Preoccupa, e non poco, la migrazione dei lupi in pianura e nell’appennino: non solo attaccano allevamenti e stalle ma iniziano ad avvicinarsi ai centri abitati.
Sono infatti aumentate in modo considerevole, negli ultimi tempi, le segnalazioni di cittadini e agricoltori per avvistamenti anche in prossimità di centri abitati.
La Regione mette a disposizione degli agricoltori adeguati strumenti economici (bandi pubblici con fondi di bilancio e bandi con fondi del Programma di sviluppo rurale) che finanziano il 100% degli interventi realizzati per sostenere l’acquisto di dotazioni anti-predazione e l’aiuto di un tecnico specializzato per la valutazione delle soluzioni più adatte alla propria realtà aziendale. A supporto delle aziende agricole inoltre è attivo il numero 051 6375090, da contattare anche per segnalare la presenza di lupi o di situazioni che meritano attenzione, e l’indirizzo e-mail [email protected]
Misure però che, senza la cornice di un piano nazionale, non bastano.
“Ho scritto di nuovo ai ministri Patuanelli e Cingolani- afferma l’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi- per riportare la preoccupazione che emerge sia per quanto riguarda il patrimonio zootecnico sia per la comparsa di lupi vicino ai paesi, con casi che destano molta apprensione. La Regione è intenzionata a proseguire nella ricerca di una soluzione che diventa sempre più urgente, dal momento che il lupo, specie protetta, ha superato il limite geografico della Via Emilia ormai da molti anni e ha di fatto ricolonizzato le aree di pianura di tutte le province”.
Sono diversi gli aspetti legati a questo problema, spiega Mammi nella sua lettera, prima di tutto gli attacchi al patrimonio zootecnico e le loro conseguenze; poi l’analisi della popolazione dei lupi – dalle cause di mortalità alla gestione degli esemplari feriti - e la questione dei cosiddetti lupi ‘confidenti’, che si avvicinano sempre più ai centri abitati e mettono in pericolo animali e persone. Per questo sono indispensabili protocolli operativi per intervenire sulle situazioni effettive e anche sul livello percepito di problematicità. E a questo va necessariamente affiancata una attività di formazione adeguata del personale per garantire gli interventi e l’operatività sul territorio.
“Viste le importanti interazioni di questo progetto con il ‘Piano nazionale di conservazione del lupo’ non ancora approvato, riteniamo fondamentale avviare un confronto con i ministeri per condividere le finalità e le metodologie del nostro programma di lavoro e valutare la possibilità di contribuire con questa esperienza, intesa come progetto pilota, alla definizione di procedure operative esportabili a livello nazionale".
Essendo un montanaro e non piú giovanissimo, grande conoscitore dei nostri boschi e territori, ritengo che il problema grave per la nostra zootecnia sia l’esplosione demografica dei cinghiali che devastano i raccolti e inquinano il foraggio di polveri con il loro continuo grufolare, foraggio che poi serve per produrre il blasonato Parmigiano Reggiano di montagna, non da meno il danno causato da caprioli e affini al patrimonio boschivo con il loro continuo brucare dei ricacci del bosco tagliato, il lupo svolge solamente il proprio ruolo all’interno della catena alimentare per un controllo equilibrato della specie. Gli unici pericoli che personalmente ho riscontrato inoltrandomi nel bosco sono stati le cinghiale con i piccoli (pericolosissimi) ed evidenzierei i cani da guardiania molto rischiosi che vengono lasciati incustoditi a badare gli animali al pascolo, sorprendendo i malcapitati escursionisti che si trovano a transitare assieme ai propri animali domestici (pericolo maggiore). Spesso e volentieri infatti questi cani vengono dati a titolo gratuito agli allevatori per sostenerli economicamente nella lotta ai predatori, beffando il camminatore contribuente. Perció lasciamo fare al lupo quello che fa da millenni.
Il lupo diventerà un problema, ma attualmente il vero pericolo e rappresentato dai cani di razza MAREMMANA in crescita esponenziale. In tutta la montagna lasciati liberi di gironzolare nei boschi e non sotto stretto controllo come la legge prevede. Se non si interviene rapidamente con misure di controllo il rischio per ciclisti, escursionisti e di evidente attualità.
È verissimo, anch’io che mi reco molte volte in montagna,
mi sono imbattuto, in questi esemplari di cani lasciati liberi.
Mi ricordo che da ragazzo, feci il pastore nelle montagne
del Cuneese, si avevamo anche noi i cani, ma c’era anche
qualcuno di noi, a badare agli animali, al pascolo.
E’ sicuramente importante che la Regione intercetti la “preoccupazione che emerge sia per quanto riguarda il patrimonio zootecnico sia per la comparsa di lupi vicino ai paesi, con casi che destano molta apprensione”, e se ne faccia interprete e portavoce presso il Ministero, ma visto che si tratta di questione abbastanza datata – ossia non di oggi, come confermato anche da quanto si è letto su Redacon durante questi anni – mi sarei francamente aspettato qualcosa in più, ovvero una qualche proposta operativa, frutto dell’esperienza via via acquisita sul territorio regionale, quale contributo al Piano nazionale in via di definizione (proposta che qui non mi par di vedere, a meno che sia stata tralasciata per ragioni di spazio).
Mi auguro in ogni caso che, d’ora in avanti, chi dovesse esprimere “apprensione” riguardo all’avvistamento di lupi in prossimità degli abitati, non venga più “redarguito”, come successo più di una volta in passato, da parte di chi ha sistematicamente respinto l’idea che possa provarsi un tale “stato d’animo” nei confronti del Lupo, e quanto al “lasciamo fare al lupo quello che fa da millenni”, a me pare che nei secoli andati il rapporto tra le due specie fosse ben diverso dalla impostazione attuale, posto che il lupo è sempre stato predatore ma l’uomo lo ha sempre avversato, e se oggigiorno il “contesto” è cambiato vanno messe a punto le modalità di convivenza (una tematica che non era all’ordine del giorno in detti secoli).
Andrebbe altresì ricordato che il ricorso ai cani maremmani era stato concepito, e visto, se ben ricordo, come un elemento affatto secondario del menzionato sistema di “convivenza”, cui tendere e puntare, né andrebbe dimenticato che l’odierna pastorizia si svolge talora in maniera un po’ diversa dal passato, per un insieme di intuibili ragioni, il che è forse la condizione per poterla conservare, o non vederla scomparire, almeno in talune zone, se la sua presenza o sopravvivenza è ancora considerata importante per la nostra montagna (non mi risulta peraltro che vi siano segnalazioni di cani maremmani gironzolanti in gruppo nei nostri boschi, ma qui mi fermo perché potrebbe esservi qualcuno, o Ente, che ha comprovate notizie diverse dalle mie).
P.B. 16.06.2021