Se le notizie scientifiche sulla Nitticora, apprezzabile nel video accluso realizzato dai fototrappolai Marco Campari e Umberto Gianferrari, sono facilmente recuperabili nel web, molto più arduo è ottenere sullo stesso tema un contributo letterario specificatamente dedicato a questo volattile che difficilmente abita le nostre zone.
Ebbene lo scrittore Silvano Scaruffi, colpito dalle immagini proposte dai cacciatori di immagini più noti d'Appenino, ha composto il brano che segue appositamente per l'occasione.
"...già a vederla venire in qua, si capiva che era fatta a una qualche maniera. Le gambe lunghe che sembravano attaccate sotto le spalle. Delle gambe così lunghe e secche che quando camminava, più che compiere dei passi era come se quelle leve roteassero su un cardine fissato all’attaccatura alta, a un busto convesso e piccolissimo, i piedi puntati avanti con cautela. Le braccia corte, forse solo in prospettiva, ma quando le incrociava sul petto, e lo faceva spesso, i gomiti spuntavano ai lati come gracili alette. A vederla così, secca, da poco, si sarebbe detto che a tenere su quella donna fossero sottili ossa filiformi e cave.
Quando era una ragazzina, assieme alle altre si appoggiava di schiena al muro della piazzetta, lei molto più alta delle coetanee, passava ore con una gamba sollevata e piegata contro il muro, ci poteva stare delle giornate in quella posizione, ci poteva stare anche senza un muro dietro a sostenerla, così, una gamba alzata, come fosse appollaiata. Dopo che si era sposata, in paese dicevano avesse preso a uscire solo sotto sera, la notte spesso, che si vergognasse del suo essere, sbucava da casa nella scurita, con lunghe e caute falcate. E gli occhi, con l’età, le si erano cerchiati di scuro, e dentro fatti rossastri, il naso lungo, più lungo ancora, appuntito.
Il corvo della notte, la chiamavano.
E suo marito, che le voleva un bene che mai dicevano, nonostante gli sformamenti vari, suo marito a volte sorrideva e la chiamava la Nitticora. Ma nessuno aveva mai capito perchè..."
(foto in evidenza di Umberto Gianferrari)
Che dire, ragazzi: meravigliose immagini !
Il nostro appennino, ricco di una fauna che non immaginavo, tutta da scoprire.
Grazie
Silvano non si smentisce mai: surreale, anche iperreale, con quel suo stile particolare che rende ogni suo racconto qualcosa di unico e inimitabile.
Complimenti, bravissimo: leggerti è un piacere.
E complimenti ai due fototrappolatori (che non sono dei traplài, ma dei veri investigatori naturalistici) per il servizio (gratuito) che stanno facendo alla montagna.