Basta gadget del ventennio esposti in negozi o bancarelle, basta svastiche dipinte sui muri, basta vedere organizzazioni che si rifanno espressamente al fascismo, basta inquinare il dibattito pubblico con negazionismi o revisionismi, se non vere e proprie apologie, sul nazifascismo.
Anche il Comune di Castelnovo ne' Monti, in collaborazione con la locale sezione Anpi, aderisce alla raccolta firme per punire chi fa propaganda di fascismo e nazismo.
"Legge Antifascista Stazzema" è il progetto che sta portando avanti il piccolo paese della Versilia segnato da una delle più tragiche stragi di civili messe in atto dai militari tedeschi nell'agosto del 1944.
La proposta punta a mettere al bando non solo la diffusione delle ideologie fasciste e naziste, attraverso un aumento di pena se la propaganda avviene online, ma anche gli oggetti che richiamino a quelle simbologie, sempre più spesso pubblicizzati anche attraverso il web e i social.
"Chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La pena è aumentata di un terzo se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici": è questo l'estratto della proposta di legge di iniziativa popolare avanzata dal sindaco di Stazzema, Maurizio Verona.
Il modulo è stato inviato a tutti i municipi italiani, ad ora comprendo circa il 90% delle amministrazioni. Per partecipare alla raccolta di firme è sufficiente recarsi in Municipio, presso l’Ufficio Anagrafe, con un documento valido. Il termine per poter aderire e firmare è il 31 marzo 2021.
Spiega in una nota la Giunta di Castelnovo ne' Monti: “Purtroppo, nonostante l’impegno di tante Amministrazioni comunali, regionali, del Governo per trasmettere anche ai più giovani la memoria di quanta sofferenza e dolore abbiano comportato il fascismo e il nazismo in Italia e in Europa, assistiamo ancora a fenomeni propagandistici e ad episodi incresciosi. C’è chi continua a inneggiare a quei movimenti, ne riprende gesti e simboli, cerca di evidenziare aspetti positivi di un periodo che in realtà è stato tra i più bui e terribili della storia umana. Assistiamo anche, da anni purtroppo, alla diffusione e commercializzazione di gadget, oggettistica e pubblicazioni che di fatto portano avanti questo stesso tipo di propaganda. Opporsi a tale cultura quindi non è una battaglia di retroguardia, ma è ancora estremamente importante e attuale, lo abbiamo visto e ribadito anche attraverso i tanti messaggi diffusi e le iniziative in occasione della Giornata della Memoria”.
Ottima iniziativa che abbiamo fatta nostra anche nel Comune di Baiso, per chi fosse interessato si può firmare (meglio se con appuntamento) presso l’anagrafe comunale
Francesco Benassi
E’ più che legittimo il volersi cautelare dall’eventuale ritorno o riproporsi di regimi che hanno oppresso i popoli, privandoli della libertà e causando loro sofferenza e dolore, ma di fronte a questa “raccolta firme per punire la propaganda fascista”, viene innanzitutto da dire che da noi esiste già, fin dal lontano 1952, una norma che si oppone alla “riorganizzazione del disciolto partito fascista”, prevedendo le relative penalità al riguardo.
Anche il negazionismo, altro “bersaglio” della iniziativa, mi sembra avere già di per sé il fiato corto, perché non si possono ignorare e disconoscere le leggi razziali, i rastrellamenti e le deportazioni, così come pure è caduta la coltre di silenzio ed oblio che ha lungamente avvolto le atrocità compiute da altre ideologie (il tempo ce ne ha fatto via via conoscere il vero volto nonostante chi voleva minimizzarle, o trovarvi una qualche giustificazione)
Non capisco pertanto le ragioni di questa iniziativa, ma in ogni caso andrebbero fatte a mio vedere delle differenziazioni, distinguendo le azioni “materiali” da quelle che tali non sono, non equiparerei cioè le “svastiche dipinte sui muri” con quanto può uscire nel “dibattito pubblico”, usando i termini di queste righe (nel secondo caso scorgerei un limite alla libera manifestazione del proprio pensiero, che mi consta tutelata dall’art. 21 della Costituzione).
Io penso che la strada maestra per contrastare i totalitarismi non sia il voler tacitare e reprimere le voci sgradite, con l’inasprimento delle “punizioni”, bensì quella di ricorrere alle argomentazioni, che certo non mancano, per convincere i nostri giovani della pericolosità dei totalitarismi (quando si cerca di mettere il bavaglio alle idee tramite i cosiddetti “reati di opinione”, possiamo renderle semmai invisibili o impercettibili, e anche apparentemente dissolte, ma col rischio di vedercele poi riapparire sotto altre ed inaspettate forme).
P.B. 04.02.2021
P.B.
Buonasera P.B.
mi trovo d’accordo con gran parte di ciò che lei ha scritto, ma mi piacerebbe puntualizzare un paio di argomenti su cui invece avrei da eccepire.
La legge N° 645 del 1952, cosiddetta legge Scelba, a cui Lei sicuramente fa riferimento, punisce si la riorganizzazione del partito fascista (articolo 1), ma si è dimostrata inefficace per quanto riguarda l’articolo 4 (apologia di fascismo). Leggendo attentamente, difatti, l’articolo 4 risulta poco chiaro e soggetto ad interpretazioni. Lo dimostra il fatto che processi aperti sulla base di questo articolo, relativi ad avvenimenti identici nei fatti e nei modi, hanno avuto esiti diametralmente opposti a seconda dell’interpretazione del collegio giudicante. Vedasi a proposito, per esempio, le due sentenze contrastanti relative ai saluti romani al campo X del cimitero Maggiore di Milano. La proposta di legge “Stazzema”, invece, è molto più specifica, e mira tra l’altro anche a punire, come scritto nell’articolo, la rivoltante ostentazione di oggetti che richiamano simbologie nazifasciste, sempre più spesso pubblicizzati anche attraverso il web e i social.
Il secondo punto su cui sono perplesso, infine, è che il negazionismo storico della shoah abbia il fiato corto. Non mi pare proprio che sia così. Anzi, il recente dilagare dei nuovi strumenti di comunicazione, che danno voce a qualsiasi idiota come se fosse uno storico di fama, lo rende a mio avviso un pericolo ancora più attuale che in passato.
Un cordiale saluto
Andrea
P.B. non sono d’accordo. Ogni iniziativa volta a impedire la propaganda di idee
totalitaristiche, di qualsiasi ideologia e colore, è necessaria per contrastare chi oggi vuole sminuire o negare gli orrori che sono stati compiuti. Questo per me non significa voler reprimere o tacitare le voci sgradite, ma difendere la democrazia da nostalgie pericolose e aberranti come avviene per altri gravi reati. Sono convinto che molti giovani, nonostante le tante iniziative attuate, non comprendano fino in fondo la gravità di quanto avvenuto nei regimi totalitari, ma considerino questi avvenimenti come fatti di un passato lontano e non ripetibile. Su questo occorre lavorare ancora con impegno senza allentare l’attenzione.
Carlo
Quanto scrive Carlo, ossia “occorre lavorare ancora con impegno”, nonostante le “tante iniziative attuate”, starebbe dunque a dirci che l’opera di sensibilizzazione svolta in questi decenni non ha dato i frutti sperati, anzi vi siamo ancora lontani, e ci si dovrebbe allora interrogare sulle ragioni di tale “insuccesso”, tra le quali io mi sentirei di mettere l’eccesso di politicizzazione con cui sono state non di rado condotte le commemorazioni dei tragici accadimenti che hanno segnato la vita del nostro Paese in quei tormentati anni.
Se si fossero evitati detti eccessi, e non si fossero nel contempo taciuti o trascurati, o sminuiti, i ”misfatti” di altri regimi, l’opera di sensibilizzazione poteva essere forse più convincente ed efficace verso le nuove generazioni. Non sono stati cioè biasimati i totalitarismi di “qualsiasi ideologia e colore”, e il giustificazionismo a favore di una parte può aver dato l’idea, specie tra i giovani, che vi siano anche totalitarismi “buoni”, o capaci di azioni positive, diversamente da quelli “cattivi” (il che non mi pare il miglior messaggio).
Credo in buona sostanza che siano stati commessi non piccoli errori “politici” nel trasmettere la memoria delle atrocità del Novecento, e il voler oggi rimediare a quegli errori attraverso il codice penale mi sembra sbagliato, e anche controproducente come dicevo nel mio precedente commento. Penserei piuttosto a rivedere il messaggio politico, in modo da radicare nei giovani l’avversione verso ogni forma di totalitarismo (dopo di che non mi preoccuperei più di tanto del negazionismo di qualcuno, per rispondere ad Andrea)
P.B. 05.02.2021
P.B.
Gli italiani hanno sperimentato sulla loro pelle un totalitarismo di tipo fascista e nazista e da quello si sono liberati. Pertanto è comprensibile che si ricordino e condannino quei tragici avvenimenti che li hanno direttamente coinvolti, ma il messaggio è universale e come tale dovrebbe essere compreso.
Carlo
Per stare nei paraggi di casa, vorrei rammentare a Carlo che noi abbiamo avuto anche il cosiddetto “triangolo rosso”, le cui dolorose vicende, sottaciute per anni, avevano una matrice ideologica piuttosto nota e, se ben ricordo, chi ha cercato di portare alla luce quei fatti non trovò grande accoglienza nella corrente di pensiero allora egemone e dominante in terra reggiana, per dire che se noi vogliamo mandare un “messaggio universale”, come scrive Carlo, dovremmo innanzitutto rappresentare la storia nella sua interezza – non solo la parte che ci interessa o ci piace – in modo che ciascuno possa poi farsi la propria opinione in proposito, diversamente ben venga anche uno storico non di fama, per usare le parole di Andrea, a raccontarci i pezzi mancanti (posso sbagliarmi, ma credo che non abbia giovato alla causa una lettura degli eventi fatta abbastanza di sovente a senso unico).
Proseguendo con Andrea, egli ci dice nel suo commento che l’art. 4 della legge n. 645/1952 risulta “poco chiaro e soggetto ad interpretazioni”, tanto che avvenimenti identici “hanno avuto esiti diametralmente opposti a seconda dell’interpretazione del collegio giudicante”, il che gli fa vedere con favore un allargamento/inasprimento delle punizioni, ma qui bisognerebbe conoscere le relative sentenze – oltre a capircene qualcosa, essere cioè “addetti ai lavori” – e ci si potrebbe altresì domandare se la diversità di verdetto, ossia di giudizio, non sia dipesa da una differente “traduzione” dell’art.21 della Costituzione (mi risulta peraltro che sulla legge n. 645/1952, in particolare l’art. 4, fosse stato richiesto un pronunciamento della Consulta, proprio per sapere se poteva uscirne limitata e compromessa la libera manifestazione del proprio pensiero, tutelata appunto dal predetto art.21).
P.B. 06.02.2021
P.B.