Riceviamo e pubblichiamo
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Il 20 novembre si celebra la Giornata Mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, un’occasione in cui ribadire la necessità di un impegno universale per la tutela dei diritti sacri e inviolabili di ragazzi e bambini.
Era il 20 novembre 1989 quando fu approvata la Convenzione sui diritti dell’infanzia dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: un punto di svolta nella legislazione sui minori. A questa convenzione hanno aderito 196 paesi, diventando così il trattato internazionale più ratificato al mondo: l’Italia ha aderito con la Legge n. 176 del 27
maggio 1991.
È un documento molto importante perché riconosce, per la prima volta espressamente, che anche i bambini, le bambine e gli adolescenti sono titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici, che devono essere promossi e tutelati da parte di tutti. Una vera e propria rivoluzione culturale: il bambino non più visto come soggetto passivo, mero ricettore di cura e protezione, ma considerato titolare di diritti e reale protagonista della sua vita.
La Giornata Mondiale dell’infanzia (ma ogni giorno dovrebbe esserlo), diviene un’ulteriore occasione importante per riflettere su come garantire l’applicazione della Convenzione nella vita quotidiana di tutti i bambini. Bambini e cittadini che in questa pandemia sono i grandi dimenticati: nessun decreto li ha presi in considerazione, cittadini di oggi e di domani di cui si è parlato e si parla ancora poco, persone a cui questa contingenza ha cambiato il tempo, il bisogno di socialità, di giocare, di relazionarsi e a cui ha chiesto rapidi cambiamenti e veloci capacità di adattamento.
Piccoli, ma grandi che con con i loro sorrisi, le loro voci, i loro silenzi, i loro sguardi, la loro resilienza ci comunicano la loro presenza e ci trasmettono ogni giorno qualcosa.
E come ci insegna Gianni Rodari, nell’anno del suo Centenario dalla nascita:
“Rimane la necessità di dover comunicare con loro non solo il piacere della vita, ma anche la passione della vita ed educarli non solo a dire la verità, ma ad avere la passione per la verità. Vederli felici non ci può bastare. Dobbiamo vederli appassionati a ciò che fanno, a ciò che dicono e a ciò che vedono” .
Un'ulteriore opportunità per riflettere...
Giulia Ovi