Si io questo “Covid” lo paragono a una guerra silenziosa, meschina, subdola che colpisce le persone senza alcun preavviso.
Io ne ho vista e subita un’altra di guerra, ma quella faceva rumore, alle volte rumore assordante come l’arrivo dei “caccia” che spuntavano all’improvviso da dietro la Pietra e con le loro mitraglie cominciavano a fare tavola rasa lungo le vie della campagna solo che vedessero luccicare qualcosa e quel qualcosa non era altro che l’aratro di un povero contadino che cercava di seminare il campo per poter sfamare la famiglia.
Oppure il rumore assordante delle bombe che colpivano un ospedale aggiungendo dolore al dolore, o gli spari delle varie scaramucce fra partigiani e tedeschi o l’uccisione di gente innocente dentro al cimitero.
Tutto ciò faceva rumore, anche lo scalpitare di un cavallo che portava sui monti qualche capo, faceva rumore e tu ti ritiravi dalla finestra con la paura che lo scoprissero e succedesse qualcosa.
Ora no, il nostro “Covid” gira indisturbato per la strada, per le piazze, vicino alle panchine del parco e non si fa sentire, ma poi ti passa vicino si inserisce nelle tue narici o nella bocca e scende giù a bloccare i tuoi polmoni.
Brutta bestia, brutta guerra silenziosa che sta facendo milioni di vittime, ancora non ha finito e noi siamo obbligati ad aprire, perché restando fermi per più di un anno lo stato sta andando in malora.
La miseria comincia a farsi sentire è raddoppiato il numero di persone che si recano a mangiare nelle mense dei poveri e chiedono aiuto alla Caritas o a altre associazioni e ONG per mettere il pane in tavola per se e per la famiglia e questi non sono gli emigranti di Lampedusa, ma sono i nostri conterranei, persone dignitose specialmente mamme disoccupate coi loro figli, queste famiglie monogenitoriali sono quelle più a rischio e devono subire questa umiliazione. Maledetta guerra silenziosa!
Adesso aspettiamo con ansia che arrivino sti benedetti fondi europei “Recovery Fund”, ma non pesate che siano così veloci come lo richiederebbe la nostra necessità per questo si è mossa anche Emergency, perché anche per il nostro paese per alcune fasce della popolazione sembra diventato un teatro di guerra come in quelli dove tradizionalmente opera questa associazione.
Vi voglio parlare degli aiuti che abbiamo avuto nel dopoguerra dagli Stati Uniti dal famoso “Piano Marshall” dal nome del suo ideatore il segretario degli S.U. George Marshall, ma noto anche come E R P (European Recovery Program) che prevedeva la fornitura a titolo gratuito di ingenti quantità di grano e altri prodotti come di macchinari, per sfamare la popolazione europea e permettere la ripresa.
Durante la seconda guerra mondiale erano morti circa 400 mila italiani e a guerra conclusa nel 1945, il settore economico e produttivo se ne era andato a ramengo anche allora. Strade, ferrovie, ponti distrutti, aumento della disoccupazione e salari ridotti.
Per gli Stati Uniti era fondamentale rafforzare i legami con l’Europa e contenere nel vecchio continente l’avanzare del comunismo così il 5 maggio 1947, fu realizzato il Piano Marshall, questo però avveniva dopo due anni dalla fine del nostro conflitto. 17 miliardi di dollari (e non sono noccioline) servirono per fare rifiorire l’Italia che creò assieme a altre nazioni la società del consumo e del benessere copiando il modello statunitense, un forte segno anche a livello culturale.
Prima di questo però esisteva già l’UNRRA (United Nations Relief and Rheabilitation Administration) era un’organizzazione promossa il 9 novembre del ’43 (se non sbaglio, in Italia c’era ancora Badoglio) anche questa organizzazione apparteneva alle N.U. per il soccorso alimentare e sanitario specialmente dei bambini e la ricostruzione dei paesi più colpiti dalle rovine della seconda guerra mondiale.
L’Italia viene ammessa nel 1946 (come vedete sempre tardi) però meglio che niente. In particolare da noi venne istituita “l’UNRRA TESSILE” a cui spettava la distribuzione di pacchi con tessuti e lane, la famosa (lana di cipria) così era chiamata questa bella lana morbida e dai colori splendenti, anch’io ho portato due maglioncini morbidi confezionati con quella lana e mi piacevano tanto poi dei barattoli di latte condensato (latte in polvere) che aveva uno strano sapore, sapete noi eravamo abituati al latte di capra, ma in quel periodo lì non ne aveva, aspettava i piccoli: La mamma e io l’avevamo portata (sempre a piedi) fino a Cà di Scatola da Bertei che ne aveva cinque o sei fra queste anche il “Becco” che fu felice di accoppiarsi con la mia Zerbina e dovetti rassegnarmi a lasciarla lì per una settimana. Tornò a casa felice perché aspettava i piccoli.
Scusate il mio divagare.
Poi l’UNRRA CASAS, invece ricostruiva case per i senzatetto.
In quel periodo noi bambini andavamo a mangiare alla mensa dell’UNRRA che si teneva per tutti i bambini bisognosi nel teatrino delle suore. Uscivamo da scuola ed arrivavamo fino lì per mangiare nella scodella di alluminio una mestolata di pastasciutta cucinata dalla Benilde e da suor Albina che facevano trovare vicino alla scodella anche un panino.
Poi una volta la settimana davano mezza tazza di budino, una sciccheria per sti poveri bambini denutriti.
L’unico non denutrito era mio fratello Nilo, a lui ne davano sempre un po’ di più degli altri e io me ne accorgevo, lui era il chierichetto preferito delle suore. Una volta suor Albina lo aveva chiamato in cucina per mescolare il budino nel pentolone e lui mi raccontava che mentre mescolava non faceva altro che assaggiarlo col pericolo di bruciarsi la lingua, ma era più forte di lui, poi mangiò anche la sua porzione abbondante e appena uscito dalla mensa dovette infilarsi di corsa nei bagni pubblici tenuti dall’Ester proprio lì davanti e prima di arrivare a casa si fermò altre due o tre volte dietro a dei cespugli e io ridevo soddisfatta. La sua golosità era stata punita.
Elda Zannini
Purtroppo sono tempi difficili anche se non paragonabili alla seconda guerra mondiale e quello che ha vissuto la sua generazione.
Allora si temeva per la vita e la libertà propria e dei propri cari.
Ora alla maggior parte delle persone interessa soltanto sapere quando si può andare in vacanza, al ristorante , in discoteca e a fare shopping.
Fra questi senz’altro non ci saranno le 600.000 persone che hanno perso il posto di lavoro per colpa della pandemia, poi i cretini sono sempre esistiti. Elda