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Moria dei pesci e crollo di ponti: ecco cosa succede se si escava troppa ghiaia nei torrenti d’Appennino

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Nel precedente intervento avevo evidenziato che il declino dei pesci nei nostri torrenti appenninici era causato da diversi fattori. Ne avevo ricordati tre (l'inquinamento, il calo delle portate, il prelievo di ghiaia), ma è bene precisare che ce ne sono diversi altri (gli sbarramenti, la pesca illegale, le piene, l'invasione di cormorani, ecc.) e tutti meriterebbero di essere approfonditi.

L'escavazione nel letto dei fiumi ha avuto un forte sviluppo nella seconda metà del secolo scorso, di pari passo con la necessità di reperire materiale da costruzione. La definizione di “prelievo di inerti”, molto usata trattandosi di materiale non organico, può far pensare ad operazioni ininfluenti per l'ambiente, ma purtroppo non è così. Basta
guardare le due fotografie che ritraggono entrambe il Crostolo appena sopra Rivalta in tempi diversi per farsi un'idea.

Nella prima fa bella mostra di sé il ponte di ferro che oggi non c'è più, ma soprattutto si può apprezzare la larghezza del letto del torrente. Il paesaggio che si vede nell'altra scattata in questi giorni nello stesso punto è ben
diverso, il corso d'acqua è infossato e molto stretto, e non c'è alcuna traccia di sassi.

L'asportazione di ghiaia fino ad arrivare alla terra sottostante è frequente nei nostri corsi d'acqua dalla parte più alta della pianura in giù, mentre in collina e più oltre di solito è stato lasciato un sottile strato di ciottoli molto omogeneo. In ogni caso l'erosione causata dall'abbassamento dell'alveo provoca frane e minaccia la stabilità dei ponti, come è successo per quelli sul Secchia in località La Gatta e più a valle a La Veggia.

Si è cercato negli ultimi anni di interrompere lo scempio con l'emanazione di una legge regionale che vieta il prelievo di materiale dal letto dei torrenti se non per opere di messa in sicurezza. Di fatto però durante questi interventi nessuno controlla quanta ghiaia venga asportata. È un'abitudine molto italiana quella di legiferare con rigore senza poi controllare il rispetto di quanto stabilito. E i furbi non mancano mai.

La provvisoria deviazione del corso d'acqua che si effettua in questi casi è un evento traumatico che porta alla moria dei pesci che rimangono all'asciutto, visto che non è prassi effettuare recuperi preventivi, ma anche di tutte le altre forme di vita acquatica, interrompendo così il ciclo vitale per molto tempo a venire.

Si è visto che in questi casi sono necessari 2-3 anni prima che ritorni una popolazione di insetti paragonabile a quella precedente. Solo dopo che queste indispensabili fonti di nutrimento si sono ristabilite, possono arrivare anche i pesci, nella speranza che la conformazione del fondale abbia anch'esso ripreso una certa normalità.

Questa fotografia appena scattata nel corso medio-alto del Parma è indicativa più di qualsiasi spiegazione teorica di come la carenza d'acqua e il lavoro delle ruspe possano ridurre i nostri torrenti appenninici.

Errico Chiari
Guardia Ecologica Volontaria del corpo GEV di Reggio Emilia

3 COMMENTS

  1. ho letto e riletto l’articolo del sig. errico chiari.
    la prima sensazione è che scrivendo a redacon avesse sbagliato provincia,
    la seconda è che non avesse ben chiari gli eventi da lui citati.
    cercherò di spiegarmi.
    1) sono ormai molti anni che, salvo piccoli prelievi in compensazione, in montagna non si attuano piani di escavazione come da lui citati. infatti mi sembra che per parlare del tema ha dovuto proporre foto fatte al crostolo in pianura o del corso medio alto del parma. lo invito a dirci quali prelievi dissennati di ghiaia sono stati fatti nel nostro appennino e a fornirci la relativa documentazione amministrativa e fotografica. se poi lui è a conoscenza di prelievi abusivi, visto il suo ruolo, è bene che li segnali alla magistratura;
    2) ha citato il cedimento del ponte di gatta, legandolo presumo, alle escavazioni. gli segnalo che in quell’anno causa una piena di dimensioni mai vista (chiedere agli anziani che la vissero) crollò anche il ponte di giarola di cinquecerri (non mi risulta si facessero li escavazioni). gli segnalo che recentemente è crollato anche il ponte sul dolo in località morsiano ove di escavazioni non mi risulta siano state fatte. voglio proporre al sig. chiari una diversa lettura di tali cedimenti, non potrebbero essere dovuti alla mancanza di pali sotto le pile e a una profondità delle fondazioni delle pile stesse non idonea?
    ma la cosa che mi preoccupa di più del suo articolo è il ricondurre tutto a temi di escavazioni e ambientali.
    per suo diletto e dei lettori voglio provare a elencare altri fattori su cui riflettere:
    1) lo spopolamento della montagna, scelta nei fatti mai contrastata, con conseguente calo della coltivazione dei terreni e boschi e mancata regimazione delle acque superficiali;
    2) la mancata manutenzione da parte dei vari enti del territorio soprattutto in fase preventiva (frane e regimazione torrenti);
    3) la mancata pulizia e regimazione dei torrenti e dei fiumi anche da parte di privati cittadini, un tempo abitudine consolidata e ora di fatto non consentita, salvo alcune modifiche normative recenti.
    se a tutto questo aggiungiamo che negli anni sono cresciuti in modo esponenziale i controllori rispetto ai controllati (i montanari) penso che ci sia di che riflettere.
    un invito lo rivolgo al sig. chiari e a chi vuole il bene della montagna, proviamo a concepire una montagna vivibile con al suo interno una forte componente umana dotata dei servizi necessari (sanità, scuole, strade,…) e non solo come una riserva indiana ove vigono tanti divieti, da visitare nei fine settimana e nei periodi di ferie, e vedrà che in un tale contesto anche l’ambiente troverà un suo giusto equilibrio.

    ferrari piero

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    RISPONDE L’AUTORE: Il commento dell sigor Piero Ferrari, pur con i suoi distinguo, conferma in sostanza quello che ho scritto, e cioè che in passato si sono fatti prelievi massicci di inerti nei fiumi con esiti disastrosi sull’ambiente. Fortunatamente le cose sono cambiate, ma non abbastanza. Riguardo al fatto che la foto pubblicata ritragga un’escavazione nel torrente Parma, non significa che io per avvalorare le mie parole sia dovuto andare chissà dove, semplicemente non potendomi spostare per i ben noti motivi ho chiesto ad un amico che abita nella zona di mandarmi documentazione di un intervento, e non è il solo, fatto recentemente.
    Stabilire le cause del crollo dei ponti non è semplice, probabilmente hanno concorso diversi fattori. Il ponte della Gatta era da tempo in osservazione perché si erano scoperte le fondamenta dei piloni; poi siamo d’accoro che la causa scatenante è legata ad un episodio di piena. Certo averci scavato sotto a valle, anche a distanza, incidendo su velocità dell’acqua e pendenza, non ha fatto bene ai manufatti.
    Anche certi interventi successivi al divieto, con spianamenti tipo piallature dei letti per scopi idraulici hanno anch’essi profondamento alterato un ecosistema che andava tutelato diversamente rispetto a lavori che sembrano piuttosto ispirarsi per sensibilità ambientale alle manutenzioni autostradali.
    Non concordo poi sul fatto che i controllori siano più dei controllati. Le leggi sono molto articolate e spesso ridondanti, ma ribadisco che il controllo del loro rispetto sia decisamente latitante. Le amministrazioni locali hanno scarse risorse economiche, pochi mezzi e poco personale, lo sappiamo tutti. Purtroppo la buona volontà da sola non basta.
    Sulla polemica veteromontanara della colonizzazione a danno degli abitanti, cosa che abbiamo sentito spesso e su cui ha lucrato qualche politico in cerca di facile consenso, non entro nel merito. Il richiamo però alla colonia indiana e agli “invasori” domenicali, suona un po’ vintage in tempo di globalizzazione, quando gli abitanti della montagna sono connessi a una economia più vasta. Sono inseriti in organizzazioni o ditte che non hanno messo i loro confini a Vezzano, ma dialogano con un mondo più vasto dell’orticello di paese. Sepppur con fatica i borghi abbandonati si stanno ripopolando e restaurando per il concorso di abitanti della pianura, quasi sempre figli o nipoti di montanari.
    La difesa delle nostre montagne e la tutela del loro straordinario ambiente naturale, che è un patrimonio di tutti, vale sia per chi vive a Ligonchio sia per chi vive a Massenzatico (E.C.)

    • Firma - ferraripiero
  2. Senza scendere nei particolari sul bisogno dei comuni di fare cassa e sulla loro disponibilità a concedere, basta guardare il Secchia da Cerredolo in giù per capire che qualcosa che non va c’è e se si ha la pazienza di arrivare oltre Castellarano si può vedere come si distrugge un fiume. Basta cercare testimonianze sui nostri corsi d’acqua di cinquant’anni fa per rendersi conto degli effetti degli interventi dell’uomo. Il discorso degli effetti dei prelievi di ghiaia è complicato e non si può fare senza considerare tutte le complicanze che tali lavori possono provocare, il fiume è molto di più di ciò che vediamo da profani e ridurre il discorso al solo aspetto economico è poca cosa. Non credo comunque che questo sfruttamento dei corsi d’acqua possa risolvere le problematiche elencate in seguito e penso che il solo vero valore che la montagna ha, sia il territorio naturale di cui dispone. Bisogna imparare a rispettarlo e valorizzarlo senza distruggerlo ma qui serve un cambio di mentalità ancora lontano.

    Antonio D.Manini

    • Firma - Antonio D.Manini
  3. Fa piacere leggere ciò che scrive Ferrari, almeno c’è qualcuno che dice cause e conseguenze reali di come stanno le cose. Leggere che ci sono borghi montani che si stanno ripopolando e che lo straordinario ambiente della montagna va tutelato, come scrive Chiari, mentre nella realtà il territorio è completamente degradato e irrecuperabile; e che bisogna imparare a rispettare e valorizzare il territorio della montagna come dice Manini, mi chiedo: ma dove sono i borghi montani ripopolati?, io vedo solo lo spopolamento totale; ma quali sono gli ambienti da valorizzare?, e chi li valorizza?; a valorizzarli era il montanaro che viveva su queste terre con il duro lavoro di picco e pala, e non certo chi pensa di farlo dando suggerimenti senza “sporcarsi le mani”

    Davide

    • Firma - Davide