Riceviamo e pubblichiamo il comunicato di Legambiente Appennino Reggiano per tutelare la biodiversità e invitare le persone a non tagliare a raso i propri prati, poiché anche quelle che "consideriamo erbacce svolgono una loro funzione e così tutti gli animali, insetti compresi".
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Cambiare modo di vivere: è questo lo “slogan” che va circolando dopo l’insorgere della pandemia.
La gente sta esaminando il proprio modo di vivere e si rende conto che certi comportamenti non sono del tutto corretti: uso spropositato di acqua e riscaldamento, cibi sprecati, spazzatura diffusa dappertutto, senza rispettare le regole per ridurre i rifiuti.
Vi sono inoltre altri argomenti sui quali meditare: il nostro rapporto con la natura. Mi riferisco in particolare all’Appennino Tosco Emiliano e al Parco come esempio di biodiversità, biodiversità della quale spesso l’uomo non tiene conto e che rappresenta l’equilibrio fondamentale sulla Terra di piante e animali. L’azione dell’uomo ha messo a rischio questo equilibrio con un uso e consumo sconsiderati delle risorse naturali: abbiamo distrutto foreste, inquinato acque, creato una vera crisi climatica.
A questo punto dobbiamo adattarci ai cambiamenti, renderci conto che anche le piante meno appariscenti, quelle che consideriamo erbacce svolgono una loro funzione e così tutti gli animali, insetti compresi.
Il progetto di Legambiente Appennino reggiano riguarda in particolare api e farfalle e i nostri comportamenti. I nostri giardini privati, a parere di molti, debbono essere puliti e ordinati e, secondo la tradizione inglese, tosati raso terra. Gli inglesi, però, si stanno ricredendo e hanno lanciato una campagna nazionale, #NoMowMay, che invita a lasciar stare il tosaerba nel deposito degli attrezzi durante tutto il mese di maggio.
Tutto ciò per ricordare che anche le “erbacce” fanno parte di una forma di vita che coinvolge tutti, insetti compresi, senza i quali non avverrebbe l’impollinazione, ad esempio le api, le farfalle dalle quali dipende il 90% della nostra produzione alimentare.
Riportiamo un consiglio ai tosatori di prati da parte del botanico William Morelli: “Lo sfalcio va fatto dopo che le piante hanno disseminato, va usata una falciatrice o un tosaerba lasciando sempre 4-5 cm per non rovinare le gemme all’attaccatura del colletto. Se tagli basso, le piante non vegetano più”.
Per sensibilizzare le persone e invitarle a non tagliare i loro prati raso terra, Legambiente Appennino Reggiano propone un progetto che mostra come un prato pieno di fiori sia, oltre che bello, utile agli insetti impollinatori, creando un angolo di terra seminato con fiori che attirino api e farfalle.
Non dimentichiamo la famosa profezia di Einstein: “ Se le api morissero, avremmo solo 4 anni di vita”
Il progetto
Favorire la biodiversità del Parco dell’Appennino tosco-emiliano
Prima di spiegare le motivazioni che ci portano a proporre questo progetto vorremmo ricordare ciò che il Presidente del Parco dell’Appennino Tosco-emiliano, Fausto Giovanelli, ha affermato nel 2016: "Il riconoscimento Mab Unesco consente di tutelare meglio specie ed ecosistemi e sollecita la partecipazione attiva anche di soggetti privati".
Obiettivi
Da questa frase estrapoliamo i primi due obiettivi del nostro progetto:
- Tutelare specie ed ecosistemi
- Invogliare la partecipazione attiva dei soggetti privati
Aggiungiamo
- Favorire la coesistenza di animali e vegetali in uno stesso ecosistema
- Godere di un paesaggio spontaneo e non addomesticato
- Cercare di riparare i danni che sono stati fatti alla natura, animali compresi
Luogo in cui attuare il progetto:
- Giardini privati
- Terreni comunali
Risorse
Un prato, semi di fiori per api e farfalle, volontari per zappare il prato e spargere i semi
Nell’ appennino ci sono ettari ed ettari di prati, seminativi, boschi abbandonati, dove rovi e piante infestanti invadono tutto. Ricoprono fossi canali di scolo delle acque piovane. Piena libertà quindi a frane smottamenti e dissesto idrogeologico.
Qui si può zappare quanto si vuole. I pochi, rari contadini dovranno qundi imparare a sfalciare l’ erba lasciando almeno 5 cm…………
Quando ogni angolo dell’ appennino era sfalciato, curato, lavorato, c’erano farfalle, lucciole, rondini, gamberi nei corsi d’acqua, rane, rospi……..ora che tutto è abbandonato, la situazione è migliorata? Quacuno lo spieghi con esempi concreti, indicando dove e come, non la teoria.
cordialmente
fabio
Come principio, può essere senz’altro condivisibile il voler “cercare di riparare i danni che sono stati fatti alla natura, animali compresi”, ma poi occorre aver presente la realtà, che in questo caso mi sembra essere anche quella riassunta nel commento di “fabio”, quando parla di “ettari ed ettari di prati, seminativi, boschi abbandonati”, ossia di incolti destinati verosimilmente ad aumentare sempre più, e che rappresentano di fatto “un paesaggio spontaneo e non addomesticato”, per usare la terminologia riportata in queste righe, e dove la biodiversità dovrebbe essere assicurata (non mi sembra essere un particolare secondario, e mi chiedo di riflesso perché qui non se ne faccia cenno).
P.B. 23.05.2021