La vita di un vero soldato, al secolo Bruno Toni
“Sono partito per la guerra quando avevo 20 anni: sono andato a Reggio e poi a Milano, luogo da cui ho intrapreso il viaggio per l’Albania, dove ho iniziato a combattere. Qui noi soldati trasportavamo le palle di cannone con i cavalli, dovendo però prestare estrema attenzione a non farci scoprire dai tedeschi, che sparavano con i fucili. In seguito all’Albania, mi sono recato in Grecia, paese nel quale ho iniziato a combattere a fianco dei tedeschi, per poi passare con gli americani. Proprio in Grecia vidi Mussolini, capo del Partito Fascista. Ho trascorso oltre 2 anni sull’isola di Samos, pesantemente bombardata dai tedeschi: costretto a fuggire in Turchia, ho dovuto assistere con i miei occhi alla morte di molti amici e compagni. In quel periodo, inoltre, sono stato prigioniero in un campo di concentramento. Detenuti in Egitto per 7 anni come prigionieri, noi soldati italiani eravamo costretti a vivere in condizioni durissime: dovevamo lavorare sodo in cambio di pochissimo cibo (eravamo, infatti, tutti magrissimi) e una sola bottiglia d’acqua al giorno; chi non avesse potuto sostenere gli estenuanti ritmi di lavoro sarebbe stato ucciso. I miei genitori, per oltre due anni, non avevano ricevuto mie notizie e non potevano sapere se fossi vivo o morto; una zia di Reggio, però, poté rassicurarli dopo aver sentito pronunciare il mio nome alla radio, rendendoli felicissimi di sapermi ancora in vita.”
Bruno Toni nasce a Levizzano di Baiso il 31 marzo 1919, ma vivrà a Lugo insieme ai genitori e ai quattro fratelli e sorelle. La numerosa famiglia lavorava i campi di proprietà e allevava mucche da latte: erano queste a dar loro da mangiare. Bruno era sposato con Maria Mirella Lucenti e ha avuto due figli, Rosa Maria e Giuseppe Toni. Il figlio più piccolo è imprenditore e la figlia lavora in ceramica.
In molti lo conosco Bruno Toni, ma nessuno lo conosce meglio di me, suo nipote. Dopo la sua morte sono a pensare a lui, e ricordo ancora tutte quelle medaglie che aveva conquistato durante la Seconda Guerra Mondiale. Nonno Bruno non era come altri: a casa lo aspettavano, convinti del suo ritorno. Sua madre ogni giorno pregava perché lui non morisse in guerra, lui, che come ogni altro soldato vide morire tanti suoi compagni. Lui era uno di quei soldati che fu imprigionato in Egitto per più di sette anni, poi un giorno una delle sue zie sentì alla radio che parlavano dei sopravvissuti e fra questi il nome di mio nonno, avvertì quindi la madre del mio grande soldato, che da lì a poco potè finalmente abbracciare il suo amato figlio.
Io, il nipote di una grande persona che lottò per fare nascere una grande Repubblica democratica, mi considero molto fortunato e per me è un grande onore averlo avuto come nonno, e se lui mi potesse vedere ora sarebbe fiero di vedermi qua a scrivere ricordi di lui. Molte persone dopo la guerra non vogliono parlarne perché non vogliono riviverla con il pensiero, mentre lui era fiero che qualcuno gli chiedesse di quei tristi e terribili giorni. Lui per me era un nonno speciale e super e sempre pronto a vivere tutto ciò che la vita gli offriva.