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Muretti a secco: la sapienza della pietra che unisce le due sponde dell’Enza

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Tutelare il patrimonio custodito nei boschi mantenendo puliti e intatti i sentieri che si snodano tra i muretti a secco tipici dell'Appennino, inseriti dall'Unesco nella lista degli elementi immateriali bene perché rappresentano “una relazione armoniosa fra l'uomo e la natura”.

Questo è lo scopo di un gruppo di amici che nei giorni scorsi ha organizzato una pulizia della vecchia strada che porta da Valditacca a Pianadetto, frazioni di Monchio delle Corti (PR), comune all'interno della Riserva Mab Unesco e del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano e dei Cento Laghi.

Sicuramente un progetto meno ambizioso di quello partito a Vetto nel 2012 - realizzato con il contributo della Regione Emilia-Romagna ‘Piano di Azione Ambientale per un futuro sostenibile 2011/2013’ e del Consorzio di bonifica dell'Emilia Centrale che ha visto la riqualificazione degli storici terrazzamenti che si affacciano sul borgo antico - ma che accomuna le due sponde della valle dell'Enza, quella reggiana a Vetto e quella parmense a Monchio nel sapiente utilizzo dell'arenaria che sempre più si va perdendo. Arenaria che, proprio in questa parte della nostra regione, caratterizza così fortemente i declivi.

Non è solo questo il gemellaggio tra le due sponde, ma uno degli appassionati amici che si sono organizzati per le pulizie ha studiato nella scuola di scultura Cannossa Stone, dove non si impara a costruire muretti a secco ma con la pietra e la sua modellazione si ha a a che fare e come.

“Nei giorni scorsi – raccontano a Redacon dal gruppo - abbiamo appunto ripulito il sentiero in maniera volontaria e stiamo immaginando di pulirne altri nelle frazioni confinanti per far sì che le persone che vivono qui, come i turisti, siano sensibili e possano ammirare questi piccoli grandi tesori che caratterizzano il paese”.

La strada probabilmente risale a un periodo che va dalla fine del XVII e il XX secolo, proprio come i terrazzamenti vettesi, costruiti con lo scopo di recuperare terreni e renderli coltivabili anche grazie all'esposizione sud sud-ovest e alla peculiare condizione climatica che consentiva la coltivazioni di specie che solitamente si adattano a climi meno rigidi di quelli appenninici.

La strada di Valditacca serviva a collegare i due paesini e i muretti delimitavano le varie proprietà. Infatti dove oggi c'è il bosco una volta c'erano pascoli, terreni o castagneti per la farina che venivano raggiunti quotidianamente dagli abitanti della zona.

Allora era uso dei proprietari dei campi prendere i sassi che emergevano dalla terra durante la pulizia per costruire i muretti a secco, la cui arte è iscritta nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Unesco.

Nel corso degli anni i muretti sono stati poi sistemati, rimodellati o ricostruiti dai vari proprietari e con il passare del tempo la strada è diventata un sentiero, ma rimane parallela alla provinciale 87 che collega attualmente le frazioni di Valditacca e Pianadetto.

Tra le pietre emergono qua e là simboli, date e le iniziali di uno sconosciuto che ha realizzato l'opera, ma anche palizzate realizzate in sasso scalpellato a mano che servivano per chiudere i terreni, reggendo con il foro centrale un'asta di legno.

“Una tradizione che non vorremmo che fosse persa o dimenticata anche per le generazioni future – concludono dal gruppo che ha organizzato la pulizia – Ci piacerebbe che questi paesaggi fossero conservati e valorizzati come un dono che ci ha lasciato chi ha vissuto questi luoghi prima di noi e che siano considerati come una risorsa per il territorio”.

 

(Francesca Mastracci)