Immaginate la sorpresa dei reggiani quando, diversi anni fa, hanno visitato per la prima volta la città tedesca di Pforzheim che si accingeva a gemellarsi col capoluogo: hanno scoperto che il fiume che attraversa quella città e poi prosegue in direzione della valle del Reno aveva un nome per loro ben familiare, Enz. Enz come Enza, la radice del nome deve essere per forza la stessa.
Una coincidenza che ci rimanda alla notte dei tempi quando popolazioni oggi scomparse frequentavano con le loro migrazioni le terre che poi sono diventate culla di nazioni diverse e ci hanno lasciato in eredità il mistero degli antichi nomi. E non si tratta di un caso unico per il corso dell’Enza. Esiste una località nel comune di Ventasso che si affaccia sul fiume e si chiama Temporia. In questo caso l’etimologia è trasparente, ed è indubitabilmente greca: ta emporia, cioè “i mercati”. I Greci a fare mercato sull’Enza? Quando mai?
In questo caso è più facile fare delle ipotesi che ci rimandano al periodo delle guerre tra i bizantini, che parlavano greco, e i goti, di stirpe germanica, che proprio da queste parti si dividevano un confine ostile. Siamo intorno al sesto secolo dopo Cristo. Ma forse neanche tanto ostile quel confine doveva essere se avevano trovato un luogo dove scambiarsi manufatti e vivande in un clima di tregua, magari provvisoria. E quel luogo di una precaria pace posto sul confine di un fiume era stato chiamato, appunto, il posto dei mercati. Immaginiamo che i greci vi portassero formaggio pecorino e carne di pecora che tanto piaceva a loro (ci hanno lasciato a Carpineti la tradizione delle barzigole e del “violino”, le bistecche e il prosciutto di pecora) mentre i germani avranno esibito piuttosto insaccati e carne di maiale. Qualche veste orientale per le signore benestanti, qualche cestino intessuto dai locali (tradizione che è rimasta fino ad oggi), attrezzi agricoli forgiati, probabilmente buoni cavalli erano quello che si poteva comprare in quel mercato.
E per i cavalli la valle dell’Enza doveva essere famosa, non tanto per le cavalcature (comunque il robusto cavallo del Ventasso è una razza che ancora si seleziona) quanto per i nobiluomini che le cavalcavano. Valle dei Cavalieri era
appunto il nome con cui la vallata dell’Enza è stata conosciuta per secoli. Questi cavalieri erano i piccoli nobili del posto che, gelosi dei loro privilegi di signorotti di un territorio importante per le strade di transito che la attraversavano dalla pianura padana verso Roma, imponevano pedaggi e riscuotevano percentuali sui commerci e sui lavori agricoli offrendo, al bisogno, la loro spada a feudatari più importanti come, per esempio, la grande contessa Matilde che proprio qui, a Canossa, aveva posto il cuore fortificato del suo grandissimo feudo che si estendeva dalla Lombardia alla Toscana.
Un reggiano, Prospero Fantuzzi, ci ha lasciato il diario manoscritto di una visita in Val d’Enza nel 1828 dove ci racconta che vi ha fatto una “buona pescagione”. Ora, pur con tutta la tecnica e gli strumenti di cui dispongono oggi i pescatori è più facile “fare una bianca” che riempire il cestino, ma tant’è. Anche i pesci sono cambiati, alcuni si sono fatti radi o sono scomparsi come la sanguinerola o il barbo canino, altri come le cheppie e gli “streggi” sono impediti nella risalita dai manufatti disseminati nel corso basso e medio del fiume. Il quale fiume dalle parti di Cerezzola, poco a monte di Ciano, viene incanalato in un percorso artificiale che porta acqua in pianura e si può dire che fin dall’inizio dell’estate il fiume finisce in secca. Ma è proprio in estate che le rive dell’Enza godono di una nutritissima presenza di bagnanti, specie alla domenica. L’acqua, pur poca, si mantiene passabilmente pulita e l’ambiente è gradevole in questa “spiaggia dei reggiani”.
Pochi fiumi nostrani conservano questo speciale rapporto d’amore e di frequentazione con i cittadini. Non certo il “fratello” Secchia, assai più maltrattato dagli uomini. Questo non significa che l’Enza sia un fiumiciattolo bonario e trascurabile. Ha le sue piene periodiche che fanno assai paura.
Queste sarebbero contenute se a Vetto fosse costruita la famosa diga che accende tante discussioni. Ma i pareri contrari sono altrettanto autorevoli e meditati di quanti la caldeggiano. Vogliamo infilarci in questa polemica? Ma no.
(Prossimamente la storia del fiume Secchia)
Grazie a Redacon si scoprono queste stranezze, mai avrei immaginato che in Germania ci fosse un torrente chiamato Enz, il mondo è veramente piccolo. Non so se la storia dell’Enz è travagliata come quella dell’Enza, torrente che nasce in Toscana, forma il lago Paduli in Toscana al Lagastrello e dopo pochi chilometri entra in Emilia, e grazie al lago Paduli e al Ballano fornisce l’acqua a quattro centrali idroelettriche, Rigoso, Rimagna, Isola e Selvanizza, centrali idroelettriche che producono oltre 70 milioni di kWh annui di energia pulita, laghi e centrali che hanno portato lavoro e ricchezza alle terre alte dell’Enza. ora la diga di Vetto, come da progetto Marcello, raddoppierebbe la produzione di energia elettrica pulita, oltre a dare sviluppo turistico alla montagna, darebbe ottima acqua ai rubinetti dei Comuni di Parma e Reggio e all’agricoltura di queste Province, oltre ad eliminare qualsiasi danno da esondazione, ma le carenze politiche di oggi di fronte ai cambiamenti climatici le vediamo ogni giorno; a mio avviso dell’energia pulita, dell’agricoltura, dei danni da esondazione e del futuro dei nostri paesi montani, non importa nulla a nessuno, visto che la politica non fa nulla per la ripresa dei lavori, sospesi il 16 agosto 1989.
Dopo un autunno, inverno e primavera con piogge continue e nevi abbondanti, ora ci troviamo con la siccità, e gli agricoltori, proprio ora che ne hanno bisogno, sono senza acqua per irrigare, e l’Enza è simile a un ruscello, dove sono quelli che si oppongono alla diga di vetto, quelli che dicono di risparmiare le acque senza dire che per risparmiarle servono gli invasi, quelli che si definiscono ambientalisti e che presto vedranno morire ogni forma di vita sul greto dell’Enza. L’Enza sarebbe una ricchezza se può darci le acque quando servono e non per le esondazioni