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Davide Sorbi – poeta a tutto tondo

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Forse Matilde martedì sera si è distratta un attimo dai propri compiti in paradiso per dare un'occhiatina giù, alla spianata della Pieve di Toano. C'era qualcosa di insolito. Poi, resasi conto che sul tappeto verde del prato scorrevano come gemme le rime di Davide e le note delicate di Morena Vellani, s'è affrettata a fermare il temporale oltre Valestra, siglando il tutto con un magnifico arcobaleno.

Con gli spettatori seduti sul prato che circonda la Pieve, per un attimo, ho immaginato un gruppo di antichi pellegrini in sosta, in ascolto di tre personaggi che ad ogni intervento suscitavano contentezza e giovialità. Per Davide penso sia stata la prima occasione di presentarsi ad un pubblico eterogeneo così interessato ed attento. E, come ha fatto notare la conduttrice dell'incontro, Silvia Razzoli, c'erano anche dei ragazzini, una dozzina, intorno ai dieci anni. Anche loro sono rimasti in ascolto fino alla fine dell'incontro.

Remo Secchi, introducendo il libro, ci presenta un personaggio fuori dal normale: un poeta che coglie e srotola le immagini come oggetti quotidiani, ma con la maestria dell'artigiano fatto; un uomo che medita sulle sventure dei propri simili scoprendovi valori che all'osservatore normale sfuggono; un ironico raccontatore di sé, delle proprie avventure o disavventure, viste sempre con l'occhio critico di chi cerca il meglio, il lato buono in ogni evento. E paragona la poesia di Davide ad un torrente montano che deve per forza scorrere.

Silvia Razzoli ha spremuto il poeta, tra l'ironico e l'ammirato, evidenziando quegli aspetti che di solito sfuggono sulla personalità insolita del poeta, sul materiale fonte di ispirazione, sulle occasioni di scrivere versi e sulle situazioni più strane che vedono Davide, ad esempio, rifugiarsi nel baule del pullman mentre i turisti osservano il panorama, per trascrivere con immediatezza le rime che gli sgorgano prepotenti.

Davide Sorbi è fatto così. E, per nostra fortuna, non lo si può cambiare. Quando gli arriva l'ispirazione deve scrivere. Di getto. Come il ruscello citato da Remo, non può fermarsi. Il libro si intitola ERTE CIME, e nei testi il poeta parla spesso del desiderio di salire lassù, sul Cusna, sul Prampa. A piedi, con gli sci o con la slitta non importa. Che poi quelle cime si trasformino in simbolo o metafore dell'esistenza diventa un fatto personale dell'autore e del lettore.

Lino Paini sottolinea che “i versi di Davide sono antichi e misteriosi”. Per evidenziare una prerogativa positiva, perché Davide usa metrica e parole collaudate (antichi), che fanno parte del patrimonio italiano, ma ormai abbandonate da molti. Che, tuttavia, sono sempre valide, tanto vere e precise che diventano lettere di fuoco incise sulla pietra. Misteriosi perché hanno il potere di immergerci in situazioni che, di solito, sfuggono ai più. Per me sono versi attuali realizzati con parole di tutti i tempi, parole che ci sembrano desuete, ma che presentano le immagini a tutto tondo, e sgorgano, ritmiche e nuove, come puledre selvatiche.