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Egregio Direttore,
oggi ho guardato il documentario diffuso da Rai5 , riguardante il nostro Appennino Reggiano. Se ne fa un gran parlare.
Ho notato che, pur non trattandosi di un “ corto “ anzi tutt’altro, non viene neppure menzionato il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Qualcuno sa dirmi come mai ?
Anche recentemente il suo presidente ne celebrava il compleanno e le gesta, ma se uno guarda il documentario, credo che una qualche domanda su questa “omissione" sia costretto a porsela.
La troupe, ha parcheggiato in diverse realtà locali della nostra montagna, da Busana a Ligonchio, da Felina a Cerreto alpi e così via.
Ma del Parco, come ripeto non si fa menzione.
Una realtà che credo non venga percepita da molti Montanari e qualcuno dovrebbe interrogarsi al riguardo.
Come mai ?
A che serve allora discutere (solo per fare un esempio!) di mega cartelli autostradali se poi chi arriva qui….
E le meraviglie della Biosphere Reserve Mab Unesco... ?
Per quelli di Rai 5 , ininfluenti ?
Non pervenute ?
Ma cribbio, non li hanno visti cartelli in autostrada ?
Ma che strada hanno percorso per arrivare qui ?
Cordialità.
(Umberto Gianferrari)
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Giunge alla redazione l'intervento in replica di Giovanni Teneggi che pubblichiamo di seguito.
Buongiorno Umberto, ho pensato a lungo se risponderti qui oppure in privato. Le conversazioni pubbliche di questo tono e tenore, su terreni che, chi è interessato a farlo, rende velocemente scivolosi e infiniti mi sembrano di scarsa utilità se non per quegli stessi interessati. Penso però che due parole si possano dire "a stretto giro" e me ne sento in dovere essendo stato parte insieme ad altri di un dialogo con la brava autrice del film a titolo del tutto personale e amichevole.
1. Se segui RAI5 e il lavoro di alcuni suoi autori saprai che non sono avvezzi a spot e vetrine istituzionali ma a racconti biografici e personali (così è stato).
2. Quando vediamo vetrine e spot (quante ne abbiamo viste negli ultimi 6 anni… penso che Appennino reggiano con Parco e Mab siano i più citati e visti da tutti i format più griffati e con audience ben superiori…. ne sentiamo la mancanza per farne format culturale esclusivo e omologante anche per altre reti? Io no. Abbiamo ringraziato il Parco per questa visibilità in quelle occasioni? Io sì.
3. Di fronte a un prodotto mediatico commerciale (tanti troppi) è giusto posizionare prodotti e insegne e chiederne conto (facciamolo, tanto più se impegnano denari nostri). Di fronte a un prodotto cinematografico e artistico sarebbe meglio occuparsi della bellezza e dell’espressività e benedirne la bellezza. A me è piaciuto e lo bene - dico per chi lo ha realizzato, per chi lo ha partecipato e per chi ha cresciuto questo territorio, parco compreso, fino a qui.
4. Se proprio volessimo valutare la redemption commerciale e istituzionale di questa opera in termini di marketing sarebbe facile rilevare (sono sicuro che sei d’accordo) che è molto più efficace questa opera bella ad attrarre qui che non uno spot commerciale, almeno per coloro che io vorrei attrarre qui. Ma sono opinioni.
5. Se accadono cose belle e a questo livello senza che il Parco o la politica debba pagare o metterci cappello o chiedere visibilità io non me ne lamento. Io ringrazio per l’intelligenza per chi (Parco, Mab e Comuni) produce e consente il protagonismo del territorio invece che del loro. Ciò che di più bello accade da noi è pieno di una cultura, di una visibilità, di una capacità che il Parco ha partecipato e co-costruito e se si può esporre senza citarlo è il segno più grande e bello di un’opera che matura nel verso giusto.
6. Io non mi lamenterò mai dei fatti dei quali sono protagonisti direttamente gli abitanti del territorio e della sua storia e qui è avvenuto in modo così bello e semplice che dire altro mi sembra davvero inopportuno. Certo sono stati loro e lo sono stati stupendamente e tanti potevano essere. Tanto che ciò che mi manca, a dire il vero, non sono le citazioni istituzionali (che le istituzioni che io sappia non hanno né richiesto né lamentato – grazie!! -), ma 10, 100, 1000 di questi film perché le tante storie belle e i racconti così presentati possano avere voce e scena. Quella vera. Grazie mille Umberto di questa occasione. Ne parlerò ancora volentieri in privato con te, come sempre, quando vorrai.
(Giovanni Teneggi)
Buongiorno Umberto, ho pensato a lungo se risponderti qui oppure in privato. Le conversazioni pubbliche di questo tono e tenore, su terreni che, chi è interessato a farlo, rende velocemente scivolosi e infiniti mi sembrano di scarsa utilità se non per quegli stessi interessati. Penso però che due parole si possano dire ” a stretto giro” e me ne sento in dovere essendo stato parte insieme ad altri di un dialogo con la brava autrice del film a titolo del tutto personale e amichevole. 1. se segui RAI5 e il lavoro di alcuni suoi autori saprai che non sono avvezzi a spot e vetrine istituzionali ma a racconti biografici e personali (così è stato). 2. quando vediamo vetrine e spot (quante ne abbiamo viste negli ultimi 6 anni…penso che appennino reggiano con Parco e Mab siano i più citati e visti da tutti i format più griffati e con audience ben superiori….ne sentiamo la mancanza per farne format culturale esclusivo e omologante anche per altre reti?..io no..Abbiamo ringraziato il Parco per questa visibilità in quelle occasioni?…..io si… . 3. di fronte a un prodotto mediatico commerciale (tanti troppi) è giusto posizionare prodotti e insegne e chiederne conto (facciamolo, tanto più se impegnano denari nostri). di fronte a un prodotto cinematografico e artistico sarebbe meglio occuparsi della bellezza e dell’espressività e benedirne la bellezza. a me è piaciuto e lo bene-dico per chi lo ha realizzato, per chi lo ha partecipato e per chi ha cresciuto questo territorio, parco compreso, fino a qui. 4. se proprio volessimo valutare la redemption commerciale e istituzionale di questa opera in termini di mkt sarebbe facile rilevare (sono sicuro che sei d’accordo) che è molto più efficace questa opera bella ad attrarre qui che non uno spot commerciale, almeno per coloro che io vorrei attrarre qui. ma sono opinioni. 5. se accadono cose belle e a questo livello senza che il Parco o la politica debba pagare o metterci cappello o chiedere visibilità io non me ne lamento. io ringrazio per l’intelligenza per chi (parco, mab e comuni) produce e consente il protagonismo del territorio invece che del loro. ciò che di più bello accade da noi è pieno di una cultura, di una visibilità, di una capacità che il parco ha partecipato e co-costruito e se si può esporre senza citarlo è il segno più grande e bello di un’opera che matura nel verso giusto. 6. io non mi lamenterò mai dei fatti dei quali sono protagonisti direttamente gli abitanti del territorio e della sua storia e qui è avvenuto in modo così bello e semplice che dire altro mi sembra davvero inopportuno. certo sono stati loro e lo sono stati stupendamente e tanti potevano essere. tanto che ciò che mi manca, a dire il vero, non sono le citazioni istituzionali (che le istituzioni che io sappia non hanno nè richiesto nè lamentato – grazie!! -) ma 10, 100, 1000 di questi film perchè le tante storie belle e i racconti così presentati possano avere voce e scena. Quella vera. Grazie mille Umberto di questa occasione. ne parlerò ancora volentieri in privato con te, come sempre, quando vorrai. qui non replicherò. (Giovanni Teneggi)
Ci sono osservazioni nell’articolo del sig. Gianferrari che a mio parere meritano maggior considerazione. Non c’è partecipazione o senso di appartenenza da parte della maggioranza della nostra gente verso il parco e per questo non c’è amore. Spesso questo ente è percepito come una realtà costruita per pochi eletti i quali ne hanno ricavato una professione ma che al territorio ha portato solo vincoli. Una realtà fatta di convegni ma che non ha saputo entrare nell’animo montanaro se non come una complicazione. Molto simile il sentore della nostra gente verso il Mab Unesco e per buona parte non si sa nemmeno cosa sia esattamente. Senza un processo di cultura generale, senza la partecipazione ed il coinvolgimento della gente, partendo dalle scuole, le cose resteranno come sono e solo per pochi interessati. Provate a chiedere a chi vive il territorio e di parco Mab Unesco ne uscirà un quadro molto meno nobile di quanto si pensi e queste realtà per esistere proficuamente hanno bisogno della comunità intera e non solo di pochi individui di cultura elevata. Occorre tornare tra la gente per farli sentire parte di un progetto e non vittime sacrificali, come spesso succede ora.
Antonio D. Manini
Concordo con il Sig. Manini. A torto o a ragione, per la maggior parte, noi montanari siamo gente molto pratica e concreta, poco amante della burocrazia, dei convegni e dei sofismi in generale. Sarebbe opportuna una maggiore attenzione da parte di chi gestisce queste realtà, con l’obbiettivo di coinvolgere fattivamente la comunità, ed offrire risultati concreti a breve termine che la gente comune possa apprezzare. MaB significa “Man and Biosphere”, di conseguenza oltre che la biosfera bisognerebbe tenere in considerazione anche l’uomo, con la sua cultura e le sue caratteristiche peculiari.
Andrea
coinvolgere la popolazione è difficile, tanto più quella appenninica.
Come abitanti della montagna tendiamo a stare per conto nostro o, al limite, entrare in contatto con pochi. La situazione si va aggravando, anche perché la popolazione va diminuendo, oltre al fatto che in generale si tende a rimanere nel proprio guscio, evitando contatti allargati. Indubbiamente il virus ha fatto la sua parte, ma i sani pettegolezzi che sono propri dell’appartenenza ad una comunità, coinvolgono poche persone. I muretti che facevano da habitat sono vuoti e si preferisce usare i mezzi audiovisivi perché così la ragione è sempre del telespettatore. Come si può rimediare a tutto ciò? I tentativi per attirare la popolazione sono stati fatti, ma non sempre sono arrivati a buon fine. I Centri sociali hanno bisogno di una nuova organizzazione che coinvolga giovani e meno giovani, senza creare sedi staccate, perchè è tempo di ricostruire una comunità che sta scomparendo. I sani principi che portano alla partecipazione, al coinvolgimento vanno rafforzati e gli incontri culturali non debbono essere per pochi “intellettuali”, ma debbono essere una sorta di attrattiva che porti comunicazione e conoscenza. Non siamo ancora usciti dall’emergenza Covid, prendiamo questa pausa forzata per pensare a costruire un futuro di aggregazione e, ripeto,conoscenza con la partecipazione di comuni e parco., anche perché, come recita uno slogan, “i comuni e il parco siamo noi” e come tali, dobbiamo migliorare e migliiorarci
La promozione o valorizzazione di un territorio può seguire percorsi diversi, e possiamo altresì supporre che le storie ed i racconti, in ragione della rispettiva “materialità” – giacché riguardano le persone e il loro vivere – siano più coinvolgenti rispetto a sigle ed acronimi di vario genere, o comunque ad entità avvertite come astratte e “immateriali”, fatte soprattutto di convegni che interessano semmai “pochi eletti”, e non hanno saputo entrare nell’animo montanaro, almeno fino ad ora (prendendo a prestito le parole di Manini).
Si può altresì discutere su quale possa essere il miglior modo per far conoscere un territorio, e divulgarne le qualità, così da attrarre visitatori e turisti, e anche nuovi residenti, ma io confido che per il futuro di queste zone, alla stregua di similari altre, si possa ancora, e in primo luogo, contare sul naturale attaccamento di chi ha scelto, o sceglierà, di restarvi, nonché sulla spontanea attrazione che provano per la nostra montagna, e per le sue usanze e tradizioni, quanti hanno ritenuto di venirci ad abitare stabilmente.
P.B. 27.05.2021
Mi sembra essere piuttosto saggio il pensiero di Andrea, laddove dice che “bisognerebbe tenere in considerazione anche l’uomo, con la sua cultura e le sue caratteristiche peculiari”, il che potrebbe anche significare che va in ogni caso accettata e rispettata la mentalità montanara, con le sue specificità, anche se a qualcuno può sembrare abbastanza statica ed “arretrata”, o troppo chiusa, al punto da richiedere “incontri culturali” tesi a portare “comunicazione e conoscenza”.
Qui nessuno può reputarsi depositario della verità, ma io penso che i tratti identitari di una comunità – ivi compresi gli eventuali apparenti limiti o “difetti” – siano un patrimonio importante, che rende quasi unico il Belpaese, e siano pertanto da preservare, anche a costo di mostrarsi poco aperti, poco sociali ed aggreganti, salvo poi scoprire, a mo’ di esempio, che la diffidenza iniziale verso il “nuovo” può essere di fatto il modo per non commettere “passo falsi”, cui dover poi rimediare (se vi si riesce).
Ritengo altresì che il voler immettere in una comunità “concezioni” e “sensibilità” che non le sono proprie – specie se con accelerazioni che fanno mancare il tempo per una loro assimilazione – rischia di snaturarla, oltre ad incentivare omologazioni a mio vedere poco desiderabili, e quanto allo slogan “i Comuni e il Parco siamo noi, e come tali, dobbiamo migliorare e migliorarci”, mi ricorda quelle “frasi fatte” che un tempo potevano risultare semmai seducenti ma alle quali si fa ormai fatica a credere.
P.B. 28.05.2021
Al di là di “analisi” e considerazioni, ieri sera in un programma di seconda serata, c è stato un servizio su Venezia. Ad un certo punto hanno parlato del problema che deriva dal passaggio delle navi da crociera nel Canal Grande. Una delle soluzioni studiate è stato un approdo da realizzare a Marghera. Costo 60 milioni di euro. Con 60 milioni di euro si risolve uno dei problemi più seri di Venezia, una città, forse unica al mondo, patrimonio dell’ Unesco dal 1987.
In un articolo recente il Presidente del Parco è venuto qui a dirci che in 20 anni hanno “investito” 80 milioni di euro, e, il Suo Direttore ha aggiunto, “con solo cinque impiegati”.
Giovanni Annigoni
Uno dei problemi sta proprio qui. Con 80 milioni di euro la gente comune, come me, si aspetta concretamente qualcosa in più o quantomeno un significativo impatto sul territorio se non un ritorno economico sulla società, invece niente di percepibile e i giovani se ne vanno come sessant’anni fa. Per chi è abituato a fare dei conti è difficile da spiegare…
Antonio D. Manini
Se le cose stanno effettivamente così, ottanta milioni di Euro sono una bella somma, ancorché “spalmata” su un arco di vent’anni, e può essere comprensibile che qualcuno si attendesse “un significativo impatto sul territorio se non un ritorno economico sulla società”, ma chi ha nutrito una tale aspettativa potrebbe sentirsi rispondere che le azioni condotte dal Parco, o afferenti a detto Ente, sono di natura essenzialmente “immateriale” e promozionale, tanto che, di riflesso, i relativi effetti divengono difficilmente quantificabili e misurabili in maniera convenzionale.
Potremmo anche sentirci dire che all’Ente in discorso non compete di creare posti di lavoro, salvo il personale dipendente, ma allora la questione potrebbe spostarsi a monte, intesa in questo senso: visto che da lungo tempo la montagna soffre del problema occupazione, causa a sua volta dello spopolamento, ci si potrebbe chiedere se una parte dei finanziamenti erogati al Parco nel corso di questi anni – verosimilmente da parte di vari livelli istituzionali – non poteva avere una destinazione diversa, e per così dire “materiale”, tesa cioè a generare posti di lavoro.
P.B. 30.05.2021