Riceviamo e pubblichiamo da Claudio Bucci, responsabile per la zona montana della Fnp Cisl Emilia Centrale e membro del consiglio generale Fnp Cisl Emilia Centrale.
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Seppure di questi tempi l’attenzione generale sia giustamente rivolta all’emergenza pandemica, mi pare assolutamente necessario tenere viva l’attenzione sulle tematiche che attanagliavano il nostro territorio prima della pandemia e che forse, in modo aggravato, ci troveremo anche dopo.
Avendo personalmente una certa attenzione/preoccupazione per la vitalità del nostro Appennino - con particolare riferimento al crinale - sono andato a riprendere (dagli scaffali) alcuni significativi progetti, atti, convegni riguardanti appunto il nostro territorio.
Scorrendoli di nuovo ho trovato una continuità di idee, di analisi, di proposte, di impegni che mi pare utile richiamare, ritenendoli tuttora validi, non già per guardare indietro, bensì per stimolare e non tralasciare un impegno che sento vivamente.
Ne riprendo quattro, assumendomi il rischio di citare alcuni frasi per indicarne i contenuti. Si tratta di documenti certamente diversi, ma in cui è evidente un filo conduttore comune: il futuro, le prospettive dell’Appennino e delle sue Comunità.
Progetto Appennino (Arch. Piacentini 1980): " [...] I fenomeni demografici e sociali che hanno interessato il periodo più recente (1971-1978) hanno modificato in larga misura il contesto sociale emergente alla data del censimento del 1971, che era caratterizzato dal marcato depauperamento demografico e dall’insufficiente sviluppo determinatosi in tali aree nel secondo dopoguerra [...]. Tuttavia, tali fenomeni piuttosto che segnalare una brusca inversione di tendenza che testimoni un avvenuto decollo di tali aree, delineano un quadro sociale complesso con contraddizioni rilevanti al suo interno [...] “.
L'appennino un crinale che univa e unirà (Convegno di Studi storici Castelnovo ne’ Monti 10 ottobre 1998) Prendendo in esame il territorio del Parco, il Prof. Lamberto Soliani metteva in risalto come : "[...] I cambiamenti nella distribuzione territoriale e nella composizione sociale, anche mantenendo il numero di persone residenti su livelli sufficienti ad alta qualità di vita, sono presenti zone isolate e con un numero limitato di residenti, che tenderanno ad uno spopolamento impossibile da contrastare [...]”.
Convegno di Fivizzano (tra le Province di Reggio e Massa 2 febbraio 1999)
Il tema era “ Un’arteria da curare nell’interesse di 2 Regioni, 2 Province, 2 Comunità Montane, 12 Comuni, la SS.63” e al termine del Convegno fu firmata un’intesa votata dalle due Province sulla razionalizzazione della SS.63 da Castelnovo ne’ Monti a Fivizzano.
Convegno ecclesiale della montagna (Marola Giugno 2003)
Convegno diffuso sul territorio dal giugno 2002, del quale richiamo alcune proposte dell’Ambito Sociale:
- Politiche di sostegno della famiglia e della persona, come centri privilegiati di attenzione, facendo degli insediamenti familiari il primo presidio abitativo e ambientale del territorio.
- Politiche di ristrutturazione improcrastinabile della grande e media viabilità in montagna.
- Promuovere una visione globale sui problemi economici della montagna, superando indirizzi meramente municipalistici, con conseguente dispersione e frammentazione delle risorse pubbliche.
- Curare la manutenzione permanente e strutturale del territorio montano, nei suoi aspetti ambientali, storici e turistici, unitamente alla promozione di attività agricole, coinvolgendo direttamente il Parco Nazionale, quale “motore” di tutela e crescita delle aziende e cooperative esistenti, per una gestione economica delle risorse disponibili, per l’incremento dell’occupazione locale.”
E’ tuttora evidente come l’Appennino Reggiano, e più in generale l’intero Appennino italiano vera e propria spina dorsale del Paese, lungi dall’aver risolto i propri problemi, si trova in una china di preoccupante declino economico e sociale.
Una Regione, anzi uno Stato pre-vidente - poiché ritengo che la competenza di interventi strutturali debba essere rimessa nelle mani dello Stato - dovrebbe sapere che a soffrire oggi sono le comunità appenniniche, ma un domani i danni ambientali e sociali prevedibili di lungo termine ricadranno anche sul restante territorio delle pianure e delle città.
Un’ultima annotazione mi pare doverosa. Nel tempo, le risorse economiche indirizzate al territorio montano dalla nostra Regione sono state innegabilmente e complessivamente di notevole entità. Mi pare altresì evidente che per un cambiamento reale occorrano interventi ”strutturali”, visto che i sussidi, pur graditi, non modificano l’assetto socio-economico dell’Appennino.
Claudio Bucci
Grazie Bucci per ciò che hai scritto, mi dai una speranza, non sono il solo a dire che la montagna per sopravvivere ha bisogno di opere infrastrutturali e non delle solite “ciliegine” date a rotazione dal potere politico ai vari comuni per accontentarli e farli sentire considerati. Già gli antichi Romani dicevano: se vuoi sviluppare un territorio portaci il lavoro, ma le braccia dei giovani montanari facevano comodo alle fabbriche della pianura e allora obblighiamoli ad andare in città e facciamo in modo che non abbiano una strada comoda per tornare a casa. Basti pensare a quale sviluppo portò al Comune di Ligonchio la Centrale idroelettrica di Ligonchio e Predare e a quanti montanari sarebbero rimasti in montagna se avessero avuto una fondovalle Val Secchia almeno fino a Giarola o se avessimo avuto una SS63 come la Giardini di Pavullo di Modena; Pavullo 20 anni fa aveva 15.000 abitanti, ora ne ha quasi 19.000, le industrie sono andate a costruire le fabbriche a Pavullo per merito della Giardini. Ma ad opere come queste o come la fondovalle Val d’Enza, iniziata e fatta sospendere, o la Diga di Vetto, iniziata e fatta sospendere, non andavano realizzate; in pianura si sono fatte Autostrade, Ferrovie, Alta velocità, aeroporti, circonvallazioni, varianti, ecc. e nessuno si oppone; in montagna se fai qualcosa si mobilitano il NO a tutto; ma chi li muove?. Il risultato lo vediamo; tra pochi decenni dei paesi montani cosa resterà?; meno male che non avrò il tempo di vederlo, sempre grazie ai NO a tutto.
Franzini Lino
E ti pareva ….? Mi dica Franzini come mai l’appennino parmense attraversato da una autostrada e’ piu spopolato di quello reggiano? Sulla diga poi sciorina sempre la solita patetica litania condita di affermazioni non veritiere. Nessuna diga e’ stata levatrice di sviluppo per i territori circostanti . Nessuna.E avro’ modo di dimostraglierlo dati alla mano.Cosa che che lei evita accuratamente di utilizzare nei sui sguaiati proclami, Quanto all’ articolo di Bucci, chiedo, esiste in Italia ma anche in Europa un’ area montana appenninica o alpina da additare come esmpio virtuoso da imitare? Non credo, Viviamo in un sistema di libero mercato in cui gli unici correttivi al liberismo selvaggio, che della montagna se ne infischia, sono stati gli interventi massicci dello Stato attraverso ad esempio in una parte dell’ Italia la Cassa per il Mezzogiorno.Degenerati quasi sempre in scandaloso clientelismo, carburante eccelso, almeno sino ad alcuni anni orsono, per il secessionismo nordista , al momento silente ,ma pronto a riemergere appena il salvinismo fara’ sboom.Serve a mio modo di vedere un rinnovato statalismo fondato su presupposti diversi da cio’ che abbiamo conosciuto e cioe’ la unica ed ossessionante ricerca del consenso elettorale. Lo statalismo efficente e’ possibile e realta’ in molte parti del mondo. Aree montane popolate e non marginali al momento non mi risultano. E’ qui la sfida che non puo’ pero’ prescidere dalla presenza dello Stato. Come non e’ successo da almeno 30 anni a questa parte.
luigi bizzarri
Bucci ha illustrato la panoramica della situazione del nostro Appennino; è interessante la sua conclusione; dice: “per un cambiamento reale occorrano interventi strutturali, visto che i sussidi, pur graditi, non modificano l’assetto socio-economico dell’Appennino”; qui è la soluzione; ma come si fanno gli interventi strutturali se non sono sostenuti da tutti?. Sul nostro Appennino passano pochi treni, se non li prendiamo quando passano non lamentiamoci di come siamo ridotti e sarà sempre peggio.
Daniele
Ho parecchi amici a Pavullo, mi piacerebbe che il Sig. Franzini ci facesse una chiacchierata per vedere come sono contenti di essere invasi da fabbriche e da ceramiche. Vivono i montagna e hanno l’aria più inquinata che a Milano.
Riguardo la centrale di Ligonchio e Predare: “La centrale di Ligonchio è completamente automatizzata dal 1992 mentre Predare dal 1985, e nel 2010 contano 8 dipendenti. ” (Fonte: Wikipedia)
Andrea
Egr. Sig, Andrea, vado spesso a Pavullo e non mi sono mai reso conto che hanno l’aria più inquinata che a Milano, chiederò conferma al sig. Sindaco, per Ligonchio e Predare, se legge attentamente il mio commento dico che “portò”; ero un tecnico Enel e so bene che molte centrali sono telecomandate e Ligonchio è fortunato ad avere ancora alcuni dipendenti, tante centrali non hanno neppure quelli, ma nel passato a Ligonchio la CIELI e poi l’Enel dava lavoro ad oltre 110 dipendenti (qualcuno dice 150 ma a me non risulta), più l’indotto, pensi quale ricchezza portò; non credo che a Ligonchio ci siano state altre attività con un maggior numero di dipendenti e a parte il rumore delle mine che usavano alla Correa, le centrali idroelettriche non hanno mai inquinato; ora purtroppo anche la diga di Presa Alta è completamente vuota, per lavori, ma i lavori sono fermi; immagino per la gioia di chi sostiene che le dighe rovinano il territorio; senza l’invaso di Presa Alta la Centrale di Ligonchio lavora con acqua fluente e non so se avrà un futuro, per la gioia di chi ha interessi che l’energia sia prodotta da gas e gasolio
Franzini Lino
Fino a quando il voto di un montanaro, che vive su un territorio di centinaia di migliaia di Km quadrati con tutte le problematiche di un territorio cosi grande, vale come un voto di un cittadino che vive in città, dove ci sono tanti cittadini e pochi Km quadrati, la montagna sarà sempre più inascoltata, e ora lo spopolamento, la mancanza di lavoro, l’invecchiamento e la denatalità, farà si che la montagna conti sempre meno. In America, salvo errori da parte mia, credo che il voto tenga conto anche dell’estensione del territorio da cui proviene quel voto.
Sergio