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Ecco come vengono svaligiati senza sosta i caseifici di Parmigiano Reggiano

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Lui è il prodotto Dop  più contraffatto, rubato alla produzione e rubato nella Grande distribuzione organizzata.

Una vera e propria piaga, quella dei furti di Parmigiano Reggiano. L’ultima volta, un lustro fa, fu identificata una banda di una quindicina di persone di Cerignola (Foggia). Ora, a pieno regime, hanno ripreso i furti di Parmigiano Reggiano nei caseifici del comprensorio. Ieri l’altra notte a Valestra di Carpineti, poche settimane prima due colpi a Pavullo nel Frignano, quindi Casola di Montefiorino.

L’elenco, noto alla stampa, di questi furti è assai lungo. Guardiamo solo al 2020: inaugura questa triste serie il Caseificio Santa Rita Bio 1964 di Pompeano di Serramazzoni, che si vede rubare 14 forme di Parmigiano Reggiano dopo che i ladri hanno forzato la porta di ingresso,  150 forme rubate a Villa Canali, a febbraio, l’infisso viene forzato e i ladri rubano 150 forme, negli stessi giorni 16 forme rubate a Gavasseto nell’omonimo caseificio, ma in questo caso il suono dell’allarme ha messo in fuga la banda giunta sul posto con un furgone bianco. Va male a giugno il tentativo di furto da uno spaccio di un caseificio di Castelvetro di Modena dato che sul posto arrivano i carabinieri allertati dall’allarme fatto scattare dall’auto ariete, precipitosamente abbandonata con 7 forme sopra e ovviamente risultata rubata. 50, invece, le forme rubate il 15 settembre alla Latteria sociale San Bartolomeo di San Sisto di Poviglio (solito schema, ingresso da una porta, eluso il sistema d’allarme e caricate in fretta e furia), a ottobre il Caseificio Bazzanese raggiunge il record del terzo colpo in un anno (nei primi due rubate 150 forme, a vuoto il terzo). Ci spostiamo a Montecavolo presso la TFA, di cui è proprietaria la carpinetana Lorella Ferrari, la notte del 2 novembre, i ladri hanno fatto scattare l'allarme due volte per depistare i carabinieri e sono entrati al terzo tentativo scassinando la porta del retro. Hanno rubato 5 forme di Parmigiano e il tartufo. Quindi in Appennino i colpi di Pavullo nel Frignano (2), Casola di Montefiorino (6 forme rubate) e l’ultimo di Valestra (50).

Questi i casi di cui si è a conoscenza, ma i furti di Parmigiano Reggiano avvenuti in questo 2020 sono verosimilmente molti di più. Si stima mediamente una trentina all’anno, per un valore di oltre un milione di euro rubato.  E’ come se, da qualche parte, esistesse un caseificio parallelo: senza produrre, vende forme di formaggio (in nero).

Rispetto a un tempo, quando alle latterie poteva capitare di vedersi sottratte anche 500 o 1000 forme in una notte (celebre fu il furto a Roncadella, decenni fa, quando venne sequestrato l’intero consiglio per una notte), oggi i ladri si “accontentano” al massimo di 100 o 200 forme: più facile fare il colpo.

Lo schema è il medesimo. Si tratta di una banda organizzata dato che per movimentare molte forme in poco tempo occorrono più persone (in passato sono state individuate più volte bande originarie del pugliese), probabilmente alcuni sono destinati a fare solo da palo, a segnalare il possibile arrivo di forze dell’ordine, nei giorni precedenti rubano i mezzi (non solo furgoni, ma anche autovetture) che useranno per il furto, eseguono il colpo forzando i serramenti e disattivando gli allarmi (come a Montecavolo li fanno suonare ripetutamente in precedenza per indurre l’idea di un guasto), il colpo viene eseguito nelle ore di pieno sonno tra l’1 e le 3, mirano alle forme più stagionate (quindi pronte per la vendita e di maggiore valore), trasferiscono successivamente le forme dai mezzi rubati a mezzi puliti (nel modenese è andato male questo trasferimento e sono state rinvenute forme nel bosco). Le forme vengono lavorate subito, in quanto dotate di placca di caseina che è la carta di identità della forma, come il numero di serie per una banconota, che le renderebbe rintracciabili, quindi rivendute nel mercato nero, contribuendo certo a penalizzare il prezzo della Dop più famosa.

Nella maggior parte dei casi, purtroppo, questi furti rimangono impuniti.

Agli agricoltori non resta che assicurarsi, dotarsi di sistemi d’allarme che spesso però sono disattivati, denunciare il furto alle forze dell’ordine (ma quasi mai la refurtiva viene recuperata a seguito di indagini), mentre le forze dell’ordine probabilmente avrebbero bisogno dei supporti della scientifica per mettere fine a questa inarrestabile razzia che non conosce né lockdown né zone rosse.

A Redacon commenta il fatto Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano: “In un anno di per sé anomalo e complicato a causa del Covid vorrei esprimere profonda solidarietà nei confronti dei consorziati che sono stati colpiti da questi gravi eventi. Credo di poter parlare non solo a titolo personale, e di produttore, ma a nome del Consorzio e di tutte le 50mila persone che rendono la nostra filiera un’eccellenza nel mondo.  La nostra fiducia nelle autorità e nel loro scrupoloso lavoro d’indagine è massima, una reazione ferma e tempestiva nei confronti dei responsabili è senza dubbio il segnale di cui c’è bisogno”.

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