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77^ della fucilazione di don Pasquino Borghi. Commemorazione in Ghiara con una testimonianza importante.

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Sabato 30 gennaio alle ore 10 è stata commemorato il 77°anniversario della fucilazione di don Pasquino Borghi e degli otto patrioti uccisi dai fascisti repubblichini  presso il Poligono di tiro di Reggio Emilia: Ferruccio Battini, Romeo Benassi, Umberto Dodi, Dario Gaiti, Destino Giovannetti, Enrico Menozzi, Contardo Trentini ed Enrico Zambonini.

Alle ore 11 presso la Basilica della Madonna della Ghiara ha presieduto la Messa il vescovo mons. Massimo Camisasca con don Giuseppe Dossetti, don Giancarlo Denti (da Villaminozzo), don Carlo Fantini (da Canolo), don Paolo Crotti (da Scandiano) e don Darmetko Wojcieck (da Bibbiano). Don G.Dossetti ha letto una "memoria", antecedentemente firmata dai nipoti e pronipoti di don Pasquino, reggiani ed argentini, e da colui che, quindicenne allora, fece parte del plotone d'esecuzione.  Hanno tutti affermato di aver accolto e oggi condiviso la preziosa eredità del perdono di don Pasquino offerto ai suoi uccisori, rafforzato da mamma Orsolina che nel 1946 ha saputo perdonare il ragazzo quindicenne nel corso del processo, e così salvarlo dalla condanna e portandolo verso un percorso di conversione.
LA MEMORIA LETTA DA DON DOSSETTI

Basilica della Ghiara, 30 gennaio 2021

Il 30 gennaio prossimo ricorrono settantasette anni dall’uccisione di don Pasquino Borghi. Non sarà possibile dare molta visibilità a questo anniversario, data la situazione di incertezza, dovuta all’epidemia del virus Covid-19.

                Sarà tuttavia l’occasione per un ricordo più intimo e per una riflessione più intensa su un evento che ancora ci interroga e che, forse proprio per l’universalità della sofferenza che il mondo sta vivendo ormai da un anno, può aiutarci a trovare la nostra strada, che non può essere il ritorno a ciò che eravamo. Ce lo ha ricordato Papa Francesco: “La pandemia ci ha messo tutti in crisi. Ma ricordatevi: da una crisi non si può uscire uguali. O usciamo migliori, o usciamo peggiori “(26.08.2020).

                Così fu anche allora. Il mondo usciva devastato dalla guerra: non solo eravamo di fronte alla distruzione delle nostre città, ma c’erano macerie spirituali che resero difficile la ricostruzione morale del nostro Paese. Vogliamo testimoniare che dal dolore, dalle crudeltà, dalle colpe, potè sorgere un’energia buona, che ha accompagnato noi e tante altre persone in un cammino di giustizia e di rinnovamento.

                Il seme fu gettato da don Pasquino. Noi lo onoriamo come “martire della carità”: furono la carità evangelica, la pietà per le sofferenze del suo popolo, la speranza di un mondo più fraterno a guidare le sue scelte. Consegnandosi con mitezza alla morte, egli aveva presente la frase del Vangelo: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”(Gv 12,24). Tutto sembrava smentire la sua fede, il male sembrava celebrare la sua vittoria: come Abramo, “sperò contro ogni speranza”.

                Ma noi siamo qui, per attestare che quel seme è stato immediatamente fecondo e che, ancora oggi, suscita pensieri buoni e propositi generosi.

                Il primo frutto fu il perdono che la sua mamma, Orsolina, accordò al giovane che aveva partecipato alla fucilazione di suo figlio. Ella scrisse: “Sull'esempio eroico dell'amato figlio Don Pasquino e in sua memoria, per la pacificazione degli animi da lui auspicata nel supremo istante del sacrificio della propria vita, perdono cristianamente all'esecutore materiale dell'iniqua sentenza”.

                “Noi familiari di don Pasquino siamo convinti che queste parole non solo hanno tolto dal nostro animo ogni desiderio di vendetta, ma ci hanno orientato a seguire il suo esempio, nell’impegno per il bene comune”.

                “Allo stesso modo io, Sergio, allora quindicenne, fui certo del perdono di don Pasquino subito dopo la mia partecipazione alla sua fucilazione. Mia madre lo comprese subito e lo scrisse alla mamma di don Pasquino, ringraziandola per il suo gesto: “Mio figlio non potrà mai dimenticare quello che ha visto in quella tragica mattina e quel ricordo sarà sempre di sprone a bene operare in ogni azione della sua vita”. Da quel momento, cercai di dare alla mia vita il senso di un servizio ai malati e ai bisognosi, ricordando e invocando ogni giorno, nelle mie preghiere, l’intercessione di quell’uomo, il cui sangue, come disse mons. Camisasca, <<è diventato luce>>.

                Sottoscrivendo insieme questa memoria, vorremmo dare un messaggio di speranza a chi vive oggi con tanta difficoltà l’epidemia e le sue conseguenze, la paura, la povertà, la perdita di persone care.

Vogliamo ripetere, con l’apostolo Pietro: “La carità copre una moltitudine di peccati” (1Pt 4,8). La memoria di don Pasquino ci ha reso più buoni e anche, riteniamo, cittadini migliori.

Firme dei familiari di don Pasquino Borghi

Firma di Sergio Paderni

( Testo condiviso con i componenti del Gruppo di lavoro ‘Amici di don Pasquino Borghi’)