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Commemorazione 76° eccidio della Bettola: la testimonianza di Liliana del Monte, unica sopravvissuta

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In seguito alla commemorazione del 76° eccidio della Bettola, il presidente del Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani, Romano Pesavento, ricorda così le 32 vittime uccise dalla polizia militare tedesca: la testimonianza di Liliana del Monte, unica sopravvissuta allo sterminio della sua famiglia.

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Sono passati settantasei anni dall’Eccidio della Bettola nell'Appennino reggiano, avvenuto il 24 giugno verso l’una da parte di un’unità di occupazione Feldgendarmerie, la polizia militare della Wehrmacht.

Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani vuole commemorare le 32 vittime civili sterminate senza alcuna pietà, tra cui un bambino di appena 15 mesi: Piero Varini.

Oggi a sentire la testimonianza di Liliana del Monte, unica sopravvissuta, che definisce quei “fatti tremendi” si rimane attoniti di fronte all’abisso di malvagità cui può giungere l’uomo con gratuita naturalezza, in nome del senso del dovere, perché si è soldati e si è in guerra.

Eppure certe volte si ha l’impressione che la bestialità sia la causa e non l’effetto dei conflitti. Gli uomini peggiori hanno il pretesto per scatenare gli istinti più bassi, protetti dall’impunità. E la massa, il numero, protegge e assolve. Le dinamiche del branco scatenano la ferocia più brutale, la pietà viene derisa, la coscienza silenziata.

Liliana del Monte racconta che, sebbene ferita, è sopravvissuta per miracolo allo sterminio della sua famiglia.
Venne “salvata” sanguinante e dolorante proprio da un soldato tedesco, il quale colto da un momento di umanità la tolse dal cespuglio in cui si era nascosta e la collocò con delicatezza in una zona visibile perché potesse essere soccorsa.

Quel soldato tedesco, forse, era uno degli stessi uomini che si erano sporcati le mani di sangue innocente poco prima. Forse in compagnia dei suoi commilitoni non sarebbe andata così. Quando si è in gruppo, infatti, si tende a riprodurre modalità comportamentali che molto spesso assumono connotazioni tipiche della squadriglia: derisione, prevaricazione fisico/mentale, mancanza di empatia, sadismo nei confronti della vittima designata.

La scuola ha il compito di educare i giovani ai valori di cittadinanza attiva e di fratellanza universale, in modo da incentivare un comportamento solidale e umano. Crediamo fermamente che ricordando i momenti più cruciali e drammatici che hanno contraddistinto il nostro Paese si possa stabilire un ponte tra passato e presente sorretto dalla testimonianza, dal ricordo, come simboli - valori della speranza.

Prof. Romano Pesavento, presidente della Cnddu