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Fauna ittica in crisi: eccessiva presenza di cormorani tra le cause meno appariscenti

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Eccessiva presenza di cormorani come causa della diminuzione della fauna ittica: nei tratti medio alti del Secchia e dell'Enza si stima una popolazione di circa 300 individui

Per parlare delle cause che hanno contribuito alla diminuzione di fauna ittica nei nostri corsi d'acqua c'è purtroppo l'imbarazzo della scelta. Tra di esse si parla spesso dell'impatto che ha avuto l'arrivo di un superpredatore come il pesce siluro, mentre l'eccessiva presenza di cormorani è una problematica tra le meno appariscenti per i non addetti ai lavori.

Ci siamo rivolti per questo motivo a Pier Paolo Gibertoni, ittiologo riconosciuto tra i maggiori esperti a riguardo. Da tempo questi uccelli hanno scelto l'Italia per svernare, ma a partire dalla metà degli anni '90 il loro numero è cresciuto in maniera esponenziale. Oltre ai sempre citati cambiamenti climatici, ha contribuito a creare questo squilibrio la scelta di dichiararli specie protetta nei paesi scandinavi di provenienza, vietando così la pratica di destinare parte delle uova all'industria cosmetica. Poi, a partire dal 2015, si è cercato anche là di contenere la loro popolazione che aveva raggiunto numeri non compatibili con le esigenze dell'ecosistema acquatico.

I cormorani sono infatti abili e voraci predatori di pesci, la loro unica fonte di cibo. Scelgono prede con una taglia compresa tra i 15 e i 40 cm, principalmente temoli nei fiumi alpini e cavedani nei nostri torrenti, senza disdegnare ovviamente trote e vaironi. Si stima che ci sia qui da noi una popolazione di circa 300 individui, alcuni diventati
stanziali, equamente distribuiti nei tratti medio alti del Secchia e dell'Enza. Il raggio di azione di ognuno è di 35 Km, così da ricoprire l'intera area di un bacino idrico e di quelli confinanti. Sono buoni nuotatori che si spingono in profondità, operando con efficacia in qualsiasi fiume, lago o allevamento di pesci del nostro appennino.

Non è consentita la libera caccia nei loro confronti, ma sono in vigore piani di contenimento, che comunque faticano a concretizzarsi per l'innata diffidenza e la capacità di modificare le abitudini che hanno questi uccelli quando percepiscono un pericolo. Non è pertanto possibile, e nemmeno auspicabile, pensare di risolvere il problema unicamente affidandosi alla pratica dell'abbattimento.