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I racconti dell’Elda 48 / Il Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso (Molise)

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Ve n’avevo accennato nei miei racconti del viaggio di nozze e ora che sto arrivando in vista del traguardo della mia lunga galoppata di circa tre anni di racconti, non posso finire senza mandare un pensiero ai miei cari amici molisani.

Proprio qualche giorno fa mi è arrivato un video bellissimo di questo amato paese, ringrazio chi me lo ha mandato e mi ha rinfrescato la memoria.

Come vi avevo promesso vi racconterò la storia del Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso.

Bibiana e Serafina non erano bambine, ma donne che si dedicavano ai lavori nei campi, la raccolta della legna e il pascolo degli armenti. Donne semplici, piccole di statura e di corporatura asciutta, due normalissime donne molisane che abitavano nella frazione di Guasto, umili veggenti che godevano di grande stima presso la gente.

Come ho detto umili veggenti, perché il 22 marzo 1888, mentre si trovavano in una campagna brulla denominata “Cesa tra Santi” sulle pendici del monte Patalecchia, ebbero la visione della Madonna Addolorata con ai suoi piedi il Figlio morto.

A loro sembrò una cosa così naturale che cominciarono a raccontarlo andando di casa in casa, se qualcuno diceva loro che si erano inventato tutto, non se la prendevano e dicevano:

“Poi vedrete che è tutto vero”.

Povere, umili, laboriose, oneste, silenziose, serene e contente, sconosciute prima, poco conosciute e anche umiliate durante le apparizioni, quasi dimenticate dopo. Sì perché di apparizioni ce ne sono state altre.

La gente cominciava a salire al luogo dove dicevano che era sgorgata una sorgente e il vescovo, credo che fosse di Campobasso, per mettere fine alla cosa si inerpicò su quel luogo, ma l’Addolorata apparve anche a lui e la notizia si sparse e arrivò fino a Bologna.

Carlo Acquaderni, uomo di santa vita, di nobile famiglia, aveva un figlio di nome Augusto allora dodicenne, molto ammalato di “tisi ossea”; a quei tempi si moriva di questo male.

Scusate se com’è mio solito esco dal seminato e divago un po’, ma anche don Battista aveva un fratellino che si chiamava Corrado che colpito da questo male moriva a soli dodici anni ed eravamo già nel 1946, non posso fare a meno di ricordarlo con l’affetto di allora, ho ancora la sua cartella di fibra e i suoi quaderni, conservati con amore dalla sua mamma, la zia Cleofe.

Bene torniamo al signor Acquaderni che partì col figlio morente per chiedere la grazia dove si parlava di queste apparizioni e la sua fede fu premiata: Augusto non solo guarì all’istante, ma vide coi suoi occhi la Madonna e il giorno successivo anche il padre ebbe questa apparizione.

Allora per ringraziare la Vergine decise di far costruire una chiesa, essendo bolognese affidò l’incarico all’architetto Francesco Gualanti assai famoso in quei tempi. Lui fu il primo poi i lavori proseguirono col figlio Giuseppe e finirono parecchi anni dopo col nipote Francesco che portò a termine la grande opera.

Si conserva ancora la cazzuola in argento che servì a mons. Palmieri Macarone Francesco per posare la prima pietra. Era il 29 settembre 1890, ed erano presenti più di trentamila persone. Quel lavoro poi terminò nel 1975, per ben quindici anni anch’io ho visto gli operai lavorarci. Naturalmente per costruire questo Santuario in tutti questi anni, ha collaborato tutta la popolazione del Molise, specialmente tutti quelli che erano emigrati nelle americhe dopo i due grandi conflitti, i loro dollari e la loro fede sono stati di grande aiuto. Poi negli anni cinquanta fu raccolto il rame necessario per costruire la cupola principale, andarono a bussare a tutte le porte dei molisani e tutti contribuirono donando un oggetto in rame. Ricordo nonna Ersilia che mi diceva:“Vedi quella cupola? Lassù c’è anche un mio pentolino”.

Lo stile del santuario è gotico–francese, la sua forma è ottagonale, contiene sette cappelle che ricordano i sette dolori della Vergine Maria e vi assicuro che è bellissimo. Hanno cercato di mantenere il posto un po’ isolato anche se poco distante è sorto l’albergo del pellegrino, poi vari hotel e ristoranti. Dietro poi da sempre esiste il collegio delle orfanelle, sorto per accogliere queste bambine. Dopo le guerre lì veniva loro data un’educazione adeguata, studiavano o imparavano un mestiere per rendersi indipendenti nella vita che le aspettava. Poi si sale per il viottolo della “Via Crucis” e si arriva dove c’è la cappella dell’apparizione che è stata tenuta isolata nel posto dove tutto ciò è avvenuto e lì trovi qualcosa di mistico che ti colpisce dritto al cuore.

Il 19 marzo 1995 fin dall’alba le campane avevano suonato a festa, annunciando il grande giorno, una giornata storica per Castelpetroso. Chi lo avrebbe mai detto che un papa sarebbe arrivato come pellegrino fin lì, la giornata non prometteva bene, a marzo si sa che lassù la primavera è ancora lontana, le nuvole cariche di pioggia, si attardarono un po’ poi lasciarono lo spazio ai raggi del sole e apparve l’elicottero “bianco” che portava il Santo Padre “Giovanni Paolo 2°” e dall’innumerevole folla si alzò un grido alto unico: “Il Papa! Il Papa!”.

La grande montagna, “chiamata Patalecchia”, si sgomentò! Non aveva mai visto una moltitudine così ai suoi piedi, allora con orgoglio si drizzò ancora più alta e maestosa, tanto che il Santo Padre appena sceso dall’elicottero esclamò meravigliato: “Ma che bella montagna”.

Elda Zannini.

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