Un dibattito secolare quello tra gli ambientalisti e i dighisti sostenitori del progetto Marcello. Dagli anni 80 ad ora però "le normative sono cambiate", afferma Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità di bacino del Po, e il vecchio progetto della diga di Vetto non vedrà mai l'avvio dei lavori. E' quanto emerge dalle parole dello stesso Berselli, intervistato sulla Gazzetta di Reggio da Maro Grasselli, giornalista reggiano che da decenni segue il tema.
"Proporre la diga Marcello è come dire non facciamo niente – ha spiegato Berselli nel quotidiano in edicola il 5 febbraio -. Dobbiamo invece prendere la strada maestra seguendo le normative europee e considerando i fabbisogni idrici. Riproporre ora quel progetto è sbagliato in partenza".
Di recente la Regione Emilia Romagna ha chiesto al governo di finanziare con 5,5 milioni di euro uno studio di fattibilità tecnico-economica per realizzare un invaso sull’Enza. Nell'agosto 2020, l'Autorità di bacino aveva già presentato uno studio sulla risorsa idrica in Val d’Enza, prospettando quattro scenari per far fronte ai fabbisogni idrici, tra cui il più importante sarebbe costato circa 25o mila euro.
Dei quattro progetti, l’ultimo è quello che comprende tutta la serie di interventi più semplici e anche la famosa diga che, in realtà, sarebbe uno sbarramento di dimensioni sensibilmente ridoette. Rispetto all'invaso di grandi dimensioni previsto dal progetto Marcello, il quarto scenario prevede la realizzazione di una diga di 25-30 milioni di metri cubi, alta 50 metri, in località Le Gazze (Vetto). Di questi 30 milioni di metri cubi, una ventina servirebbe per l’agricoltura e il resto per gli usi idropotabili, cioè per far fronte alla necessità di avere acqua di buona qualità prelevando meno dai pozzi.
Mentre i dighisti elencano i benefici di un invaso di grandi dimensioni, come la possibilità di navigarlo in canoa e di attrarre turisti grazie al lago formatosi dallo sbarramento, Europa Verde Emilia Romagna propone invece di razionalizzare l’irrigazione e di istituire un parco regionale. Anche il Movimento 5 Stelle è contrario alle opere faraoniche e preferisce piccoli invasi: "Servono opere che rientrino in scenari di sostenibilità e che rispondano alle esigenze".
"Magari lo studio dirà che i numeri della capienza dell’invaso necessario sono diversi da quelli citati, ma non è una scommessa tra me e loro - conclude Berselli - è la normativa comunitaria che ci guida e che fornisce le risposte anche a chi è pro o contro la diga. Per quanto riguarda le canoe, le norme vigenti non lo consentono".
Nei giorni scorsi è invece nato il "Contratto di Fiume" del torrente Enza. Il primo incontro online ha visto il confronto sulle tematiche che coinvolgono i tanti Comuni dell'area, tra cui quelli montani di Carpineti, Casina, Castelnovo ne' Monti, Canossa, Vetto e Ventasso. Il Contratto di fiume è uno strumento utile ai territori, che mira a raggiungere gli obiettivi richiesti dalle direttive europee in materia di acque. Un accordo tra soggetti che hanno responsabilità, dirette e indirette, nella complessa gestione e nell’uso delle acque, nella pianificazione del territorio e nella tutela dell’ambiente.
Grazie Europa! Ancora una volta ci dimostra che fuori dai propri piccoli confini c’è chi ha una visione moderna del futuro.
AG
Sono d’accordo con AG. Ci vuole l’Unione Europea per farci guardare fuori dal giardino di casa, e costringerci a pensare ad un modello di sviluppo differente da quello del secolo scorso.
Il fatto che le grandi dighe e i grandi bacini artificiali siano dannosi per l’ambiente è un fatto assodato. E se è vero come è vero che sono indispensabili per il nostro stile di vita, è bene comunque tenere conto del loro impatto ambientale ed impegnarsi per quanto possibile a trovare soluzioni alternative.
Io penso che spacciare una diga per qualcosa di meraviglioso, panacea di tutti i mali, che risolve tutti i problemi della montagna e del mondo, sia un insulto al buon senso. Diciamo piuttosto che è un qualcosa di brutto ma necessario, da realizzare, come ultima soluzione, solamente dopo aver esplorato tutte le possibili alternative.
Andrea
Nel nostro appennino e la storia che ci dice che le dighe servono, lo sviluppo idroelettrico del secolo scorso ha portato solo benefici senza rovinare l ambiente o voi moderni volete saperne più di menti sagge di allora?
Anonimo
Ha ragione Anonimo, pensi che noi “moderni” siamo stati addirittura così stolti da sostituire le locomotive a vapore con quelle elettriche…
Ah che bei tempi quando si spalava carbone nella caldaia della locomotiva, e ci volevano 15 ore per andare da Milano a Roma…
Andrea
Questo sì che è pensare al futuro, rimpiangere i bei vecchi tempi andati del secolo scorso.
AG
Egr. Sig. Anonimo, Lei ha detto una cosa giusta, non si preoccupi se qualcuno cerca di stravolgerne il significato. Ci tengo solo a dire a chi scrive che le locomotive a vapore sono state sostituite con quelle elettriche, sappia che quella energia elettrica era fornita dalle centrali idroelettriche delle dighe, energia pulita, che non inquina i cui componenti sono al 100% rinnovabili. Realizzare invasi per conservare le acque nei periodi di abbondanza e usarle quando servono non è un errore ne del passato ne di oggi, era buon senso allora ed è buonsenso oggi. Nel passato, già nel 284 a,C. gli antichi Romani realizzarono uno sbarramento in inerti naturali per un invaso di 90 milioni di metri cubi d’acqua, nel presente, in Umbria a Valfabbrica nel 2020 è stata completata la diga di Casanuova di 224 milioni di metri cubi (diga sospesa per 27 anni poi ripresa), quest’anno inizierà l’invasamento parziale, un invaso per dare acqua all’agricoltura Umbra; ma gli Umbri pur non avendo un comparto agroalimentare importante come il nostro, alla loro agricoltura ci tengono, preferiscono i loro prodotti a quelli importati e assicurare il lavoro ai loro contadini. Ma ricollegandomi agli antichi Romani ricordo un detto storico, riferito a chi non decide mai nulla: mentre a Roma si discute Sagunto (in Spagna) brucia. Sagunto facente parte dell’Impero Romano chiese aiuto a Roma contro l’avanzamento di Annibale, ma a Roma discussero per mesi e mesi e Sagunto fu distrutta da Annibale prima che a Roma si decidesse. La stessa cosa vale per la piccola diga di Vetto (83 metri di altezza e 102 milioni di metri cubi alla massima regolazione), sono 32 anni che sono stati sospesi i lavori e il Sig. Andrea dice che bisogna verificare, verificare e ancora verificare; benissimo continuiamo a verificare, mentre l’agricoltura muore e i paesi montani della Valle dell’Enza fanno altrettanto (come Sagunto). Leggere in vari articoli che la Diga di Vetto è un’opera faraonica mi fa ridere (per non dire piangere), solo in Italia abbiamo dighe da 200-400-600-800 milioni di metri cubi, nel mondo ci sono tante dighe di 50-100-150-180 Miliardi di metri cubi (Vetto 102 milioni contro 180 Miliardi di metri cubi), Vetto è un “baslot” dicono gli agricoltori Reggiani. Ma i famosi del NO a tutto hanno il potere di informare (direi disinformare) che la diga di Vetto è un’opera faraonica; pensate che è esattamente 20 metri più bassa di Ridracoli, ha una maggiore capacità idrica solo perchè la Valle a monte è molto aperta, siamo in collina. Sia chiaro a tutti che una diga non distrugge nulla, andate a vedere qualsiasi diga, vicina o lontana, dal Bilancino, Auronzo, Ridracoli, Monte Cotugno, ecc. Le 93 dighe in Provincia di Trento e Bolzano cosa hanno distrutto?, qualcuno può dire che i Trentini o gli Alto Atesini hanno distrutto il loro territorio con le loro 93 dighe?, che non amano il loro territorio?, sappiate solo che le Centrali idroelettriche delle dighe di queste due province producono energia pulita superiore al loro fabbisogno, ma loro sono semplicemente Trentini/Alto Atesini, basterebe questo per far capire le cose. Noi abbiamo un’agricoltura di eccellenza a rischio per i cambiamenti climatici e per l’inquinamento, ma si persiste nel dire di NO alla diga di Vetto, siete veramente “grandi”, mi tolgo tanto di cappello. Io lascerò questa terra pensando di aver lottato per il bene dell’agricoltura, della montagna, dell’Ambiente e delle generazioni future, altri non credo che potranno farlo.
Franzini Lino
Mi scuseranno Franzini e Anonimo ma proprio non posso pensare che i bei tempi andati siano sempre meglio di quelli che stiamo vivendo adesso.
Solo per fare alcuni esempi, nel secolo scorso abbiamo avuto due guerre mondiali, lo sterminio degli ebrei, una età media di svariati anni inferiore all’attuale. Dalle nostre montagne ma non solo, le persone scappavano per la fame e la miseria. Abbiamo bruciato, distrutto, inquinato come se non ci fosse un domani, che poi è oggi.
Capisco che i bei tempi andati, di quando questi signori probabilmente avevano un vigore che adesso hanno perso, abbiano per loro un fascino assoluto, saltavano i fossi alla lunga.
Ma se veramente volessero bene alle nostre montagne e alla nostra agricoltura dovrebbero cercare soluzioni intelligenti e moderne non riproporre semplicemente il passato.
AG
Egr. Sig. Franzini
non se ne abbia a male, ma le sue affermazioni mi paiono alquanto generiche: “sia chiaro a tutti che una diga non distrugge nulla”, “Le 93 dighe in Provincia di Trento e Bolzano cosa hanno distrutto?, qualcuno può dire che i Trentini o gli Alto Atesini hanno distrutto il loro territorio con le loro 93 dighe?, che non amano il loro territorio?”.
Personalmente, preferisco citare degli studi. Ad esempio, nel trattato “Impatto Ambientale di Grandi Opere di Ingegneria Civile”, di Fallico/Frega/Macchione, si può trovare una descrizione abbastanza dettagliata di come un invaso influenzi l’ambiente circostante. Per comodità, le posso elencare: impatto geofisico, impatto sulla qualità dell’acqua (temperatura, torbidità, salinità, ossigeno disciolto, ferro, manganese, fosforo, azoto), impatto sul clima ed effetti biologici.
Invito chiunque voglia approfondire il tema, ed andare oltre le chiacchiere di chi è ideologicamente pro o contro la diga, a leggere questo trattato che si può anche consultare online.
Per quanto riguarda i treni, a parte il fatto che non capisco come Franzini possa sapere che l’energia elettrica che fa muovere i treni venga prodotta dalle sue meravigliose centrali idroelettriche e non da altre fonti, invito a rileggere il mio precedente commento, in cui scrivo chiaramente che le dighe “sono indispensabili per il nostro stile di vita”, affermazione che però fa parte di un ragionamento più ampio che, superando le sue barriere ideologiche, invito Franzini a prendere almeno in considerazione.
Andrea
A me sembra che Anonimo, col suo andare a ritroso nel tempo non si sia spinto fino alle locomotive a vapore, bensì all’epoca in cui anche la nostra montagna forniva energia idroelettrica attraverso gli invasi, ovvero l’agognata energia pulita secondo l’odierno vocabolario, con numerosi posti di lavoro (e nessuno doveva spalar carbone per 15 ore).
Sull’invaso vettese si possono legittimamente avere idee differenti, opposte o anche non proprio coincidenti, e del resto pure Andrea non mi pare sposare fino in fondo la tesi di AG – cioè una assoluta contrarietà – vedendolo realizzabile come “ultima soluzione, solamente dopo aver esplorato tutte le possibili alternative”, e qui sta a mio vedere il punto.
Visto che il “problema acqua” non è di oggi, la strada del verificare “tutte le possibili alternative”, per poi assumere decisioni in proposito, poteva essere imboccata da anni, e sarebbe stata allora credibile, ma l’impressione è che non vi sia mai stata la reale volontà di percorrerla, e l’enunciarla soltanto sia stato di fatto un modo per rinviare la questione.
Un po’ come il sentir dire ciclicamente che occorre frenare lo spopolamento della montagna, ma la sensazione è che ci limiti a sole belle parole, cui non seguono iniziative capaci di raggiungere lo scopo, ossia promuovere le idonee opportunità occupazionali in loco (o agevolare il pendolarismo di chi deve spostarsi giornalmente per lavoro).
Io non sono un acceso “spasimante” della Diga, ma va riconosciuto che i suoi tenaci sostenitori avanzano una proposta concreta, e precisa, condivisibile o meno che sia, e non credo spetti ad Anonimo e Franzini di “cercare soluzioni intelligenti….”, come chiede AG, ma semmai a chi ipotizza le alternative (le quali, salvo mie sviste, e nonostante il tempo trascorso, paiono tuttora piuttosto vaghe e generiche, per non dire “in alto mare”).
P.B. 10.02.2021
P.B.
Evidentemente il sig PB è più attento ai commenti che all’articolo.
Gliene riporto uno stralcio per evitarle di leggerlo tutto:
“Mentre i dighisti elencano i benefici di un invaso di grandi dimensioni, come la possibilità di navigarlo in canoa e di attrarre turisti grazie al lago formatosi dallo sbarramento, Europa Verde Emilia Romagna propone invece di razionalizzare l’irrigazione e di istituire un parco regionale. Anche il Movimento 5 Stelle è contrario alle opere faraoniche e preferisce piccoli invasi: “Servono opere che rientrino in scenari di sostenibilità e che rispondano alle esigenze”.
“Magari lo studio dirà che i numeri della capienza dell’invaso necessario sono diversi da quelli citati, ma non è una scommessa tra me e loro – conclude Berselli – è la normativa comunitaria che ci guida e che fornisce le risposte anche a chi è pro o contro la diga. Per quanto riguarda le canoe, le norme vigenti non lo consentono”.”
AG
Faccio fatica ad immaginare che l’impatto di una diga sulle acque limpide dell’Enza le renda peggiori di quelle del Po, ma stando agli studi fatti su grandi opere di ingegneria civile (sono incluse le dighe in inerti naturali?) sembra che potrebbe essere cosi, visto i danni che da una diga. Ma se si è arrivati a far credere che i coccodrilli volano, volano bassi ma volano, si può far credere anche questo. Per quanto ne so, l’approvazione di un invaso comporta uno studio di impatto ambientale che deve essere approvato da varie unità competenti. Sig. Franzini lei è l’unico che in tanti anni ha fatto proposte concrete per il bene dell’agricoltura e della montagna, vada avanti non si fermi, qualsiasi proposta farà non andrà mai bene a chi vuole impedire che ci sia un futuro su queste terre e a chi dell’agricoltura non importa nulla.
Daniele
Rispondendo ad AG, la mia attenzione ai commenti non è insolita, perché vi vedo il modo di mettere a confronto le opinioni dell’uno e dell’altro di noi, una possibilità che ci mette a disposizione questo giornale online, per chi vuole avvalersene, e quindi ho proceduto “secondo copione”, e nella fattispecie ho poi sorvolato sull’articolo perché non conosco la normativa europea che regola la materia, né come sia stata recepita nella legislazione nazionale, ma per non deludere AG posso provare a dir qualcosa in proposito.
Innanzitutto, mi sembra abbastanza secondario il fatto che l’invaso sia o meno navigabile in canoa, rispetto ad altri aspetti che assumono invece una valenza prioritaria, a seconda dei punti di vista, e di fronte alla notizia che è già stato presentato uno studio sulla risorsa idrica in Val d’Enza, dal quale sarebbero emersi quattro scenari, non riesco a comprendere come si raccordi tale risultanza con la richiesta regionale di veder finanziato uno studio di fattibilità tecnico-economica per realizzare un invaso sull’Enza.
Termini come razionalizzazione, ottimizzazione, miglioramento, perfezionamento, non mi lasciano certo indifferente, e anzi possono essere seducenti, ma poi bisogna tradurli in proposte ed azioni realistiche e praticabili, ossia concrete, che finora non sono riuscito a scorgere, quando il tempo non è mancato se pensiamo che l’interruzione dei lavori per la Diga – iniziati col “taglione” – risale ad oltre trent’anni fa, mentre ancora oggi ci ritroviamo con un ventaglio di ipotesi, tutte da soppesare, vagliare, studiare, verificare, ecc…
P.B. 11.02.2021
P.B.