Riceviamo e pubblichiamo
La solennità di questa domenica ci fa compiere un salto temporale di 30 anni, passando dagli episodi della vita di Gesù legati alla sua natività al momento del suo battesimo. Lo strano silenzio dei Vangeli intorno a questo lasso di tempo può forse avere una spiegazione molto semplice: in questo periodo Gesù è cresciuto e vissuto come un uomo qualunque, essendo lui allo stesso tempo vero Dio e vero Uomo. Questa sua doppia natura si manifesta chiaramente nel brano che la liturgia ci offre.
La vicenda si svolge presso il fiume Giordano, limite tra la Terra promessa e i territori pagani. Venendo al Giordano, Gesù si presenta come nuovo Mosè, perché come questi aveva condotto Israele verso la terra promessa, così Cristo condurrà il nuovo popolo di Dio alla salvezza nella Terra promessa spirituale. Il modo in cui questa novità si esprime è intuibile anche approfondendo la differenza tra i due diversi battesimi compiuti rispettivamente da Giovanni Battista e da Gesù. Mentre il primo infatti battezzava «con acqua», cioè attraverso un segno che esprimeva la propria scelta di purificazione e la disposizione a seguire il progetto di Dio, il secondo battezzerà «in Spirito Santo», ovvero donerà ai credenti la forza creatrice di Dio per avere in dono da Lui la salvezza, così come annunciato anche in alcuni passi dei profeti (cfr. Is 63, 11-19).
Dopo che Gesù ha ricevuto il battesimo di Giovanni ed esce dal fiume, si ha la manifestazione definitiva del suo stretto rapporto con Dio. Dapprima «egli […] vide squarciarsi i cieli», avvenimento che sottolinea la rivelazione del progetto di Dio; in seguito vide «lo Spirito discendere verso di lui come una colomba». La discesa dello Spirito è il segno distintivo della chiamata al ministero divino e alla missione, che già nell’Antico Testamento aveva riguardato profeti e re (cfr. Nm 11, 17; 1Sam 16, 13), mentre la scelta della colomba come simbolo per identificare lo Spirito ricorda la colomba mandata da Noè fuori dall’arca e che tornò con la foglia d’ulivo nel becco ad annunciare la pace di Dio dopo il diluvio. Il brano si conclude con l’investitura pubblica di Gesù: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento». È qui che Cristo viene chiamato in modo inequivocabile Figlio di Dio, con una formula che echeggia l’inno messianico del salmista (cfr. Sal 2, 7). Ma non solo: Gesù diviene anche il primogenito del nuovo popolo eletto. Infatti, attraverso il battesimo che abbiamo ricevuto, anche noi credenti siamo stati riempiti di Spirito Santo e in Cristo possiamo rivolgerci a Dio chiamandolo “Padre” (cfr. Gal 4, 4-7).
Meditiamo con attenzione le brevi righe di questo brano di Vangelo e ricordiamo il momento del nostro battesimo, per poter contemplare nel profondo l’azione purificatrice e salvifica che la divina Trinità ha operato in noi.
Buona domenica