Andiamo pure indietro nel tempo, questa volta vi voglio raccontare di circa ottant’anni fa. In una casupola sotto la Pietra, non lontano dal cimitero, abitava una famiglia composta da papà, mamma e cinque bambini “ragasèt” più o meno grandicelli. Il papà in autunno quando cominciavano a cadere le foglie, era sempre in giro per lavoro andava a cercare alberi di noce o ciliegio da comprare “in piedi” che costavano meno. Poi coi ragazzi più grandi andava a tagliarli e infine dopo molta lavorazione ne ricavavano assi. Lui come mestiere faceva il falegname, dapprima costruiva mobili, ma poi con l’evento della guerra ha cominciato con le casse funebri, purtroppo c’era molta più richiesta di queste. Lui cercava di trasmettere questo mestiere e questa sua passione ai figli, ma con scarso rendimento.
Loro preferivano seguire la mamma che lavorava con passione la terra, lei fisicamente era molto forte, era capace di partire la mattina presto col suo seguito e la più piccola “cavaciosa”, arrivare fino in Pietra Bassa e vangare o zappare aiutata dai figli più grandi, fino a sera nella proprietà di (Adelaide la cieca) poi viseminava le patate, quella terra nera e fine come la sabbia, ne produceva tantissime e molto buone che alla fine venivano divise in due parti uguali fra la padrona di questa terra e chi la coltivava. Era detto “lavur a mezz” cioè lavoro a metà.
Certamente avrete già capito che sto parlando della mia famiglia e ricordo che fu in quel periodo che un mio fratello grande insegnava a noi piccoli i numeri romani su un orologio a cipolla che la mamma si portava dietro. Durante il periodo autunnale tutte le sere ci radunavamo accanto alla stufa vicino alla mamma, che prima di andare a letto o ci raccontava una favola o ci leggeva un capitolo di qualche libro importante, per esempio I Promessi sposi e dopo i più grandi commentavano l’operato di don Abbondio, o i Miserabili e qui colpiva la storia di Cosetta, oppure ci leggeva il Vecchio Testamento, ho ancora vivo il ricordo di Mosè che fermava le acque e delle piaghe d’Egitto, era un libro grande a forma di album, ma molto corposo e con tante illustrazioni in bianco e nero, a me piaceva molto (vedere le figure).
La mamma persona intelligente e sensibile cresciuta in una famiglia di ceto medio con un padre che aveva studiato nel Seminario di Marola e che in quei tempi aveva fatto frequentare ai suoi figli, tutto il ciclo di scuole che allora esistevano a Castelnovo. Le femmine avevano frequentato l’educandato tenuto dalle suore di Don Bosco, dove avevano imparato anche a cucire e ricamare. Ricordatevi che allora la scuola non era obbligatoria come lo è adesso.
Stamattina mi si è aperto uno dei famosi cassettini che ognuno di noi ha nella propria memoria. Io ero molto piccola forse avevo tre o quattro anni e forse si avvicinava il Natale, durante questi racconti della mamma spesso mi addormentavo in braccio a qualcuno, allora lei prima di cominciare, mi prendeva in braccio mi teneva le manine giunte fra le sue e diceva.
“Adesa i dsema al “ben” préma che te t’adörme”
Traduco. Adesso diciamo la preghierina prima che ti addormenti e cominciava:
Gesù bambino
Stammi vicino
Stendi la mano
Fa che io sia sano
Proteggi sempre babbo e mammina
Veglia dal cielo la mia casina
Fa che io sia docile
Ubbidiente e buono
Dei miei capricci
Ti chiedo perdono
Recito sempre mattino e sera
La mia preghiera Bambin Gesù.
Dopo ottant’anni la ricordo ancora benissimo, vi prego insegnatela ai vostri bambini, non disperdiamo nel nulla queste vecchie preghiere, queste belle parole, queste belle abitudini dei nostri vecchi, che ci insegnavano a pregare fin da piccoli. Una gran bel insegnamento che ti servirà nella vita nei momenti di gioia, ma soprattutto in quelli del dolore che purtroppo non risparmia nessuno e rifugiarsi nella preghiera aiuterà molto.
Elda Zannini
Grazie per questi ricordi e per la preghiera; sono d’accordissimo nel cercare di tramandare questi bei ricordi. Brava Luigi M
Parole sante !
Complimenti
Ivano Pioppi