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“Così salvai l’acero davanti all’Eremo di Bismantova”

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La soluzione adottata per consentire all'acero di tornare a vedere piovere sulle radici

C’è una pianta monumentale che, senza l’intervento di una persona di 50 anni fa, non sarebbe tale. Stiamo parlando del maestoso acero visto ogni anno da migliaia di persone in quanto nato, cresciuto e ‘inglobato’ dal sagrato dell’Eremo di Bismantova. Come noto, la pianta nasce a un livello di 3 metri inferiori al sagrato.

Probabilmente è uno degli alberi “più ammirati” e fotografati (assieme all’eremo) del Reggiano. Gli ultimi lavori per la nascita del Centro Laudato Si’ hanno tutelato la pianta, consentendo alla pioggia di cadere sulle sue radici. Cinque decadi addietro, invece, venne inglobata nell’allargamento del sagrato progettato sul finire degli anni Sessanta, così come aveva ricordato l’architetto del Centro Laudato Si’ Maria Cristina Costa: “Per accedere alla sala multimediale del Centro Laudato Si’ si transita da uno spazio particolare che esalta il grande acero prospiciente l’eremo. Questa pianta monumentale negli anni Sessanta venne purtroppo inglobata, a metà tronco, nel cemento armato del sagrato al livello superiore, soffrendone molto. Con il nostro intervento la pianta è ora libera, può di nuovo piovere sulle sue radici, e una elegante teca di corten e cristallo realizzata da un ottimo artigiano la preserva ora alla base”.

Su Redacon, Giovanni Annigoni commentò così le parole dell’architetto Costa: “mi dichiaro colpevole per quel inglobamento ‘a metà tronco’, compromesso raggiunto …quasi bestemmiando … con i Benedettini che, quella pianta, volevano tagliare. Ringrazio Lei e il Suo team per l’ultima soluzione adottata”.

Contattato da noi ha ricordato i fatti.

Così Maestoso appare l'acero davanti all'Eremo di Bismantova

“Frequentavo lo studio dell’ingegner Rubini. Era la fine degli Anni Sessanta e a lui fu affidato il calcolo del cemento armato dell’allargamento del sagrato commissionato dal priore dei Benedettini. Non ricordo se vennero fatti dei pali di fondazione, ma sicuramente uno sbancamento fu fatto per fare un auditorium che era quanto i benedettini già avevano richiesto”.

Però c’era un acero.

“Esatto e l’ acero purtroppo fu inglobato dalla nuova pavimentazione del sagrato. A dire del vero, i frati lo volevano tagliare perché, tenerlo, avrebbe significato sacrificare una parte di auditorium sottostante”.

Lei invece la vide diversamente.

“Non appartengo ad alcuna associazione ambientalista, ho solo un’anima contadina e per questo mi sono preso a carico quell' acero che, all’epoca, era una piccola pianta con un diametro limitato, ma che era in simbiosi con la spiritualità del luogo, come lo è ancora oggi”.

Cosa fece?

Così (sofferente) si presentava l'acero nel 2013, con il tronco strozzato a metà altezza dal cemento armato del sagrato

“Ne parlai con l’ingegnere che accolse la domanda di preservarla! E i frati a loro volta accolsero la decisione”.

Crescendo la pianta si ritrovò assai stretta nell’anello che la stringeva verso il cielo. Sino alla soluzione dei giorni nostri.

“L’acero all’interno del Centro laudato si’ – commenta Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale dell’Appennino – racconta proprio dell’incontro tra natura e spiritualità che - in fondo - è il genius loci... il senso naturale del luogo da sempre. È un valore che i nuovi turismi in crescita a Bismantova rischiavano e rischiano ancora di annebbiare e che invece andrà sempre rilanciato. Questa - per lo meno - è la visione del Parco nazionale”.