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La meditazione al Vangelo dell’11.10.2020 di don Paul Paku

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Nel vangelo di questa domenica Gesù polemizza ancora con i capi dei sacerdoti e i farisei con una parabola non più incentrata su una vigna, ma su un banchetto nuziale («Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio»). Le nozze sono spesso utilizzate nell’Antico Testamento come simbolo dell’unione tra Dio e il popolo eletto, mentre il banchetto è un’immagine di gioia; le nozze del figlio del re, raccontate nella parabola, rappresentano quindi la gioia della nuova alleanza siglata tra Dio e gli uomini attraverso Gesù.
Il re della parabola ha predisposto ogni cosa per accogliere i suoi invitati, così che essi possano partecipare alla gioia della festa («Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!»); ma gli invitati si rifiutarono di raggiungere il re, preferendo restare a curarsi delle proprie faccende e in alcuni casi arrivando ad uccidere i servi venuti a chiamarli, che rappresentano i profeti mandati ad ammonire Israele e a spiegare il giusto modo per cambiare la vita ed essere così degni di entrare al banchetto. L’immagine degli invitati che rifiutano l’invito mancando di rispetto al re è un chiaro attacco alla mentalità dei farisei, che mangiavano solo tra di loro in quanto per essi condividere il desco con persone impure li esponeva all’impurità (cfr. Lc 15, 2). La conseguente vendetta del re, che «fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città» non dev’essere considerata come una reazione di un Dio vendicativo, ma piuttosto come la conseguenza di questa mancanza di rispetto; chi rifiuta la chiamata resterà nella tristezza del peccato.
A seguito del rifiuto degli invitati, il re mandò i servi a chiamare al banchetto tutti coloro che passavano nei crocicchi della strade, «cattivi e buoni»; con questa espressione Gesù intende indicare coloro che erano lasciati ai margini della vita sociale ebraica, come i pagani o i malati: la chiamata di Dio è infatti rivolta a tutti, chiunque può partecipare alla gioia del regno. Di questi nuovi invitati, pero, uno «non indossava l'abito nuziale» e venne per questo scacciato dalla sala delle nozze dal re («Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti»). Perché quest’azione così dura? Perché nel linguaggio biblico l’abito rappresenta l’insieme degli atteggiamenti e dei comportamenti di una persona. Presentarsi al banchetto senza l’abito nuziale significa perciò non avere cambiato la propria mentalità per essere degno della chiamata; se tu non ti converti all’amore con responsabilità sei cacciato fuori, ovvero non puoi vivere appieno nella gioia.
Questo vangelo ci lascia così due insegnamenti fondamentali: Dio è misericordioso, la sua salvezza è per tutti; ma l’uomo deve essere pronto a fare la sua parte. Non serve considerarsi degli eletti, perché se non saremo degni della chiamata i pagani passeranno avanti a noi.

Buona domenica

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