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Don Paul Poku ci fa riflettere su come la parola di Dio incida sulla nostra vita

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don Paul Poku

La prima lettura di questa domenica ha come protagonista il profeta Amos, allontanato dal santuario del re dopo aver fatto una profezia sgradita al sovrano. La vicenda porta Amos a ricordare che egli è stato scelto da Dio stesso per essere portavoce dei suoi messaggi. Egli quindi non ha il diritto di annunciare il suo pensiero personale, né ciò che può compiacere i potenti, ma solamente la parola di colui che l’ha chiamato, ovvero Dio stesso.
La seconda lettura consiste in un inno di lode in cui Paolo riassume tutto il progetto di salvezza di Dio, arrivato al suo compimento in Gesù. Si tratta di un brano trinitario, in cui l’apostolo illustra come il Padre abbia scelto il Figlio per poter riversare grazia nei credenti tramite il dono del sigillo dello Spirito Santo: essere cristiani è un cammino che fa parte del progetto di Dio.
Nel brano del vangelo viene descritto il momento in cui «Gesù chiamò a sé i Dodici» (creando un parallelo col profeta Amos della prima lettura) e, dati loro la sua forza e i suoi insegnamenti, li inviò a diffondere la sua buona notizia. È interessante notare che «prese a mandarli a due a due», sottolineando così la dimensione ecclesiale dell’annuncio: i discepoli infatti non dovevano proclamare le proprie idee personali, ma il messaggio che avevano ricevuto e per il quale erano membri di una stessa comunità evangelizzatrice. Inoltre Gesù donò loro «potere sugli spiriti impuri» (l’unico potere dato dal Signore ai discepoli): questo potere non rese i discepoli degli esorcisti, ma li fece capaci di liberare l’uomo dalla negatività (l'invidia, la cattiveria, la bramosia, ecc.) che impedisce di essere immagine di Dio e di trovare la propria salvezza. Prima di partire «ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone», simbolo biblico del potere divino per liberare l’uomo dal male (come accadde a Mosè). Infatti non permise loro di prendere con sé «né pane», poiché non dovevano accumulare ricchezze per paura del futuro, ma dovevano affidarsi alla provvidenza di Dio; «né sacca, né denaro nella cintura», per non dare l’impressione di voler mettere da parte denaro come facevano i farisei. Potevano «calzare sandali», data la lunghezza del viaggio, ma «non portare due tuniche», come ulteriore segno di povertà e di essenzialità.
Sul piano pratico, Gesù diede agli apostoli queste indicazioni: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì». Questo comando voleva spronarli a stabilirsi nell’abitazione che la provvidenza avrebbe assegnato loro, evitando di mettersi a cercare la casa migliore di quello specifico villaggio. Tuttavia l’accoglienza non sarebbe stata sempre scontata: «Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Il gesto di scuotere la polvere era compiuto dagli Ebrei che rientravano in Terrasanta dai territori pagani o che tornavano a casa dal pellegrinaggio a Gerusalemme; Gesù lo ripropose ai discepoli, ma non come gesto di maledizione verso chi li avrebbe respinti, bensì come gesto di testimonianza del passaggio della parola di Dio in quella casa.
L’annuncio dei discepoli risultò fecondo: «proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano». Questo versetto finale ci mostra come la parola di Dio abbia la capacità d’incidere sulla nostra vita, eliminando la negatività dal cuore dell’uomo e lenendone le sofferenze; grazie all’accoglienza dell’annuncio del Vangelo l’uomo diviene una nuova creatura, guarita nel corpo e nello spirito. Mettiamoci anche noi all’ascolto della parola di Gesù per essere da essa rinnovati e per poterla testimoniare con la stessa efficacia.
Buona domenica