricordi tra cui questo sul bombardamento del paese di Castelnovo né Monti.

CHIEDO SCUSA PER RICORDARVI UN MOMENTO DOLOROSO. LO FACCIO PER RICORDARE A TUTTI UN SIMILE DOLORE, LEGATO A CIO’ CHE STA ACCADENDO IN AFGHANISTAN. PERCHE’ IL MIO PENSIERO CORRE ALLE DONNE AFGHANE CHE RIPIOMBERANNO NELLA LORO ANTICA TRAGEDIA,  NELLA TOTALE INDIFFERENZA GENERALE E NEL SILENZIO DI TROPPI MUSSULMANI.

                                                                                                                                                                         Dilva Attolini 

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