Riceviamo e pubblichiamo
L’integrità genetica del lupo italiano è sempre più minacciata dall’ibridazione con il cane domestico. È quanto dimostrato in un recente studio condotto dalla Sapienza Università di Roma in collaborazione con il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra) e il Centre Nationale de la Recherche Scientifique (Francia). La ricerca, pubblicato sulla rivista The Journal of Wildlife Management, stima la prevalenza degli ibridi nella popolazione di lupo che vive nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano e nelle zone circostanti dell’Appennino settentrionale, un’area centrale e strategica della distribuzione del lupo nell’Appennino, dove i primi individui ibridi, o comunque morfologicamente devianti rispetto allo standard morfologico del lupo, erano già stati osservati dalla fine degli anni ’90.
Sulla base di 152 campioni raccolti, corrispondenti a 39 lupi in 7 branchi differenti, i ricercatori hanno stimato una prevalenza di ibridazione del 70%, con individui ibridi presenti in almeno 6 dei 7 branchi monitorati. Inoltre, attraverso la ricostruzione genealogica è stato accertato che in almeno due di questi branchi gli individui ibridi godono dello status di riproduttori, e sono in grado quindi di tramandare le varianti genetiche di origine canina alle generazioni successive.
Le tecniche genetiche utilizzate dai ricercatori per identificare gli ibridi sono state messe a punto nel laboratorio di Genetica della Conservazione dell’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra), da anni attivo nel settore.
Il cane domestico è il risultato di una forte selezione attuata dall’uomo e di millenni di isolamento riproduttivo dal lupo. Nel tempo il cane ha sviluppato forme e comportamenti più appropriati alle necessità dell’uomo e profondamente diversi rispetto al suo progenitore selvatico. Dal punto di vista biologico, il cane e il lupo sono la stessa specie e in determinate circostanze possono accoppiarsi e generare ibridi fertili. Eppure, nonostante l’ibridazione con il lupo sia occasionalmente avvenuta fin dall’origine stessa della domesticazione del cane, oggi il timore è che il fenomeno sia in forte aumento a causa dell’espansione del lupo in aree maggiormente antropizzate, dove il rapporto numerico risulta ampiamente a favore della popolazione canina.
Nonostante i casi di ibridazione fossero stati osservati negli anni ’70 e ’80, se si considerano gli effetti potenzialmente negativi che i geni di origine canina possono avere per la sopravvivenza del lupo allo stato selvatico, i risultati dello studio evidenziano uno scenario allarmante per la conservazione della specie e per la tutela della sua identità genetica e il problema non riguarda sicuramente solo all’area di studio.
L’ibridazione è un concetto molto più difficile da comprendere e condividere di quanto non lo sia stato il rischio di estinzione demografica quando, nei primi anni ’70, l’Italia si è detta favorevole alla protezione legale della specie. 50 anni più tardi, è la stessa identità genetica del lupo che è messa a rischio come conseguenza delle dinamiche espansive della specie, dell’elevato numero di cani vaganti e dell’inerzia gestionale.
I risultati dello studio evidenziano quanto sia fondamentale non ignorare il fenomeno e mettere in campo tutte le migliori competenze e capacità gestionali per preservare l’integrità genetica del lupo. Ma non solo, è necessario informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sul rischio di estinzione genomica.
Comunicazione Parco Nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano
Chi, su queste pagine, ha seguito nel tempo quanto è stato detto sulla ibridazione nei branchi di lupi presenti sul nostro Appennino, e circondario, potrebbe anche non comprendere come si sia sviluppata la cosa nel corso di questi anni, se consideriamo che un articolo del 19 gennaio 2019, in base alle risultanze di analisi genetiche, titolava “Lupi incrociati coi cani sono il 20%. Stoppato un allevamento che li accoppiava coi cecoslovacchi”.
A sua volta, un articolo precedente, datato 21 ottobre 2016. e dal titolo “Un esaustivo incontro ha fornito tutti i dettagli sulla situazione del lupo in Appennino”, parlava “di ibridi introgressi, ovvero di animali appartenenti a generazioni molto successive a quella che deriva dall’accoppiamento tra un cane e una lupa”, nel senso di configurare l’ibridazione come fenomeno del passato, anche remoto, o comunque non recente (e non di interesse attuale).
Ora invece la percentuale viene stimata al 70% – sempre in termini di prevalenza – con una crescita del 50%, raggiunta nel giro di pochi anni, e gli accoppiamenti tra cane e lupo paiono ridiventati di attualità, il che ha un po’ dell’inverosimile, o quasi, se pensiamo che da noi non vi sono segnalazioni riguardo a gruppi di cani randagi e vaganti per le nostre campagne, o rinselvatichiti, ossia condizioni che possono far avvicinare esemplari di cani e di lupi.
Pure il forte calo degli armenti ha ridotto di riflesso il numero dei cani che li accompagnavano, e anche questo depone per minori occasioni di contatto fra cani e lupi, senza contare che le notizie riguardanti tali contatti riferiscono per solito dei primi divenuti oggetto di predazione da parte dei secondi, e tutto ciò rende per me abbastanza inspiegabile la nuova descritta situazione rispetto a quella di pochi anni fa (ma potrei essere io a non “leggere” bene i dati).
P.B. 13.04.2021
P.B.