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Spook intervista Andrea Segre, agronomo ed economista italiano. Domani ore 9.45 su Radionova

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Andrea Segre, agronomo ed economista italiano

I ragazzi di Spook in onda domani venerdì 17 dicembre su Radionova, dalle 9.45 alle 10.45: Federico Cavazzuti e Filippo Romei hanno intervistato Andrea Segre, agronomo ed economista italiano, nonché professore di politica agraria internazionale e comparata presso l'Università di Bologna.

Ecco un resoconto di ciò di cui hanno parlato: economia ed ecologia

Le parole sono importanti. Ce lo ricorda Nanni Moretti, ma ce lo ricorda anche Andrea Segre. La sua operazione con le parole sarebbe quasi banale, se non fosse di una genialità così semplice e diretta: economia ed ecologia derivano entrambe dal greco, entrambe iniziano per "eco", ma (probabilmente se sapete leggere ve ne siete accorti) finiscono in maniera diversa. Economia è l'unione tra oikos (casa) e nomos (legge), ecologia unisce invece oikos e logos. Il logos per i greci era una sorta di potenza creatrice derivata dal pensiero e dalla parola, ciò che in un certo senso dà forma al pensiero. Nessuna delle nostre parole restituisce il senso originario. Noi nel dubbio lo traduciamo come Goethe nel Faust e ve lo restituiamo come "atto". Quindi: da una parte come gestiamo la nostra casa, dall'altra come le nostra casa è, si genera, pensa, parla e agisce.

Ma non è che (lo diciamo sottovoce) dovremmo occuparci più di com'è la nostra casa prima di volerla gestire per bene? Non sarebbe una cosa logica adattare l'arredamento alle dimensioni della casa? Evidentemente no.

Saremo più brevi del solito. Semplicemente non c'è niente da dire, è così e punto. Se gli scienziati prevedono che tra 7 anni il clima potrebbe mutare radicalmente e cambiare le sorti di tutta l'umanità c'è poco da dire, bisogna invertire la rotta. Se negli ultimi anni le catastrofi si sono moltiplicate di venti volte non è di certo un caso, come non è un caso che milioni di disperati fuggano in Europa perché in Africa la siccità sta devastando il loro territorio, la loro casa. Sono solo i primi di una lunga futura serie: l’Africa è il continente che soffrirà maggiormente per i cambiamenti climatici, chi ci vive è letteralmente vittima del nostro folle livello di consumo, del nostro sistema tossico costruito sul nulla. L'Africa produce ovviamente molto meno di noi, il suo contributo all’immissione di gas serra nell'atmosfera è minimo.

Noi nel dubbio chiamiamo invasione l'esodo di disperati che cerca una vita vera qui in Europa, ne ignoriamo le cause (tutte a carico nostro) e i benefici che potremmo trarne. Pensiamo sia fondamentale cercare di capire davvero quello che succede e non gridare cose orribili come se le parole non abbiano un peso. Le parole sono importanti.

Comunque sia indietro non si torna, l'unica nostra speranza è di non peggiorare troppo le cose. Ma dobbiamo agire immediatamente: sviluppare la ricerca (con soldi pubblici, quindi con le tasse, quindi con i nostri soldi, chi più ne ha più ne metta), tassare fortemente i metodi non sostenibili (combustibili fossili, allevamenti intensivi) e finanziare metodi sostenibili. Dobbiamo credere tutti in questa pragmatica utopia.

Il cambiamento inizia da ognuno di noi, dal nostro modo di agire nel piccolo, nel quotidiano. Dobbiamo capire che il pensiero consumistico, il mondo in cui siamo naturalmente cresciuti e che il sistema ci impone, ciò che per noi è la normalità, ci sta portando alla deriva. Dobbiamo rivedere le nostre priorità, dare il giusto valore alle cose e mettere al primo posto la Terra, la nostra casa. Dobbiamo sforzarci, fare un po’ di fatica e non cadere nella trappola del ‘fast’, delivery, food, news, dove tutto è immediato e semplificato a discapito della terra, delle persone, degli animali e del prodotto in sé e del tutto che ci unisce indissolubilmente.

Nell’era dell’innovazione e della velocità dobbiamo riscoprire la lentezza e la complessità, trasformare lo sviluppo in progresso; solo così avremo qualche possibilità di salvarci e di far rinascere la nostra casa. L’Appennino crediamo possa essere un punto di partenza di questa svolta, un esempio per il mondo intero e lo crediamo davvero, altrimenti non perderemmo tempo a scrivere queste righe.

Chiudiamo con una semplice constatazione: non esprimiamo il nostro pensiero, esprimiamo un dato di fatto. Il nostro attuale livello di consumo non è più sostenibile, questa precisa fase storica del capitalismo sta diventando una possibile catastrofe (abbiamo un po' complicato le cose, scusate).

Nella vita quotidiana pensieri del genere non ci possono sfiorare, abbiamo altre cose a cui pensare, la casa, la famiglia, il calcio e tutto ciò che in un certo senso ci spinge ad andare avanti. Inoltre nessuno ha veramente interesse che possiamo pensare a certe cose, semmai il contrario.

Tutto è estremamente complesso, collegato, un'infinita serie di eventi che interagiscono tra di loro e ci restituiscono una chiara fotografia della realtà, una immagine semplicissima con cui dobbiamo (inter)agire per poter far sì che il mondo di chi verrà dopo di noi sia un posto migliore.

Sicuramente, non ciò che stiamo facendo.

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