La prima lettura di questa seconda domenica di Pasqua ci presenta i frutti della resurrezione di Cristo: la condivisione delle forze e delle debolezze dei membri della prima comunità dei credenti. Questi frutti si mostrano nel passaggio da una dimensione individuale a una collettiva, da un io a un noi, che è dono dello Spirito Santo: la sua forza distrugge l’egoismo dell’uomo per prepararlo a una testimonianza di vita propria dei figli di Dio. Il cristianesimo infatti non è una religione fai-da-te e individualistica; anzi, si vive appieno in una comunità di fratelli e sorelle.
Troviamo descritto il punto d’inizio di questa comunità nel brano evangelico odierno, il brano dell’incredulità di Tommaso incluso nel vangelo di Giovanni, che a livello temporale si ricollega quasi direttamente al vangelo di domenica scorsa. L’inizio del brano è infatti ambientato nella sera del giorno della risurrezione di Cristo, mentre gli apostoli si trovavano in un luogo chiuso «per timore dei Giudei»; l’evangelista non si riferisce qui a tutti gli Ebrei, ma solo a coloro che avevano rifiutato l’annuncio evangelico di Gesù e che probabilmente avevano approvato la sua uccisione. La morte di Gesù ha riempito di paura i discepoli, che non trovavano il coraggio di uscire per portare la buona notizia al popolo temendo di fare la stessa fine del Maestro; le porte chiuse simboleggiano quindi la loro vita, chiusa in se stessa e cieca all’annuncio. Ma proprio in questa situazione «venne Gesù e stette in mezzo»; l’uso del verbo “stare” sottolinea il forte senso spirituale della presenza di Gesù, che anche da risorto resta vicino ai suoi discepoli. La prima cosa che affermò Gesù è «Pace a voi!», per donare loro una pace che fa sparire la paura dal loro cuore e fa spalancare le porte della loro vita; successivamente «mostrò loro le mani e il fianco», la sua nuova identità, i segni tangibili dell’amore di Dio per il suo popolo, tanto grande da condurlo all’estremo sacrificio. Gesù disse loro «Pace a voi!», e li inviò alla testimonianza: ora la pace di Gesù è finalizzata a condurli verso i fratelli per annunciare il Cristo. Per suggellare questa missione, Gesù donò loro lo Spirito Santo, attraverso un soffio che richiama il soffio divino che dà la vita durante la creazione (cfr. Gn 2, 7): i discepoli sono pronti alla testimonianza come nuove creature rinnovate dalla luce del Risorto; questa loro nuova condizione si concretizza nel rimettere, nel “portare via” i peccati, una facoltà che è dono dello Spirito Santo («Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati»).
A questo punto il vangelo lascia intendere che tra i discepoli c’era una certa divisione, poiché mancava all’appello un apostolo: Tommaso, detto Dìdimo, ovvero “gemello”. Ma di chi? L’evangelista vuole farci capire che noi siamo i gemelli di Tommaso e abbiamo bisogno di fare il suo stesso cammino di fede. Il fatto che Tommaso fosse fuori alla prima apparizione di Gesù fa supporre che lui non temesse i Giudei come gli altri apostoli; questo coraggio è forse anche all’origine della sua incredulità: certo Gesù avrebbe preferito incontrare lui, così impavido, che non gli altri discepoli impauriti! Ma Tommaso non aveva capito la dimensione comunitaria della fede di cui si accennava all’inizio: se Gesù cerca la comunità debole è proprio per rincuorarla e darle la forza della testimonianza.
Otto giorni dopo Gesù tornò di nuovo dai discepoli, stavolta con anche Tommaso presente. Di nuovo ripeté loro «Pace a voi!», dove la pace è ora un invito all’unità tra tutti i membri della comunità dei credenti. Rivolgendosi a Tommaso lo invitò a toccare le sue piaghe, i segni concreti della sua identità e della sua azione salvifica; solo mediante l’esperienza dell’amore che salva, Tommaso potrà arrivare a riconoscere l’amore di Dio («Mio Signore e mio Dio!») e a vivere a sua volta un amore pronto a donarsi e a costruire pace per rendere presente la verità di Cristo.
Questo è il cuore del messaggio che il vangelo ci affida oggi: noi, che pure non abbiamo visto direttamente Cristo risorto, possiamo sperimentare questo amore immenso per renderlo presente nella nostra vita e nelle nostre comunità («beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!»); apriamoci all’amore di Dio, affinché Gesù risorto ci doni la gioia del suo Spirito!
Buona domenica.
[19:23, 10/4/2021] Dolci Domenico: Don Paul
[19:46, 10/4/2021] Maria Grazia Vasirani:
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