Home Cultura L’Elda racconta: parliamo di pandemia

L’Elda racconta: parliamo di pandemia

66
3
Gli ex lavatoi di Carnola

E’ passato un anno, anno pieno di restrizioni e non siamo riusciti ancora a superare questa “pandemia”.

Con tutta la tecnologia esistente, centinaia di superspecializzati, soldi a disposizione, siamo ancora fermi lì, nonostante l’arrivo dell’eroico Draghi, sì lasciatemelo dire “eroico”, ditemi voi, ma chi gliel’ha fatto fare di accettare questa brutta gatta rognosa da pelare? Si lo so gli è stato proposto dal nostro Presidente e non poteva rifiutare, però io personalmente, nei suoi panni mi sarei procurata un bel certificato medico “veritiero o no” e avrei rifiutato.

Fortunati noi che non ha fatto così, credete io lo ammiro per il coraggio che ha avuto e gli auguro ogni bene, siamo tutti nelle Sue mani e per quel che sta facendo, sarà ricordato anche negli anni a venire.

Proprio in questi giorni sono uscite notizie sul vaccino che ci hanno fatto vacillare persone vaccinate con “Pfaizer” che ho fatto anch’io, si sono ammalate gravemente. Come sono stata informata io anche loro lo saranno state, le precauzioni non devono finire. Oppure avevo ragione io, quando per scherzare dicevo alle mie amiche che  avevano iniettato loro un po’ di acqua distillata dal momento che non avevano avuto nessuna reazione. Naturalmente scherzo, ma c’è poco da ridere con notizie del genere.

E adesso com’è mio solito lasciatemi pure fare un tuffo nel passato. A distanza di centinaia di anni ci sono state altre pestilenze che hanno colpito il genere umano e gli scrittori del tempo ce le hanno illustrate.

I nostri nonni ci hanno raccontato della più recente, sempre cento anni fa, la famosa “Spagnola”. Venivano decimate famiglie intere, anche allora li portavano a seppellire, senza funerale, senza prete, senza benedizione, anzi passavano a caricarli su un carro da birocciai e venivano sepolti fuori dalle mura dei cimiteri in una   grande fossa unica, senza cassa, solo avvolti in un lenzuolo. Il posto poi veniva ricoperto di terra, spianato e dimenticato da tutti, le persone passavano alla larga per paura della contaminazione e il luogo veniva dimenticato, ho conosciuto persone che non hanno mai saputo dov’era la tomba dei loro nonni o dei loro padri.

C’erano i soldati che tornavano dalla “Grande Guerra” del 15-18, arrivati a casa dopo poco venivano aggrediti dal virus e non riuscivano a combatterlo debilitati come erano dopo anni di trincea. Morivano nel letto vicino alla moglie, che magari si era accorta da poco o si accorgeva dopo poco tempo di aspettare un bambino che non avrebbe mai conosciuto il padre. Queste donne poi, non venivano attaccate dalla malattia (forse interveniva la mano del Signore).

Queste sono storie vere raccontate dai vecchi del paese seduti sul muretto dell’aia e noi bambini ascoltavamo con attenzione.

Cari saggi nonni che ci hanno tramandato a voce tutte le storie del nostro paese, tutte le volte aspettavamo pazientemente il momento, erano favole vere raccontate da qualcuno con maestria. Lui arrivava appoggiato al bastone col cappello calato sulla fronte gli occhialini tondi con montatura argentata, con le lenti un po’ appannate, dietro ad esse due occhi chiari arrossati e stanchi, con calma si accendeva la pipa e cominciava a parlare con altri vecchietti seduti vicino a lui e noi piccoli chi davanti e chi dietro accucciati per ascoltare.

Questa era la cosa più bella che potesse capitarmi, quando andavo a Carnola a trovare i miei numerosi cugini, ora con mio grande rammarico non ne ho più neanche uno, se ne sono andati tutti.

Carnola la vedo dall’esterno solo se faccio una passeggiata, ma non è più il paese di una volta, la gente sta rintanata in casa, non ci sono più le donne che sbattono i panni al lavatoio, (che naturalmente è stato ristrutturato malamente togliendo i vasconi ecc…) ridendo e raccontandosi la vita giornaliera, non vedi più passare le mucche che andavano al pascolo o ad abbeverarsi alla fonte del Varano, anzi vi dico che quella fonte non c’è più si trovava vicino al casello ora l’hanno spostata alla sorgente.

Certamente non si incontra più Martinelli “Mingȇusi” che con un carretto trainato dalla sua asina trasportava i bidoni del latte che raccoglieva in vari punti del paese e fuori e lo faceva arrivare al Caseificio.

Non esiste più l’Oratorio, perché chiuso per la pandemia, dove il mese di maggio tutte le sere il paese si radunava per rispondere al Rosario “in latino” recitato velocemente dalla Maria, quest’anno se n’è andata anche lei, ma lassù i suoi Rosari veloci qualcuno li ha   raccolti e le saranno ripagati.

Da tanto tempo non c’è più Romolo col fucile da caccia e la cartuccera in vita e sua moglie Ida all’inizio del paese con la loro osteria, dove era d’obbligo fermarsi per qualsiasi viandante che arrivava anche dall’oltre Secchia.

E tutti i Pinelli, quelli delle Fossette e quelli sulla sinistra alla fine del paese, un mucchio di ragazzini e femminucce biondi con una manciata di lentiggini sul naso.

E la Marietta col marito da uno strano nome “Frisio” e i due figli maschi bellissimi, alti mori, imponenti, Zilber e Adolfo.

I Parisoli, i signori del paese avevano la casa in centro la più signorile, vicino ai Martinelli. Poi sotto il voltone i Cavecchi, la Bernardina con la sua nidiata.

Vicino all’Oratorio gli Spigoni e all’inizio del paese i Romei e i Ferri, ricordo il vecchio Ferri, che gli mancava una gamba, forse l’aveva persa in guerra. Aveva l’arto in legno che gli spuntava da sotto i pantaloni, come avevo visto su Topolino il famoso “Pietro Gambadilegno” Camminava aiutandosi con un bastone e si sentiva arrivare da lontano “tic- toc, tic- toc” noi bambini lo guardavamo incuriositi, ma da una certa distanza, quel bastone si alzava facilmente se qualcuno lo indispettiva.

Poi molto tempo fa c’erano anche i Bedeschi, ricordo le figlie alte bionde cicciottelle, sempre sorridenti.

Infine vicino all’aia o piazzetta se preferite, davanti all’Oratorio, ci abitavano gli Zannini loro erano in tanti e le loro case arrivavano fin dietro l’Oratorio e lì vicino a quella piazzetta era nato mio padre.

Carnola paese di agricoltori e commercianti di bestiame si è cambiato d’abito, case nuove o rimesse a nuovo, gente laureata o diplomata, professionisti che passano velocemente in macchina per recarsi al lavoro e se ti riconoscono ti fanno un cenno di saluto alzando appena la mano dal volante.

E’ tutta colpa della pandemia? Ma!... lasciatemi i miei dubbi.

Elda Zannini

3 COMMENTS

  1. Di primo acchito, le parole che leggiamo sul finale di queste righe, ossia “professionisti che passano velocemente in macchina per recarsi al lavoro e se ti riconoscono ti fanno un cenno di saluto alzando appena la mano dal volante”, mi porterebbero a dire che si tratta tutto sommato di una fortuna, rispetto a quei posti dove neppure ci si conosce, e dove il salutarsi è diventato qualcosa di sconosciuto o quasi, perché si è verosimilmente perso quel senso di “comunità” che nel passato era invece piuttosto diffuso (un po’ ovunque).

    E’ poi vero che l’automobile ha velocizzato i ritmi del nostro vivere, ma in fondo, avendo accorciato i tempi di spostamento, ci permetterebbe anche di fermarci, ogni tanto, riscoprendo il modo di “socializzare” di una volta, e di ascoltarci a vicenda, ma può essere che non ne abbiamo più la voglia, indipendentemente dalla pandemia in atto, così come i giovani non sono più attratti, per solito, dai racconti degli anziani (forse, nel nostro insieme, e ad ogni età, abbiamo perso la “pazienza” di un tempo, e tutto ormai deve svolgersi in maniera “accelerata”).

    Quanto ai luoghi che cambiano fisionomia, è altrettanto vero che, se non ci sono più le vacche che vanno al pascolo, viene di riflesso meno la necessità di mantenere gli abbeveratoi, ma io credo che nelle ristrutturazioni dei borghi, parlando in generale, si potrebbe anche conservare qualcosa che ci ricordi il passato, e le sue abitudini, perché i sentimenti identitari – ovviamente se si crede nella loro importanza – si nutrono anche di “fisicità” (specie se vogliamo far sapere e far capire alle nuove generazioni come vivevano i nostri nonni).

    P.B. 17.04.2021

    • Firma - P.B.