Riceviamo e pubblichiamo.
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Un recente articolo di Redacon, dal titolo “Diga di Vetto: lasciamo la valle dell’Enza intatta come è ancora oggi”, ha riproposto e riacceso il dibattito sull’ipotetico invaso vettese, con numerosi commenti, più d’uno dei quali molto argomentato, dove si confrontano opinioni diverse ed opposte, il che non deve stupire, vuoi per la portata della materia, vuoi perché tematiche come questa fanno emergere differenti concezioni - su stili di vita, meccanismi produttivi, reciproche aspettative e supposizioni sugli anni a venire, … - talora ispirate dalle rispettive simpatie ideologiche ed appartenenze politiche (tanto da risultare inevitabilmente, se non irrimediabilmente, divisive).
Da parte mia, ricordo quando, da bambino, elencavamo gli affluenti del Po - cominciando dalla Dora Baltea o Dora Riparia, se la memoria non mi tradisce - e il farlo dava l’idea di vivere in un Paese con abbondanza di acque limpide e pescose, e che ritrovavamo tal quali nella vasta rete di canali presente in tutte le nostre pianure, dove l’acqua veniva immessa per una molteplicità di utilizzi, il che la rendeva un bene prezioso, di cui far conto, nonostante non ve ne fosse penuria (doppiamente preziosa lo era poi, evidentemente, per quei luoghi in cui invece poteva scarseggiare rendendo più difficoltoso l’approvvigionamento, vedi certe zone aride di collina).
due dissimili linee di pensiero
Intendo dire che l’allora dovizia d’acqua - con l’eccezione delle aree meno fortunate di cui dicevo - non ne faceva comunque trascurare l’importanza, anche nel sentire comune, fors’anche come retaggio di una mentalità più remota, quando l’acqua muoveva i mulini per darci infine il pane, ossia l’alimento dal fortissimo valore simbolico, mentre negli anni a seguire una tale “impostazione” si è andata un po’ affievolendo, forse per le nostre nuove abitudini, o perché l’acqua ci sembrava una risorsa inesauribile, o perché aveva perso più d’una delle sue storiche funzioni, salvo poi riscoprirne oggi la “preziosità”, e preoccuparci perché le falde si abbassano, i ghiacciai arretrano,...
Questo nuovo scenario, con le previsioni che si vanno tentando riguardo al futuro che ci aspetta sul piano meteo-ambientale, ha nutrito due dissimili linee di pensiero, l’una delle quali vorrebbe trattenere ed accumulare le acque mediante gli invasi, in modo da poter corrispondere ad un fabbisogno sempre crescente, e che pare inarrestabile, e poter altresì regimare la portata dei corsi d’acqua, e produrre energia, mentre l’altra scarta e respinge una tale prospettiva e vorrebbe invece puntare su contenimento e ottimizzazione dei consumi mantenendo intatto l’ambiente, la cui integrità viene considerata quale essenziale ed irrinunciabile investimento per le generazioni a venire.
le “inversioni di marcia” non sono semplici
C’è poi chi inclinerebbe verso la “decrescita”, semmai con un occhio rivolto al cosiddetto “pauperismo”, e chi, meno radicalmente, vorrebbe solo riavvicinarci agli archetipi più “risparmiosi” del passato, il che talora è riuscito o sta riuscendo, ma a tutt’oggi il volto “moderno” della nostra società sembra essere rimasto pressoché immutato, nel suo insieme - pur se non mancano nuove consapevolezze - segno che le “inversioni di marcia” non sono semplici e agevoli, al di là di intenzioni e tentativi, anche perché il passare dalle parole ai fatti comporta rinunce non facili, pure per chi tifa anticonsumismo, o se ne fa paladino, il che deve indurci a ragionare con avveduto realismo.
E’ rispettabile e lodevole il proposito che chiude l’articolo citato in premessa, ossia “Io vorrei consegnare a figli e nipoti la valle dell’Enza come è ancora oggi. Una meraviglia della natura”, e anch’io la considero tale, e per certi versi quasi unica, così come sono rimasto idealmente affezionato all’epoca “parsimoniosa” della mia giovinezza, dove gli “sprechi” erano solitamente abbastanza rari. Ma dobbiamo anche chiederci se a chi verrà dopo di noi basteranno le bellezze della natura, o servirà ulteriore altro, per soddisfare altre aspirazioni - come è successo di fatto a chi li ha preceduti, ovvero noi, se rifuggiamo le ipocrisie - il che potrebbe comportare un qualche “sacrificio” ambientale.
potrebbero “spuntare” inaspettate esigenze e circostanze
Ma al di là della “dote” da lasciare in eredità ai nostri successori generazionali, noi non sappiamo cosa può riservarci un futuro anche vicino, quanto a “gestione” delle acque, o dell’energia, e potrebbero inoltre acuirsi talune esigenze, o “spuntare” inaspettate circostanze, tali da prevalere sulle rispettive posizioni, e a cui dover far fronte senza troppi indugi, talché vedrei utile il lasciare aperta una subordinata: se da un lato spero anch'io che la Val d’Enza resti com’è, possiamo nondimeno prepararci ad una diversa eventualità, semmai dovesse “imporsi” e urgere per cause di forza maggiore (prefigurando sin da ora, ossia per tempo, il miglior “punto di caduta”, secondo la terminologia oggi in uso).
Non rinuncio infine ad una riflessione che ho già espresso altre volte su queste pagine: se la Diga venisse realizzata, per l’una o altra ragione, i benefici diretti che ne deriverebbero - vedi la maggiore disponibilità d’acqua, e di ottima qualità, per impieghi vari - sarebbero goduti soprattutto dai territori a valle, mentre non ne vedo altrettanti per la nostra montagna, alla quale andrebbe perciò riconosciuta una contropartita o compensazione, in termini ad esempio di sgravi fiscali, o altre forme di benefici e agevolazioni, a cominciare dalle attività che vi si svolgono (senza le quali rischia di cedere la tenuta del tessuto socio-economico, con indesiderabile aggravio dello spopolamento).
P.B. 07.10.2020
Concordo pienamente.
Anonimo
Apprezzo molto quanto scritto dal Sig. P.B.; non si esprime ne a favore ne contro la necessità di realizzare una riserva idrica a Vetto, ma chiede a tutti di fare le dovute valutazioni se mantenere la Valle dell’Enza nelle attuali condizioni o se modificarla per un tratto di 6,5 Km realizzando un invaso. Credo che poche persone conoscano l’Enza come il sottoscritto, dalla sorgente, alla diga del Lagastrello, al Ponte della Golara, al Pontaccio, a Selvanizza, a Tramonchio, ai Maschiarelli, alla Mora, alla Bragaglina (o Stretta delle Gazze) a Vetto, sono nato e cresciuto su questa Valle e da piccolo portavo da mangiare con il pentolino a mio padre nel fiume che faceva sassi, allora il letto dell’Enza era pulito come un lido, ogni inverno tutti andavano a raccogliere gli alberi morti per fare legna da ardere; non erano di nessuno; ora, posso dimostrarlo con tante foto, il letto dell’Enza è una foresta di alberi morti, un paesaggio lunare, un paesaggio che fa vergogna a vedere come è ridotto, tronchi che ad ogni alluvione vengono trascinati a valle e vanno a fare da barriera sotto tutti i ponti fino a San Polo, pertanto se un tratto di questo fiume lo trasformiamo in un lago (vedi il piccolo esempio del Lagastrello), creando intorno a questo lago varie aree di balneazione (come previsto in progetto) e un’area faunistica gestita dal W.W.F. per la cura della Fauna, come fatto alla diga del Bilancino o alla Diga di Monte Cotugno (andate a vedere anche su Internet), chiedo di valutare, solo sotto l’aspetto paesaggistico, quale sarebbe la soluzione migliore, senza pensare ai reali benefici della Diga di Vetto. Si sappia che a Vetto non si vuole fare un polo chimico industriale, ne il traforo del Monte Bianco ne l’Alta velocità, si vuole solo creare un lago di acque limpide, da usarsi quando servono. Giustamente il Sig. P.B. si chiede cosa darebbe ai Paesi Montani la Diga di Vetto; mi dilungherei troppo a scrivere cosa darebbe a questi paesi, si sappia solo che darebbe moltissimo, tantissimo; andatevi a leggere cosa ha dato la diga di Bomba in Val di Sangro, una fotocopia di quella di Vetto, una diga che ho visitato, e qualcuno spero capirà, a meno che non si continui a preferire continuare a mettere a rischio la Valle dell’Enza dalle alluvioni, vedi cosa successo in questi giorni in Piemonte e Liguria o si preferisca continuare a pompare le acque del Po verso monte e consumare energia invece di produrla, o si preferisca spopolare completamente la Valle dell’Enza invece di ripopolarla con migliaia di posti di lavoro.
Franzini Lino Presidente del Bacino Imbrifero Montano dell’Enza
concordo pienamente il nostro comune si spopola, le attivita rimaste aperte si contano sulle dita di una mano, i giovani per lavorare devono andare in pianura, costruire una diga porterebbe un po di respiro, anni per costruirla con operai che andrebbero nei nostri bar, ristoranti e negozi, magari si riesce ad affittare anche qualche appartamento e magari qualcuno del paese trova anche un lavoro.
sono stanco di sentire gente che non è neanche di vetto dire che dobbiamo essere il parco naturale e basta, bello solo se ci vieni la domenica a pranzo
abitante di vetto
Egregi Signori P.B. e Franzini,
come già esposto più volte sono Completamente in accordo con Voi e con l’abitante di Vetto. Siccome siete molto attenti e presenti sull’argomento specifico… Cosa ne pensate di questa ” Esuberanza Espositiva e presa di posizione ” da parte di coloro che sarebbero preposti a farlo ! Se non altro per Onesta intellettuale, politica e sociale… lasciando perdere colori e bandiere… che ormai lasciano il tempo che trovano… Oppure ci giudicano Cittadini … non più ormai di serie “B” ma di lega-pro.
Non mi importano… i PRO e CONTRO… ma per dindirindina… Un po’ di considerazione no? E che capperi!
O qualcuno aspetta di salire in corsa… sul Battello vincente (per rimanere sul navigabile)
Massimo Pinelli
Dovrebbe sig. Franzini avere la capacita’ di corredare le sue affermazioni con dati reali. Non sparare affermazioni “ad minchiam” come diceva l’ indimenticato Franco Scoglio.Pare oramai una caratteristica dei suoi interventi A me risulta che i Comuni rivieraschi dell’ invaso di Bomba, invaso realizzato esclusivamente per produzione di energia elettrica, alla data di entrata in funzione della diga avessero circa 6500 abitanti . Al censimento 2011 superano di poco i 2700. E per quanto riguarda la Val di Sangro piu’ che gli inesistenti benefici della Diga di Bomba occorre ringraziare la defunta Cassa per il Mezzogiorno.E sappiamo che se persino la Fiat ha investito li e’ perche’ come la storia industriale italiana insegna lo stabilimento l’ hanno pagato i contribuenti e non gli Agnelli.Quanto all’ articolo del sig. PB, acclarato che i benefici per la montagna sono inesistenti dovendo elemosinare compensazioni, non capisco perche’ egli sia molto piu’ preoccupato della demolizione di un vecchio edificio in stato di avanzato degrado, come ha scritto in altra pagina di questo giornale, che della distruzione totale e definitiva di una meravigliosa ed incontaminata valle . Mah!
luigi bizzarri
Concordo Pienamente con Quanto Scritto da P.B.! Non Occorre Aggiungere altro, se non sapere quando potranno partire i lavori per la Meravigliosa diga di Vetto.
Max Giberti
Mi permetto di dire che se Luigi Bizzarri avesse letto con più attenzione la mia nota, ma è possibile che io non mi sia spiegato bene, avrebbe dedotto che io sono preoccupato per entrambe le cose, nel senso che vorrei tanto che “una meravigliosa ed incontaminata valle” restasse tale – io la ho anche definita quasi unica – ma dopo aver detto la mia non pretendo certamente che il mio sentire possa far testo, e che se ne debba tener conto se il futuro dovesse semmai rendere necessaria la realizzazione dell’invaso, per “cause di forza maggiore”.
Quanto al “vecchio edificio in stato di avanzato degrado”, io ho visto risistemare edifici molto più malandati, con ottima riuscita del lavoro di ripristino – giusto perché si voleva conservare qualcosa ritenuto “patrimonio” di una comunità – anche se potevano essere sostituiti con qualcosa di più razionale, ecc…., secondo l’odierno metro di giudizio; io credo che alla base vi sia la scelta o meno di salvaguardare e alimentare il sentimento identitario di una comunità (nella fattispecie forse, e sottolineo forse, non si dà gran valore all’immobile perché la sua costruzione risale al Ventennio ?!).
P.B. 08.10.2020
P.B.
Gentile Luigi
mi permetto di azzardare una risposta riguardo le affermazioni di P.B.
Potrei ovviamente sbagliarmi, ma possono forse codeste affermazioni essere suffragate dal fatto che la demolizione dell’edificio è stata proposta da una giunta comunale di centro-sinistra, mentre invece la costruzione della diga è “sponsorizzata” dai partiti di centro-destra?
Ai lettori, l’ardua sentenza…
Andrea
Andrea Non ha tutti i torti.
Nel mio piccolo ragiono che se una proposta è buona lo è a sia che arrivi da un lato che dall’altro, viceversa se è cattiva lo è sempre, sia che arrivi da levante sia che arrivi da ponente (evito accuratamente di nominare i lati come siamo abituati perchè non esistono più, sono stati sostituiti da chi occupa la poltrona e chi no).
Quindi se la diga di Vetto è positiva per la comunità si và avanti, anche se chi non è d’accordo e non la vuole alza la voce.
Max Giberti
Gentile Andrea
a pensar male si fa’ peccato ma spesso non si sbaglia.
Se il fabbricato in questione fosse di proprieta’ del signor P.B. e lo stesso avesse come obiettivo la realizzazione di una struttura con determinate caratteristiche per usi particolari che necessitano di appropriate dimensioni e caratteristiche costruttive tali da garantire la sicurezza per decine di persone son convinto che non ci penserebbe due volte a fronte della prospettiva di investire centinaia e centinaia di migliaia di euro se non milioni per avere poco piu’ di un condominio tenuto insieme da malta oramai priva di legante e fondazioni dimensionate per un pollaio? Aggiungendo poi che tale fabbricato non ha nessun vincolo particolare se non la vetusta’. La memoria in questo caso conta poco. O meglio se si vuole conservare il ricordo di quel fabbricato e le funzioni originarie per tramandarne il ricordo ai posteri la moderna tecnologia ci mette a disposizione ogni ben di Dio. Devastare irrimediabilmente un pezzo pregiatissimo di Creato e’ ben altra cosa.
luigi bizzarri
Circa l’ultimo commento di Bizzarri, io conosco bene la tecnica o tattica di minimizzare una questione, col metterla a confronto con un’altra che viene presentata come ”moltissimo più importante”, ossia “ben altra cosa”, così che la prima diventa una quisquiglia della quale non val la pena di occuparsi, appunto perché c’è ben altro cui dedicarsi, mentre a me hanno insegnato che l’amministrazione della cosa pubblica dovrebbe aver attenzione per la diversa gamma di problemi, e problematiche, al di là della rispettiva dimensione (anche perché ciascuno di noi ha il proprio metro di misura per calcolare la dimensione).
Mi sembra poi andar fuori tema l’equiparare l’ex Consorzio Agrario ad un fabbricato di proprietà privata, la cui destinazione deve tener conto di fattori ed elementi che invece non sussistono per un edificio pubblico, il cui impiego segue per solito logiche e criteri piuttosto diversi dal primo, e se “a pensar male si fa’ peccato ma spesso non si sbaglia”, come scrive Bizzarri, mi posso allora permettere di supporre che l’ex Consorzio, quale costruzione del Ventennio, venga visto come qualcosa da doversi “cancellare” e dimenticare (sicuramente io non penso giusto, ma i pensieri, com’è noto, non si possono soffocare).
P.B. 08.10.2020
P.B.
torno sempre a ribadire antichi esempi, ligonchio dopo la prima guerra mondiale ha visto nascere un impianto idroelettrico dove per decenni hanno lavorato tantissime persone, il paese si era abbellito e arricchito, purtroppo il progresso ha rovinato tutto,e il paese sta inesorabilmente morendo, ma se si ripetesse una cosa del genere per la nostra montagna sarebbe una rinascita,e tengo a precisare che gli impianti di ligonchio come tanti altri non hanno assolutamente rovinato il paesaggio e l ambiente.
anonimo
Mi auguro che chiunque comprenda ciò che sostiene il Sig. Anonimo; quali danni ha fatto l’impianto idroelettrico di Ligonchio e il lago di Presa Alta?, che danno ha fatto il lago Paduli al Lagastrello, il lago Ballano e le centrali ad esso collegate?, nessuno, hanno fatto solo dei miglioramenti. Al Sig. Bizzarri vorrei chiedere quali sono i laghi artificiali che hanno rovinato una “bellezza del Creato” come la Valle dell’Enza, dove non vanno più neppure i cinghiali per l’abbandono in cui si trova; qualsiasi diga forma un lago e un lago è una meraviglia per tutti, per la natura, per gli animali e anche per l’uomo; ma che benefici da l’Enza in montagna nello stato attuale, benefici a qualcuno che pompa le acque dal basso verso l’alto, come dice Franzini
Daniele
Simpatico il sig. P.B. ” io conosco bene la tecnica o tattica di minimizzare una questione, col metterla a confronto con un’altra che viene presentata come ”moltissimo più importante….”,Certo che la conosce.
“E’ rispettabile e lodevole il proposito che chiude l’articolo citato in premessa, ossia “Io vorrei consegnare a figli e nipoti la valle dell’Enza come è ancora oggi. Una meraviglia della natura”, e anch’io la considero tale, e per certi versi quasi unica, ….. …… Ma dobbiamo anche chiederci se a chi verrà dopo di noi basteranno le bellezze della natura, o servirà ulteriore altro, per soddisfare altre aspirazioni – come è successo di fatto a chi li ha preceduti, ovvero noi, se rifuggiamo le ipocrisie – il che potrebbe comportare un qualche “sacrificio” ambientale.”
Come no…. solo ” un qualche sacrificio ambientale”
luigi bizzarri
La Penso Come Daniele.
E’ Proprio una puttanata (scusate il francesismo) lasciare andare l’acqua in basso per poi rimandarla in alto dopo averla mischiata con quelle sane e limpide del Pò, Pò che raccoglie anche le acque del Lambro, per dirne uno a caso.
Max Giberti
Caro Luigi, prima di aderire entusiasticamente al programma di demolizione dell’ ex-consorzio agrario, hai riflettuto sul fatto che per realizzarvi un belvedere saranno abbattute le piante ad alto fusto che occultano la vista della Pietra (probabilmente tutte quelle che si trovano partendo dal lato della piazza a scendere giù per la riva; inoltre mi è stato riferito che è presente in loco terreno di riporto con la possibilità che si possano quindi successivamente manifestare movimenti franosi venendo a mancare la rete di sostegno costituita dagli apparati radicali delle stesse).
Roberto Pastorelli
Spero di non giocarmi quel po’ di simpatia che Luigi Bizzarri mi ha accordato, ma le questioni ambientali sono stimolanti e invitano a ritornarci sopra, e dunque, sempre guardando al passato – il che può essere noioso e pedante, ma offre comunque un qualche riferimento cui agganciarsi – ricordo lunghi tratti di spiaggia allo stato naturale, in più d’una località di mare, tratti che col passare degli anni ho poi rivisto occupati da cabine ed altro, per offrire un servizio ai bagnanti, che vi si recavano sempre più numerosi (personalmente avrei preferito che quelle spiagge restassero allo stato originario, e forse non ero l’unico a pensarla così, ma mi rendevo conto che erano intervenute e andavano soddisfatte altre aspettative).
Anche sul nostro Appennino ho conosciuto posti incantevoli dove vi era null’altro che boschi e pascoli, e vi sono poi sorti punti di ristoro, e non solo, per confortare, o fors’anche attrarre, presenza e soggiorno di visitatori, e mi vengono altresì alla mente luoghi dove la mano dell’uomo pareva non essere mai intervenuta in maniera “strutturale”, e che non erano raggiungibili con le “quattro ruote”, mancando le vie di accesso, salvo poi diventarlo onde permettere a tutti di potervi arrivare per goderne la bellezza, e io non rammento che all’epoca vi fossero state “alzate di scudi” in proposito, verosimilmente perché si riteneva che quei “sacrifici” ambientali potessero valorizzare le zone interessate, e renderle più fruibili (avendole rese più “attrezzate”).
Intendo in sostanza dire che nel corso di questi decenni le nostre abitudini, attese, esigenze, si sono non poco trasformate, comportando talora di dover “incidere” sull’ambiente – forse non sempre nel modo meno “indolore” possibile – e lo stesso principio potrebbe dunque valere per la Diga di Vetto, qualora il fabbisogno di acqua, e di energia, la rendesse necessaria, in mancanza di alternative, nel qual caso anch’io mi “rassegnerei”, nonostante il mio desiderio resti quello che la Val d’Enza possa rimanere quale è oggi, così come avrei desiderato che non cambiassero volto le spiagge e gli altri luoghi di cui dicevo (ma, seppure a malincuore, ho preso atto che si è andati su un’altra strada, per ragioni che superano il “sentire” personale).
P.B. 13.10.2020
P.B.
Benissimo… ma poi i “No” dovrebbero a rigor di logica avere anche un seguito Giusto?
A) Bene… La Valle dell’Enza non si tocca… perfetto ! Impatto ambientale “0” Costi economici “0” Posti di lavoro “0” N° di Pendolari da definire! Abbandoni da definire!
B) …………………C)………… D)………..E) Se si fa…si fa da un’altra parte…
No perché poi si viene accusati di essere seguaci… Avvocati… Discepoli… Ma nel concreto? Dopo aver perso tutti i treni possibili ed immaginabili…da 70 anni a questa parte… Senza una concreta viabilità, senza un concreto Progetto sui Giovani, sul territorio e sulle Energie Alternative… dove si pensa di poter andare?
– Meno male che qualche piccolo -medio Imprenditore (facendo tuffi doppi carpiati ancora ci crede!
– Meno male che qualche politico Concreto e Lungimirante ( di qualsiasi parte fosse ) lo abbiamo avuto… Altrimenti…forse oggi saremmo anche senza Ospedale! Che Dio li Benedica e li abbia in Gloria Eterna!
Massimo Pinelli
Mi consola che ci sono varie persone che meditano e valutano; a queste persone vorrei far comprendere le cause che hanno portato la Valle dell’Enza in questa situazione. Vista la mia età ricordo benissimo quando partirono i lavori di costruzione della Fondovalle Val d’Enza, due grandi cantieri, uno parti da Selvanizza e l’altro sopra la Sella di Lodrignano; strada interamente picchettata e terreni espropriati; lavorarono oltre un anno; poi arrivò un politico, molto conosciuto e ancora vivente; in un convegno a Ranzano dichiarava che questa strada non serviva a nessuno, che ci sarebbe cresciuta l’erba; dopo un mese sospesero i due cantieri e la Fondovalle Val d’Enza che poteva collegare rapidamente Parma/Reggio a La Spezia non si farà più, mentre in Val Taro hanno fatto tutto e di più. Le tre fabbriche di Selvanizza chiusero, i costi di trasporto erano troppo elevati. Per qualcuno avrebbe rovinato la valle, per altri era una necessità, come hanno fatto Autostrade, Superstrade, Alta Velocità, trafori in Appennino e nelle Alpi e porti e aeroporti. Anche quello fu un treno che passò in questa Valle e mai ripasserà, grazie a chi sa dire di no a tutto; ma almeno queste persone andassero a piedi e non in auto, dimostrerebbero coerenza.
Franzini Lino
Noto un atteggiamento sulla questione in oggetto di tipo ” panglossista” . E dire che per “bacchettare” altri non si ‘ e’ mai tirato indietro nei suoi numerosi commenti su questo giornale.
Con immutata simpatia
luigi bizzarri
Vedo che, malgrado qualcuno gli abbia fatto notare (dati alla mano) che tutta la Val Taro negli ultimi 40 anni si sia spopolata almeno quanto l’appennino reggiano, Franzini continua imperterrito a prenderla ad esempio scrivendo che li “hanno fatto di tutto e di più”. Avanti così…
Andrea
Egr Sig. Andrea, mi spiace, ma non so come farle comprendere che in Val Taro non sono seduti su una miniera d’oro; in Val Taro non hanno la possibilità di realizzare un invaso che porterebbe una grande ricchezza, vada a Santa Sofia a parlare con il Sindaco del paese dove c’è la diga di Ridracoli; Le dirà testuali parole: la Diga di Ridracoli è la mia grande ricchezza: comunque in Val Taro hanno: Autostrada, Fondovalle, Ferrovia e due strade Statali. Tutte le Valli montane si stanno spopolando, lo capiscono tutti; sig. Andrea lo capisco anch’io che non mi considero una cima; ma la Valle dell’Enza è rimasta l’unica Valle in Emilia che avrebbe la possibilità di ripopolarsi e di svilupparsi; la Valle che darebbe acqua, energia e lavoro, oltre a creare un indotto turistico. Oggi sono le infrastrutture che portano lavoro, la strada Giardini da Modena a Pavullo, ha portato su questo paese di montagna una ventina di industrie che non sarebbero mai andate ad investire a Pavullo se non ci fosse stata la Giardini; oggi servono “Infrastrutture” e non “caramelle” date dalla politica a qualche paese amico.
Franzini Lino
Panglossista o no, come dice Bizzarri, io so di aver assistito per anni al progressivo “consumo del suolo”, soprattutto nelle zone di pianura ma non solo, e talora in maniera non proprio organica, senza che si siano alzate tantissime voci contrarie, come ci si poteva aspettare visto che il fenomeno è durato nel tempo, forse perché in fondo quell’uso del territorio andava bene alla stragrande maggioranza di noi, per l’una o altra ragione, nonostante la “sensibilità ambientale” oggi espressa da molti (o meglio, e a dire il vero, le “disapprovazioni” non sono mancate ma sono state da un lato voci isolate, o non insistenti, oppure dai toni abbastanza fievoli, tali cioè da non farsi sentire, e comunque tali da non fare “massa critica” secondo il modo di dire in uso).
Andando per aneddoti, non vorrei si replicasse in certo senso quella “storiella” – che potrebbe essere del tutto inventata, ma anche non inverosimile – secondo cui un tizio, per starsene in tranquillità e godere del bel paesaggio, si è costruito casa in zona isolata – con eventuale strada se il luogo ne era sprovvisto – semmai sopra una collina od altura per avere una veduta più panoramica, in mezzo a campagne o boschi rimasti fino a quel momento “intatti”, ossia allo stato naturale, salvo poi trovarsi a decantare e perorare la massima tutela dell’ambiente, teorizzando nel contempo che il consumo di territorio va rigidamente bloccato (forse si tratta di una storiella immaginaria, ma se vi fosse un po’ di vero qualche interrogativo verrebbe spontaneo)
P.B. 15.10.2020
P.B.