Investire sul capitale umano per iniziare a colmare il vuoto di servizi che si è creato in questi anni. L'obietto della Cooperativa di comunità "Il Pontaccio", nata il 20 marzo scorso a Vetto dal desiderio dei cittadini di riprendere in mano le proprie sorti.
Subito chiaro il presidente della Confcommercio, Davide Massarini, che afferma come la nascita di una cooperativa di comunità possa essere un’opportunità oppure un rischio se non si coinvolgono le attività commerciali già presenti sul territorio e non si annuncino fin da subito gli obiettivi che si intende realizzare.
"Quando, come nel caso dell'annuncio e della costituzione della cooperativa Il Pontaccio, emergono contrarietà da parte di operatori economici locali probabilmente è perché è mancato un pieno coinvolgimento e manca una conoscenza puntuale delle criticità e delle opportunità - prosegue il presidente-. Dobbiamo auspicare che la cooperativa Il Pontaccio, con consapevole spirito di comunità, possa fare chiarezza sulle attività che intende realizzare, come tutti i cittadini e gli operatori del territorio potranno parteciparle e come sarà effettivamente un’opportunità anziché una minaccia per chi sul territorio ancora crede tanto da mantenere vive attività commerciali, cosa oggi chiaramente più che mai difficile".
Tra i primi focus annunciati dalla cooperativa c'è l’apertura di un punto di ristoro, di una gelateria e di uno spazio riservato alla condivisione, al sostegno e alla promozione del territorio e delle attività sportive all’aperto. "Priorità alle cose che mancano a Vetto", afferma infatti Pierino Ruffini, presidente della cooperativa.
Continua Confcommercio: "Non discutiamo sul valore che le cooperative di comunità possono rappresentare per territori che hanno subito fenomeni di chiusure e impoverimento di opportunità. In alcuni casi è l'unica strada percorribile per mantenere vivi borghi e paesi dell'Appennino o per permettere un passaggio generazionale e la continuità di imprese destinate alla chiusura". Ma allo stesso tempi ritiene di "dover essere parte di questo percorso chiedendo di poterne valutare da subito le peculiarità e assicurandosi insieme che nessuno possa esserne escluso. Questo davvero auspichiamo sia oggetto di confronto e approfondimento nei prossimi giorni con tutti i soggetti interessati".
L’interessamento da parte di una Associazione rappresentativa del settore commercio, a me sembra già essere un elemento piuttosto rassicurante per i singoli esercenti, e volendo poi fare un ulteriore passo in avanti – visto che qui si parla di coinvolgimento, e supponendo che lo stesso possa determinarsi per raggiunta intesa tra le parti – mi chiedo se sarebbe anche possibile un’eventuale entrata diretta in campo dell’Associazione medesima, quale socio della Cooperativa di Comunità, dal momento che ciò è previsto per gli Enti Locali, dall’art. 3, comma 4, della legge regionale n. 12/2014, relativa alla Cooperazione Sociale, e stando al successivo comma 5 la cosa sembrerebbe estensibile ad altre figure giuridiche, di cui alla legge nazionale n. 391/1991, sempre in materia di Cooperative Sociali (in ogni caso io non posso che esprimermi al condizionale).
L’importanza da me attribuita all’intervento della Confcommercio, e al suo lodevole proposito di voler concorrere a mantener vivi borghi e paesi dell’Appennino, mi spinge poi ad una considerazione più generale, relativa giustappunto all’Appennino: preso atto dell’entusiasmo con cui più d’uno, anche a livello istituzionale, ha applaudito l’iniziativa vettese, e vista altresì la tesi secondo cui non ci sono contesti inadatti a veder nascere Cooperative di Comunità, viene spontaneo chiedersi se un loro moltiplicarsi sul territorio montano potrebbe essere il modo per promuoverne il rilancio, e fermare lo spopolamento, posto che le strade fin qui percorse non paiono aver dato i risultati attesi, ma qui dovrebbe essere la politica a dire la sua in proposito, specie le forze che stanno amministrando la nostra montagna (mentre, salvo sviste, non mi risultano finora pronunciamenti al riguardo)
P.B. 27.04.2021
Sicuramente le associazioni Imprenditoriali così come mi pare di capire il Sig. P.B. ed altri che recentemente hanno espresso le loro opinioni, hanno competenze economiche e politico-amministrative importanti e possono quindi commentare con maggiore cognizione di causa; personalmente posso fare solo un commento molto più terra terra da comune cittadino; nel novembre 1977 all’inizio delle lezioni del corso di Economia Politica all’Università di Parma,( parliamo di un secolo fa’ per cui sappiamo come il mondo e l’Economia siano cambiate nel frattempo) il Professore tentò di spiegare in poche parole di cosa ci saremmo occupati durante il corso stesso; tra i vari aspetti ed argomenti, ci disse anche di immaginare da un lato una torta di una certa dimensione o superficie (non esistevano ancora Excel o Power Point, almeno qui da noi), e dall’altro un insieme di soggetti che partecipando o meno alla produzione della torta in un dato periodo in un dato luogo, paese o nazione, ambivano ad ottenere una fetta della stessa torta; se il numero dei soggetti che ambivano ad una fetta della torta fosse aumentato, le fette di torta che ognuno poteva ambire di ottenere sarebbero stare più piccole o purtroppo qualcuno dei soggetti sarebbe rimasto senza la fetta desiderata; ma, spiegava poi il prof, che se i vari soggetti avessero prodotto globalmente una torta di dimensioni maggiori o altre torte, aumentando la produttività delle attività esistenti o creando nuove attività, ognuno di essi avrebbe potuto sperabilmente ottenere poi una fetta di torta idonea a coprire meglio le proprie esigenze di vita e non solo;
immagino quindi che lo scopo che la cooperativa si ponga non sia quello di partecipare alla suddivisione della torta esistente, ma eventualmente di collaborare alla produzione di una torta di dimensioni maggiori, dalla quale più soggetti possano ricevere quella fetta che permetta loro di poter continuare a lavorare, produrre, vivere, fare famiglie, mantenere servizi (sanità, scuola, posta, banca, esercizi pubblici, etc ect) in loco;
non so se è così o se sono troppo ingenuo, ma questo mi augurerei per Vetto, per chi ha attività in loco, per chi intende crearne di nuove e per tutti i suoi abitanti;
Stefano Curini
Sig. Stefano
altro che terra terra, il suo a mio avviso è un commento di alto profilo.
Ha reso l’idea in maniera semplice, concisa, e molto più chiara di tanti commenti roboanti dei tuttologi dell’ultima ora.
E, peraltro, sono assolutamente d’accordo con lei.
Cordiali saluti
Andrea
L’immagine della torta è molto suggestiva, e può essere altresì convincente, anche perché rende “l’idea in maniera semplice, concisa….”, ma non sempre risulta utile semplificare questioni che così semplici non sono, e vanno perciò affrontate con tale consapevolezza.
Restando in metafora, se la torta viene ingrandita da chi l’ha preparata in origine, possiamo verosimilmente prefigurare il risultato finale di detta “maggiorazione”, mentre se vi provvedono altri si dovrebbe perlomeno attendere di vedere quale prodotto ne uscirà
Ci sarebbe poi un ulteriore aspetto da considerare, ossia il capire se i secondi possono semmai avvalersi di una qualche agevolazione nel loro lavoro, che li avvantaggia rispetto ai primi, nel senso che non vi sono condizioni paritetiche, ma il parlarne ora è prematuro.
Circa i tuttologi, se ci si riferisce a quanti ritengono di sapere tutto, non credo sia definizione applicabile a chi si interessa di ciò che riguarda la propria comunità, esprimendo se del caso opinioni in merito, ma ben lungi dalla pretesa di essere nel giusto.
P.B. 28.04.2021
Egregio P.B.
casomai si fosse (erroneamente) sentito chiamato in causa, ci tengo a rassicurarla: la mia “considerazione” sui tuttologi non era affatto riferita a lei, che al contrario ha sempre il buon gusto di mettere in dubbio ciò che scrive e di specificare sempre chiaramente che si tratta di sue opinioni personali, senza appunto pretesa di essere nel giusto.
Andrea