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It’s becoming clearer and clearer that China is imprisoning Uighurs and all this is happening without the world doing anything to prevent it. Speakeasy a cura di Matilde Conconi e Rossella Ghirelli

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Continua la collaborazione tra il liceo linguistico "Cattaneo dall'Aglio" e Redacon tramite la rubrica "Speakeasy" curata direttamente dagli studenti, dell'anno scolastico 2020-2021.

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Matilde Conconi e Rossella Ghirelli

Since 2017, Xinjiang has been banning the culture and identity of Uighurs, a Turkic-speaking minority group culturally affiliated with the general region of Central and East Asia. The result of this repression is a scathing carceral regime: a big network made of detention camps and prisons. The inhabitants of this area are compelled to obey and maintain a frightening silence.

It’s estimated that about 10% of Uighurs and other Muslim nationalities in Xinjiang are detained in these camps.

A researcher who works for the Australian Strategic Policy Institute, called Nathan Ruser, affirms that he spent two years analyzing satellite imagery and working with other journalists and survivors in order to discover as many of these detention camps as possible. He reports that the results are incredibly shocking, and very different from the official claims.

The researcher claims that they released all the findings on a new website. They discovered in total 380 different detention camps, but probably there are many more to be discovered. The largest camp has a size which is more than three and a half Disneylands. (380 camps mean a new detention facility for every 37,000 people of non-Han nationality in Xinjiang.)

Xinjiang area (area dello xinjiang)

The reality in this area is dramatically different from what it’s claimed by the region’s government. In fact the Xinjiang governor affirms that “all the trainees have completed their studies and have come back to society”, referring to the prisoners detained in these camps. The satellite images are in clear contradiction with those statements, and, on the contrary, they show that since the new governor’s assertion dozens of camps have been significantly expanded. Many others were expanded, and new buildings were added, weeks before the governor claimed that everyone had been released.

In fact, according to satellite evidence and victims’ testimonies, these people have actually been transferred to higher security detention facilities, and not released as the government said.

Symbolic cartoon: Cina deleting Uighur’s culture (vignetta simbolica: la Cina cancella la cultura degli Uiguri)

But the major issue caused by this kind of arbitrary detention is the fact that the physical removal of people from society has caused a terrible atmosphere of fear. In Xinjiang, if you belong to any persecuted nationality, such as Uighur, the risk of being arrested is always there, and you must be careful whatever action you do.

For instance, if you say something wrong to the party cadre sent to survey your house, or if you bother a Han neighbor, you risk detention.

It’s for this reason that people decide to keep silent, and this is just what Beijing wants.

This silence is typical of all the territories outside the tourist districts, and it can be evidenced by some videos appearing on YouTube in early 2020. One of them, taken by a tourist in the Uighur community of Kashgar, which is less than 200 meters from the main tourist area, shows a completely deserted place. Walking through the streets, all the man can hear is his own voice; nothing else. What is shocking, is that that place had been inhabited for more than 600 years. On the contrary, another video, taken 4 years before in the same place, shows mothers shouting to their children, Islamic men chatting, children sitting in their doorways, whilst a more recent one shows police prohibiting the entrance of tourists saying “no one is there”.

Comparison between the detention camps in 1942 and in 2020 (paragone tra i campi di concentramento nel 1942 e nel 2020)

Xinjiang’s camps make it impossible for these people to live in peace, because the threat of detention controls every single aspect of their society.

This is surely an enormous issue; something we have already seen and we naively believed had disappeared.

But now, this is happening again, as it happened in 1942 with the Jewish people, and still nobody talks about it. These are some of the worst punishments for Muslim people in those camps: children are being separated from their mothers, women are forced to marry Chinese men and to wear skimpy dresses, people are forced to eat pork and drink alcohol and it’s even been reported that Uighurs organs are being sold to Saudi recipients as “halal organs”, even though we haven’t been able to confirm this report. The arabic word “halal” means “permissible”, according to the Islamic law, and they would use it to describe organs that haven’t been exposed to alcohol , pork and other prohibited items, even if they actually are. Uighurs are detained for any slight indiscretion, and their society is controlled in every aspect. Many detainees have probably been transferred into forced labour programmes and can’t fight against these abusive employers without risking detention. Moreover these abuses are often encouraged by the government authorities themselves.

This situation is like a big shadow over this region, and these detention camps implicate Chinese authorities and much of the rest of the world too in a campaign of ethnic replacement, which is very similar to a genocide.

https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/sep/24/china-imprisoning-uighurs satellite-images-xinjiang

(Matilde Conconi, Rossella Ghirelli, Classe 5ªQ, Liceo Linguistico Cattaneo-Dall’Aglio)

 

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Uiguri musulmani obbligati a bere alcolici

È sempre più chiaro che la Cina sta imprigionando gli Uiguri

E tutto ciò sta accadendo senza che il mondo faccia niente per impedirlo

Dal 2017, lo Xinjiang sta eliminando la cultura e l’identità degli Uiguri, una minoranza etnica che parla turco ed è culturalmente vicina alla regione generale dell’Asia Centrale ed orientale. Il risultato di questa repressione è un feroce regime carcerario: una grande rete fatta di campi di detenzione e di prigioni. Gli abitanti di questa area sono costretti a obbedire e a mantenere un silenzio inquietante.

Si stima che circa il 10% degli Uiguri e di altre nazionalità musulmane siano detenute in questi campi.

Symbolic cartoon: Uighurs punished and forced to silence by Chinese authorities (vignetta simbolica: Uiguri puniti e costretti al silenzio dalle autorità cinesi)

Un ricercatore che lavora per l’Istituto Australiano di Politica Strategica, di nome Nathan Ruser, afferma di aver passato due anni analizzando le immagini dei satelliti e lavorando con altri giornalisti e sopravvissuti con lo scopo di scoprire quanti più di questi campi di detenzione possibile. Egli sostiene che i risultati scoperti siano incredibilmente scioccanti, e molto diversi dalle affermazioni ufficiali. Inoltre dice che tutte le nuove scoperte saranno rese pubbliche su un nuovo sito web. Nathan e i suoi collaboratori hanno scoperto un totale di 380 campi di detenzione diversi, ma probabilmente ancora molti rimangono nell’ombra. Il campo più esteso pare avere un’estensione pari a più di tre Disneyland e mezzo. (380 campi significano una nuova struttura di detenzione per ogni 37.000 persone di nazionalità “non-Han” in Xinjiang).

La realtà di questa area è drammaticamente diversa da ciò che viene affermato dal governo della regione. Il governatore dello Xinjiang sostiene infatti che “tutti i tirocinanti hanno completato i loro studi e hanno fatto ritorno nella società”, riferendosi ai detenuti di questi campi. Le immagini del satellite sono però in netta contraddizione con queste affermazioni e al contrario mostrano che dal momento delle dichiarazioni del nuovo governatore, dozzine di campi sono stati significativamente ampliati. Molti campi di questa rete sono stati allargati e nuovi edifici sono stati aggiunti settimane prima che il governatore dichiarasse che tutti erano stati liberati.

Infatti, basandosi sull’evidenza delle immagini procurate dal satellite e sulle testimonianze delle vittime, si è capito che queste persone sono state in realtà trasferite in strutture di detenzione con un livello di sicurezza più alto e non lasciate libere come il governo ha dichiarato.

Ma la problematica maggiore causata da questa specie di detenzione arbitraria è il fatto che la rimozione fisica di queste persone dalla società ha causato una terribile atmosfera di paura.

Nello Xinjiang, se si appartiene ad una nazionalità perseguitata, come gli Uiguri, il rischio di essere arrestati è sempre dietro l’angolo ed è necessario prestare attenzione ad ogni azione. Per esempio, se viene detto qualcosa di sbagliato ai membri del partito mandato a ispezionare la propria casa, o se un vicino di cultura Han viene disturbato, si rischia la detenzione.

E’ per questo motivo che tutti decidono di mantenere il silenzio, ed è esattamente ciò che Pechino vuole. Questo silenzio è tipico di tutti i territori esterni al distretto turistico, e può essere evidenziato da alcuni video apparsi su YouTube agli inizi del 2020.

Uno di questi, registrato da un turista nella comunità uigura di Kashgar, che si trova a meno di 200 metri dalla principale area turistica, mostra una zona completamente deserta. Camminando per le strade, tutto ciò che l’uomo riesce a sentire è il suono della sua stessa voce; nient’altro. La cosa scioccante è che quel luogo era stato abitato per più di 600 anni.

Al contrario, un altro video registrato 4 anni prima nello stesso luogo, mostra madri che urlano ai propri figli, uomini islamici che parlano, bambini seduti davanti alla porta di casa, mentre un’altro più recente mostra la polizia che proibisce l’entrata ai turisti dicendo “qui non c’è nessuno”.

I campi dello Xinjiang impediscono a queste persone di vivere in pace perché la minaccia di detenzione controlla ogni singolo aspetto della loro società. Questo è sicuramente un problema enorme; qualcosa che abbiamo già visto e che credevamo ingenuamente fosse scomparso.

Ma adesso ciò sta accadendo nuovamente, come accadde nel 1942 con gli ebrei, e ancora una volta nessuno ne parla.

Queste sono alcune delle peggiori punizioni per i musulmani in quei campi: i bambini vengono separati dalle loro madri, le donne sono costrette a sposare uomini cinesi e ad indossare abiti succinti, la gente viene obbligata a mangiare carne di maiale e bere alcolici ed è stato inoltre riportato che gli organi Uiguri vengono venduti a destinatari Sauditi come “organi halal”. La parola araba “halal” significa “permesso”, in accordo con la legge islamica, e verrebbe usata per descrivere organi che non sono stati esposti ad alcool, maiale e altre cose proibite, anche se in realtà lo sono. Gli Uiguri sono detenuti per qualsiasi piccola indiscrezione e la loro società è controllata sotto ogni aspetto. Molti detenuti sono stati probabilmente trasferiti in programmi di lavoro forzato e non possono opporsi a questi datori di lavoro violenti senza rischiare la detenzione. Inoltre questi abusi sono spesso incoraggiati dalle autorità governative stesse.

Questa situazione è come una grande ombra su questa regione e i campi di detenzione coinvolgono anche le autorità cinesi e gran parte del resto del mondo in una campagna di sostituzione etnica che è molto simile al genocidio.

(Matilde Conconi, Rossella Ghirelli, Classe 5ªQ, Liceo Linguistico Cattaneo-Dall’Aglio)

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1 COMMENT

  1. Mi rendo conto che si tratta di un articolo, ormai giunto in archivio, tuttavia – meglio tardi che mai – vorrei dare il mio piccolo contributo. La violazione dei diritti delle minorane, in Cina, è un dato di fatto. Nel 1950, sotto l’egida di Mao Tze Tung, venne dichiarato protettorato il Tibet, autoproclamatosi stato indipendente insieme alla Mongolia, attorno agli anni venti (dichiarazione di Urga).
    Che il Tibet non sia Cina, si può discutere: infatti sotto la dinastia Manciù (quella “dell’ultimo imperatore”) gravitava già nell’orbita cinese. Prima no!
    A meno di considerare un falso storico. Cioè che i Khan mongoli fossero cinesi. Lo stesso titolo “Dalai Lama”, è, infatti, una composizione di parole mongole e tibetane data dai conquistatori delle steppe al capo della setta dei “Berretti gialli”, da allora – appunto – l’Oceano di saggezza, il Dalai Lama. Questo in pieno medioevo. Ai tempi di Gengiz Khan e dei suoi successori. L’Impero mongoli, altresì, conquistò la Cina propriamente detta e l’associò in un Khanato.
    Tornando ad anni più recenti, la repressione del popolo tibetano – circa sette milioni di persone, divisi tra le tre regioni storiche dello U-Tsang, Amdo,e Khamdo – raggiunse il suo apice durante la rivoluzione culturale del 1966, quando vennero distrutti circa seimila monasteri lamaisti, dalle forze rivoluzionarie. La cosa stupefacente è che, dopo l’ateismo, il buddismo è la seconda religione in Cina e molti cinesi, non propriamente della setta del Dalai Lama, si stanno impegnando a ricostruire parte di questo patrimonio materiale, andato distrutto. Segno che il fuoco continua ad ardere sotto la neve…
    “Il fuoco sotto la neve” è un libro scritto da Palden Gyatso, monaco internato in un Laogai (campo di rieducazione attraverso il lavoro), che mi permette di ricollegarmi a quanto scritto dalle ragazze della 5°Q. Sì, in Cina esistono ancora i Gulag, nella versione 2.0, ovviamente. Perché – credo almeno – se il grano germoglia sempre più, lo fa assieme alla zizzania. E la zizzania dei sovietici non è la stessa del PCC di oggi… Rimando all’articolo, ben scritto, e all’eventuale lettura del libro da me sovra-indicato, per quello che riguarda il funzionamento di queste macchine di morte. Dalle quali, tra l’altro si ricavano organi umani venduti a basso prezzo nel mercato globale, e modelli anatomici – scandalo di qualche anno fa – esposti nelle Mostre Anatomiche di cadaveri plastinati. Ma perché dei modelli con un foro dietro la nuca? Chiedetelo a chi ha sparato…
    In un mondo in cui la Cina sorge come nuova potenza mondiale credo che sia giusto e doveroso combattere queste ingiustizie. Prima di tutto per l’umanità tutta e poi per il popolo cinese stesso. Che non è una massa subietta al PCC. Tutt’altro. Mi ha spinto a replicare all’articolo di Matilde e Rossella, la notizia della donna, di 37 anni, che tra i primi ha denunciato quanto accaduto a Wuhan. Ebbene: condannata al silenzio con quattro anni di reclusione. In Laogai? Non so. Spero vivamente di no!
    Se la redazione ritiene di pubblicare questa patata bollente, io ringrazio. Tanto resterà a corredo di un vecchio articolo. Ma tacere mi sembra ingiusto, anche se di questi tempi mi toccherà specificare che i miei baristi preferiti sono cinesi, Lucia e Jacopo. Tra l’altro di fede buddista. E se qualcuno è più informato di me, ben venga purché se ne parli.