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Ricordati a Vetto i caduti di fine guerra per odio con la benedizione delle croci

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Si  è tenuta sabato mattina 20 giugno, nonostante le restrizioni per il coronavirus e con l’autorizzazione dell’ Amministrazione Comunale di Vetto, l’annuale benedizione delle croci di Volpara e Montepiano e la commemorazione dei caduti per ricordare il dott.Pietro Azzolini, Luigi Azzolini, Bernardo Genitoni, Franco e Roberto Rinaldi, il maresciallo Ostilio Ferrari, Alfonso Dazzi, la Famiglia Filippi  del Borcale di Ramiseto, con organizzazione a cura dell’Associazione Culturale Pietro e Marianna Azzolini e con la presenza di Luca Tadolini del Centro Studi Italia.

Per la prima volta ha partecipato l’ Associazione Nazionale Volontari di Guerra (A.N.V.G.) - Federazione di Reggio Emilia  - con il suo Presidente Xiaote Cai, rappresentanze e labari. Quest’ultima, costituita a Roma nell’aprile del 1919 e ricostituita a Reggio Emilia nel gennaio 2020, è Associazione riconosciuta dal Ministero della Difesa  il cui scopo è la tutela del ricordo e della memoria di tutti gli italiani che si sono offerti per combattere in situazioni di esigenza nazionale nonché la ricerca storica su figure significative. Ebbe come Presidente onorario Gabriele D’Annunzio.

E’ stato, per essa, come ha sottolineato il vicepresidente Alessandro Casolari, un punto di onore poter ricordare il capitano Azzolini Pietro che, partito per il fronte russo in qualità di capo Manipolo Medico della 79° Legione Camicie Nere Tagliamento e ivi decorato, successivamente Ufficiale medico della GNR di Reggio, non manifestò  la minima esitazione (pur in codesto ruolo) a rendersi disponibile quando gli venne comunicato che alcuni partigiani, gravemente feriti, necessitavano del suo aiuto. Accettò di partire verso  quella che si rivelò una trappola mortale orchestrata  da personaggi senza scrupoli e morale. “Egli è’ stato fulgido esempio dello spirito degli italiani che, pur consapevoli del rischio a cui si esponevano volontariamente, si misero al servizio dei loro connazionali”.

Luca Tadolini ha sottolineato come risalgano solo alla fine del 1943 e fino alla primavera del 1945 le uccisioni e le stragi nel nostro territorio, che coincidono con la comparsa di formazioni armate partigiane staliniste, le quali ricevettero sostegno anche dai servizi speciali USA. Violenze che non si erano manifestate nelle precedenti stagioni storiche italiane, anche quando si era impegnati in altre guerre. Furono dunque una novità assoluta in  una guerra sporca in cui vennero uccise persone per bene attraverso una vera e propria tecnica del terrore e della conquista, che consisteva nello suscitare paura tra la gente per affermare così nei territori l’egemonia comunista.

Venivano colpite persone di spicco come il medico del paese, Pietro Azzolini, il maresciallo della Forestale Ostilio Ferrari, prelevato ed ucciso nella stessa notte del 22 giugno 1944, a Costaborga di Vetto.Drammi di famiglie e di territori, ben impressi nella memoria collettiva per la loro crudezza ed atrocità. L’annuale momento ha lo scopo di sensibilizzare le menti, suscitare profonde valutazioni in relazione agli efferati crimini del periodo bellico dal 1944 ed oltre, e onorare le vittime, dando voce e memoria a chi non l’ha mai avuta. La croce è simbolo del loro calvario, di quello delle famiglie ed idealmente ricorda tutti i caduti. Sono state infatti elevate preghiere per i morti di tutte le guerre.

L’Associazione Pietro e Marianna Azzolini, visto il legame che ha recentemente instaurato con il Comitato familiari vittime Giuliane, Istriane, Dalmate e Fiumane, ha deciso di unire sotto il tricolore e la croce, simboli della nostra identità, i caduti di Vetto ai loro caduti. E’ stato infatti ricordato Manfredi Zmarich, un giovane di trent’anni di Laurana (comune croato) che verso l’aprile 1945, venne catturato dai partigiani titini: gli fu chiesto di andare con loro rinunciando al suo essere italiano. Di fronte al netto e deciso rifiuto, fu imprigionato, torturato ed infoibato. La famiglia Zmarich, come tante nostre famiglie non conosce il luogo dove riposano i suoi resti mortali .”La morte non ha colore, come neppure la pietà umana” ha affermato Laurenzia Azzolini, nipote di Pietro.

Lo scopo della annuale celebrazione è anche quello  di gettare le basi per un’autentica riconciliazione, fondata sulla Verità, la Libertà e la Memoria anche se, si è detto, non c’è ancora reciprocità nel messaggio di pace che si è con forza sostenuto. Significativa poi la storia, raccontata da una nipote, di Alfonso Dazzi che, essendo classe 1899, ha combattuto in due guerre. Nella prima guerra mondiale, chiamato alle armi non ancora diciottenne, tornò come sergente decorato con una medaglia in quanto si distinse sul Piave; nella seconda fu Capitano degli alpini e anche qui si distinse con onore sul campo di battaglia. Originario di Cereggio di Ramiseto, fece qualche anno di studio in seminario a Marola.Uscito dallo stesso per mancanza di vocazione, si diplomò geometra e lavorò come tecnico nel comune di Ramiseto.Il 29 giugno, festa di San Pietro e Paolo, fu prelevato alle 5 del mattino a Ligonchio dalla casa degli suoceri, ove si trovava con la moglie e i due bambini di 6 e 9 anni. I partigiani gli intimarono di non fare resistenza e di non scappare  altrimenti avrebbero sterminato la sua famiglia. Gli legarono i polsi col fil di ferro dietro la schiena e da lì iniziò la sua via crucis che si concluse in territorio di Valbona, all’imbocco della mulattiera che porta al Cerreto, dove prossimamente, a Dio piacendo e per volontà dei parenti, sarà posta un’altra croce. Il corpo venne ritrovato dopo tre mesi, come successe a Ostilio  Ferrari e a Pietro Azzolini, per bontà di qualcuno. La salma ora riposa a Cereggio, nella tomba di famiglia.

Ricordata anche la famiglia Filippi di Gazzolo: Maria Costi, Ludovico e i due figli Marino e Pietro. Erano contadini. Marino, pur avendo una bella intelligenza, aveva turbe mentali e venne ricoverato al San Lazzaro dove la retta mensile era però costosa. Per questo motivo Pietro si arruolò nella milizia. I genitori vennero allora prelevati in un campo mentre stavano mietendo ed uccisi. Nell’agosto 44 il figlio tornò a casa per cercarli, venne prelevato ed ucciso a Cereggio.Da quel momento si persero le tracce anche di Marino. Pure la loro povera abitazione scomparve e non rimase memoria alcuna nè un cumulo di pietre. Anche per essi sarà posata una croce a ricordo. Il sacerdote intervenuto per la benedizione, don Giancarlo Denti,  nella festa del Cuore Immacolato di Maria, ha sottolineato quanto sia necessario che non vengano mai a mancare il ricordo,  gli insegnamenti e la memoria viva dei fatti occorsi. “La memoria vive nel confronto, nel dialogo e ha bisogno di vergogna. La memoria è soltanto un lusso se incapace di vergogna, vergogna per ciò che è stato e per ciò che ancora potrebbe essere”  è stato detto, citazione dallo spettacolo “Alfabeto della memoria “- Museo Cervi. La storia va scritta anche partendo da fatti di cronaca, dai vissuti delle persone e delle famiglie che dobbiamo conoscere attraverso un modo attento di sentire, di agire, un modo d’essere di uomini e donne che riconoscono  le proprie responsabilità e vivono gli avversari come tali e non come nemici … ma le porte che ancora oggi si vogliono mantenere socchiuse non sono garanzia di Libertà, di Verità, di Memoria condivisa.

Maria Alberta Ferrari

3 COMMENTS

  1. Cerimonia toccante, che ogni anno fa memoria delle malefatte compiute, in quei terribili anni, ai danni di persone per così dire ” non allineate” e quindi, ben presto dimenticate dal ” sistema”.
    Anche perché, per mezzo secolo, è passato il messaggio che i partigiani erano tutti casti e puri, un po’ come Robin Hodd che rubava ai ricchi per dare ai poveri.

    Ivano Pioppi

    • Firma - Ivano Pioppi
  2. Io non so se si arriverà mai ad “un’autentica riconciliazione”, come viene auspicato in queste righe, ossia ad una memoria condivisa, ma è già importante che non vi sia una memoria a senso unico, e che vengano alla luce fatti che sembravano destinati all’oblio, e dei quali poco o nulla si sapeva, come erano per me i casi di Alfonso Dazzi e della famiglia Filippi di Gazzolo.

    P.B. 26.06.2020

    P.B.

    • Firma - P.B.