Mamma dice che non c’è nulla di meglio per riprodurre il paesaggio dove è nato Gesù, anche se a me sembra strano perché ho letto su un libro che la Palestina e i luoghi attorno a Betlemme, sono fatti di terre sassose e aride.
Nei giorni scorsi qui da noi è caduta tanta neve “spolverina”, che ha coperto tutto col suo bianco gelido, sono seguiti giorni di cielo azzurro ma con temperature sotto lo zero.
Non sarà facile trovare zone di terreno scoperto, ma contiamo sul fatto che la neve è caduta con un vento forte che l’ha ammucchiata lasciando nudi i costoni più esposti.
Ci siamo tolti gli sci al mulino di Tonio vicino al torrente mentre il sole già basso sull’orizzonte, illuminava solo le rocce della Penna e tutto era ormai in ombra.
Ci hanno sentito arrivare e si sono fatti sull’uscio invitandoci ad entrare per scaldarci, dentro il fuoco era ancora alto nel camino e stavano finendo di mangiare.
Scure fette di polenta di castagne erano ancora sulla tavola e dalla padella di rame appesa veniva uno sfrigolante odorino di salsiccia e fegatini; noi avevamo già mangiato e la Rosa ci ha offerto dei “befanini” inzuppati nel vino.
Tonio ci ha detto che per trovare qualche macigno libero dalla neve, avremmo dovuto raggiungere senza sci la segheria vecchia seguendo il sentiero coperto di neve che nessuno aveva rotto, lì giunti ci ha consigliato di proseguire ma facendo molta attenzione.
Tonio mi sembra vecchissimo e mi piace tanto, ha le mani che gli tremano forte per una malattia che, mi ha detto la mamma, ha un nome straniero e non ci sono medicine per guarirla.
Noi ragazzi lo guardiamo di nascosto quando la domenica all’osteria, cerca di portarsi il bicchiere di vino alla bocca e metà del contenuto va perduto prima di arrivare a destinazione e allora dobbiamo correre via per nascondere le risate!
L’ho guardato anche mentre ci accompagnava fuori e mi sono pentito di aver riso di una persona che mi sembra tanto buona e molto vecchia, che mi fa venire in mente il castagno del Marginello che sopporta con pazienza i nostri giochi di ragazzi, le nostre sassate e sta lì anche quando gli facciamo la pipì addosso.
Abbiamo dovuto affrettarci perché la sera arriva presto alla fine di dicembre, lasciato il caldo del mulino con le gerle sulle spalle ci siamo incamminati lungo la riva del torrente. Fino alla segheria vecchia, anche se abbiamo dovuto rompere la neve alta oltre il ginocchio, la traccia del sentiero s’intuiva facilmente. Dopo quel punto scompariva nel ripido pendio che finiva dritto nel rumore dell’acqua e si doveva proseguire sul fianco della gola fino a superare una stretta curva del torrente, oltre la quale speravamo di trovare macigni liberi dalla neve e ricoperti di muschio.
Non è stato facile avanzare cercando di trovare appoggi sicuri sotto gli scarponi, ci hanno aiutato alcuni amici alberelli ai quali ci siamo aggrappati nei passaggi più impegnativi. Io, cercando di non guardare in basso per mantenere coraggio, mi sforzavo con difficoltà di ricalcare le orme di mio fratello con le mie gambe più corte.
Siamo infine arrivati e per nostra fortuna alcuni macigni erano liberi dalla neve e ricoperti da una pelliccia di soffice muschio.
Al ritorno è stato semplice seguire al contrario le nostre tracce e arrivare presto al mulino, dove Tonio è uscito sentendoci tornare.
Ci siamo fermati a riposare e mentre mio fratello parlava con lui, io osservavo il torrente che in quel punto scorreva tra sassi affioranti e ricoperti di ghiaccio che si allungava a coprire le pozze d’acqua limpida e mi sono chiesto come facciano le trote a passare l’inverno là sotto, senza il calore di un fuoco.
Rimessi gli sci ai piedi abbiamo infilato la mulattiera coperta di neve battuta scivolando rapidi verso le case del paese, e mentre l’aria fresca del giorno che finiva mi riempiva i polmoni e gli occhi ho pensato: anche questo sarà un bellissimo Natale.
Oggi, mentre scrivo queste parole, è sabato 24 Dicembre 1955 e io sono solo un bambino di 10 anni, l’anno prossimo finirò le elementari e andrò lontano in pianura, in collegio. Via da questa magica valle.
Grazie per questo racconto… un quadro di un tempo passato… dove sono saldamente attaccate le radici di noi montanari…